Barbara D’Astolto: «La considero non una vittoria mia, ma una vittoria per le leggi bene applicate e per la giustizia». Aveva accusato il sindacalista 47enne Raffaele Meola di averla palpeggiata durante un colloquio. L’assoluzione aveva creato polemiche
Processo da rifare. La Corte di cassazione ha deciso l’annullamento della sentenza di secondo grado di assoluzione dell’ex sindacalista 47enne, Raffaele Meola, imputato per violenza sessuale perché nel 2018 ha palpeggiato una hostess di 49 anni durante un incontro su questioni lavorative negli uffici Cisl all’aeroporto Malpensa. Si riparte, quindi, da un nuovo processo, in una diversa sezione della Corte di appello di Milano.
«Vince la giustizia»
«La considero come una vittoria non mia, ma della giustizia e delle leggi italiane, che quando vengono ben applicate fanno sì che vinca la giustizia, mentre quando vengono applicate in maniera maldestra e superficiale, possono provocare gravi danni. È questo il commento a caldo di Barbara D’Astolto, che nel frattempo ha cambiato lavoro e oggi fa l’insegnante. E poco dopo aggiunge: «Se la Cassazione avesse confermato che lui era autorizzato a mettermi le mani addosso e che l’onere di dire di no spettava me, sarebbe stato un grosso problema per le donne italiane, perché sembra che all’aggressore vengano sempre riconosciute attenuanti: una volta perché l’abuso sessuale è durato troppo poco, una volta perché la vittima non ha reagito entro 20 secondi, una volta perché la vittima “che cosa era andata a fare là?”, una volta perché lui è il marito, oppure perché è depresso… E alle vittime dell’aggressione resta solo l’onere della prova?».
Trenta secondi
Davanti alla terza sezione della Corte di Cassazione, anche l’avvocata di parte civile Maria Teresa Manente, ha chiesto il rinvio a un nuovo processo d’appello, mentre l’avvocato Ivano Chiesa, che difende il sindacalista, ha chiesto la conferma dell’assoluzione. Per i giudici della prima sezione della Corte di appello milanese, infatti, dal processo era emerso che «l’imputato non abbia adoperato alcuna forma di violenza – ancorché si sia trattato, effettivamente di toccamenti repentini – tale da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi». E ancora che non possono avere «rilevanza penale» quegli atti sessuali come «toccamenti e baci» che la parte civile ha detto essersi «protratti per un tempo di circa trenta secondi», durante il quale «aveva continuato a sfogliare e leggere i documenti». Inoltre, «la qualifica e il ruolo» di sindacalista «rivestito dall’imputato non comportavano, in concreto, alcuna supremazia».
Presidio davanti alla Cassazione
Davanti alla Cassazione, per tutto il giorno c’è stato un presidio contro «una motivazione che ci appare inaccettabile», come spiega Maura Cossutta, presidente della Casa internazionale delle donne. «I giudici hanno contato i secondi in cui la molestia è stata perpetrata, giudicandoli sufficienti perché la donna si potesse sottrarre – aggiunge -. Diciamo basta a una cultura che si fa complice di ogni forma di violenza e tra queste la molestia che è la più muta e tollerata. Ancora una volta è necessario ribadire che le donne vanno credute e che si finisca con la logica che finisce per mettere i loro comportamenti sotto i riflettori».
E una volta uscita dal palazzo, Barbara D’Astolto ricorda le parole di una collega norvegese, Trude Mathieson, che per prima segnalò direttamente alla Cisl le avance dello stesso sindacalista durante una riunione di lavoro a Bruxelles: «Dopo che le avevo detto che era stato assolto anche in secondo grado mi disse: “Mi dispiace tanto per voi donne italiane, la situazione per voi non deve essere facile”. Ecco, credo che questo sia uno spunto di riflessione per far capire un attimino quanto siamo arretrati in questo Paese in fatto di violenze e dal punto di vista del lavoro femminile».
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