Il pubblico disgregato: così il digitale “frammenta” i media

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Nella riflessione che, nel tempo, ha accompagnato l’innovazione tecnologica è prevalsa la cosiddetta lettura tecno-ottimistica: internet, e le ICT (Information and Communication Technology) più in generale, avrebbero aperto la strada verso un futuro luminoso. Gli utenti, come mai prima, avrebbero potuto avere accesso a un grande flusso di informazioni, con più trasparenza e più controllo sui detentori del potere, in ogni suo ambito.

Le nuove tecnologie avrebbero generato il cosiddetto digital citizen informato[1]. I cittadini stessi sarebbero diventare fornitori di informazione e di conoscenza, favorendo quello che oggi si definisce appunto citizens journalism. In questo senso si sono sottovalutati i rischi, i problemi che i new media avrebbero potuto creare: la censura dei regimi autoritari applicata all’utilizzo di internet o la manipolazione delle informazioni presenti in Rete, come ha messo in evidenza Evgeni Morozov nel suo libro[2].

Un vulnus che ha visto poi la sua concretizzazione in un problema reale di controllo e verifica delle fonti: non si riesce a essere sicuri di quali informazioni siano vere e quali no. Internet e le nuove tecnologie dell’informazione possono avere conseguenze ancora più dirompenti, non necessariamente negative, ma tali da influenzare in maniera pesante la struttura dell’intero sistema comunicativo, e secondo una logica inferenziale, di quello sociale.

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La frammentazione del mercato della comunicazione

Un termine, infatti, definisce bene il mutamento in atto: frammentazione. Lo sviluppo tecnologico ha determinato un mercato della comunicazione estremamente denso di attori. Insomma, negli ultimi anni è cresciuto notevolmente il numero delle fonti e quindi dei messaggi veicolati. Si è verificato un processo di frammentazione delle prime, del mercato e quindi dell’audience.

Questo fenomeno è riscontrabile sia nel campo della comunicazione tout court, secondo cui il pubblico dei potenziali consumatori si è diviso tra i diversi mezzi della comunicazione, sia da un punto di vista endogeno, sia all’interno di ciascun mezzo. La selezione avvenuta nel campo più generale della comunicazione è evidenziata dall’emorragia di pubblico della televisione generalista verso nuove forme di fruizione multitiming e multiplacing legate al web (all’interno del sistema televisivo si osserva che, almeno per l’Italia, perde pubblico la televisione analogica, ma lo guadagna quella digitale e satellitare): se perdono consumatori i cosiddetti media tradizionali li guadagna invece tutto il campo dei nuovi media[3].

Esempi di segmentazione nei media

È poi intervenuta un’ulteriore frammentazione, dal momento che è cresciuto enormemente il numero delle possibili fonti di comunicazione anche all’interno dei singoli ambiti mediali: in questo caso, la competizione tra mezzi omologhi ha imposto quella che in marketing si chiama segmentazione del mercato. Ogni singola fonte ha cercato di indirizzarsi a una propria, specifica fetta di pubblico. Nel campo dei mass media tale segmentazione obbedisce a variabili demografiche o di genere, di contenuto e, se si resta nel campo degli old media, sulla base di variabili geografiche come si può notare nelle televisioni e nei giornali locali, emanazioni di dinamiche glocalizzanti[4].

L’esempio di Fox News

Negli Stati Uniti è esemplificativo il caso della Fox, una rete all news che ha trovato una propria collocazione, rappresentativa e di mercato, sul versante dell’opinione pubblica conservatrice. Sulla spinta nazionalistica e anti-islamica seguita all’attentato alle Torri Gemelle, a cui, qualche anno, dopo ha fatto seguito la forte rivolta conservatrice alla riforma sanitaria voluta da Barack Obama, Fox News ha progressivamente scelto una propria posizione, indirizzandosi verso quelle audiences che maggiormente apparivano portatrici di questi sentimenti. In questo modo ha potuto contrastare il primato egemonico del più consolidato canale all news della Cnn, e quindi affermarsi anche in relazione agli altri competitors.

La segmentazione politico-ideologica del mercato dei mass media in Italia

Il mercato dei mass media in Italia è stato da sempre caratterizzato da una vigorosa segmentazione politico-ideologica: essa ha riguardato in primo luogo la circolazione elitaria dei giornali, legata anche a un analfabetismo imperante, e quindi una simile, anche se per alcuni tratti più mitigata, segmentazione televisiva[5].

La commercializzazione degli anni Ottanta non ha cancellato questa specifica caratterizzazione anzi l’ha unita ad un’ostentata faziosità, costruita su un forte sensazionalismo mediatico generato dai differenti colori politici, come si evince, per esempio, nei titoli cosiddetti ‘strillati’, nei contenuti spettacolarizzati, uniti ad altrettanto marcate scelte di campo, agenti contestualizzanti di ogni narrazione.

Il ruolo delle comunità virtuali

La frammentazione ha caratterizzato anche la blogosfera[6]: tra le innovazioni principali che la Rete catalizza vi è, infatti, l’idea di comunità virtuale, ossia un gruppo di persone accomunate da un medesimo interesse, da una stessa moda, da una comune appartenenza ideologica e politica, dall’amore per la stessa squadra. Utenti che interagiscono in rete creando un terreno condiviso di scambi e di visioni comuni che stimolano un senso di appartenenza più o meno profondo, il cui grado d’intensità varia a seconda delle contingenze strutturali e sociali.

Queste persone mai, o solo raramente, si incontrano fisicamente, eppure instaurano legami, appunto virtuali, che per questo, però, si palesano come estemporanei, effimeri rispetto a quelli che presuppongono una compresenza fisica, ma comunque importanti.

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Dalla comunità virtuale alla società delle reti

ll primo a parlare di comunità virtuale è stato Howard Rheingold, quando descrive lo sviluppo di ‘the Well’ (Whole Earth ‘Lectronic Link): una comunità nata da un’iniziativa di cittadini di San Francisco[7] poi allargata, grazie al web, a una dimensione planetaria, all’interno della quale si realizzano interazioni che definiscono, pur senza possibilità, se non in potenza, di incontro reale, una comunità di appartenenti. Il concetto è stato poi ripreso da Manuel Castells[8], che ha concepito l’idea di una società delle reti in cui si verifica un processo di parcellizzazione planetaria con la costituzione di tante reti virtuali di comunicazione interconnesse, always networked.

La ricerca della conferma è il legame simbolico dominante all’interno della comunità virtuale. In questo senso, nella blogosfera prevalgono siti che implementano una socializzazione autodiretta ma partecipativa, caratterizzata da una comune appartenenza, che mostra caratteri accentuati di condivisione, ma anche di frammentazione, costruita a partire da variabili ideologico-politiche come riconoscimento e distinzione da altre comunità che ripetono le medesime dinamiche esogene ed endogene.

Conseguenze della frammentazione sulla società

La frammentazione, inoltre, rappresenta il corollario indispensabile della commercializzazione della comunicazione in cui è messa a rischio la sopravvivenza degli scenari pubblici che consentivano il confronto tra opinioni contrastanti, riuscendo, però, a trovare una composizione attraverso un complesso processo di negoziazione. Oggi, invece, le condizioni sembrano abbandonare questa prospettiva e il processo di frammentazione può causare l’assenza, o quanto meno la debolezza, di uno spazio simbolico condiviso nel quale incontrarsi, scambiarsi punti di vista e, possibilmente, raggiungere un compromesso. L’agorà digitale svilisce il confronto a favore di un’estrema polarizzazione delle opinioni che genera conflitto[9] e nega, di fatto, la costruzione di un luogo comune dove potersi confrontare, mediare, accordarsi.

Uno dei principali studiosi della comunicazione di massa, Elihu Katz[10], poneva la sua attenzione proprio sui problemi che potevano insorgere con la segmentazione dell’audience seguita alla commercializzazione sopracitata, che aveva ampliato enormemente il numero delle fonti. Veniva a mancare secondo Katz, quel luogo ideale di incontro rappresentato dal pubblico di massa, anche nella sua connotazione familiare esplicitata dai cultural studies, pur con tutti i suoi limiti.

In assenza di questo luogo si determina invece una tendenza al rafforzamento delle opinioni già esistenti, rischiando così di rafforzare, secondo dinamiche meccanicistiche di causa-effetto, la polarizzazione della vita sociale e politica.

Dalla comunicazione di massa al narrowcasting

Tale percorso implica infatti il progressivo passaggio dalla comunicazione di massa a forme di comunicazione segmentata, parcellizzata. Si è passati progressivamente dal broadcasting al narrowcasting[11], dalla comunicazione a un pubblico generalizzato a quella verso un’audience di nicchia, dalla televisione generalista alla televisione tematizzata[12].

In futuro continueranno ad esistere fonti generaliste di informazione, soprattutto nel campo televisivo, indirizzate a un pubblico di massa, con contenuti e prodotti di facile accesso e privi di una specifiche connotazioni ideologiche. Accanto però sta già deflagrando un processo inarrestabile di frammentazione, che già è sostanzioso, con la creazione e proliferazione di fonti di informazione indirizzate a pubblici precisi e quindi di contenuti, se non elitari, certamente indirizzati a audience che già condividono opinioni, conoscenze, sentimenti, percezioni.

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Frammentazione e pluralismo delle idee

Ma ovviamente c’è anche un dato positivo: la frammentazione implica il pluralismo delle idee, come sua diretta derivazione.

In conclusione, le tendenze emergenti nella struttura del sistema della comunicazione in una situazione di abbondanza delle fonti sono le seguenti:

  • C’è un processo di globalizzazione che si basa sia sulla circolazione dei medesimi contenuti, in un’ottica transmediale crossmediale, sia sulla diffusione di concentrazioni proprietarie e quindi anche di strutture, assetti e procedure organizzative condivise.
  • Nello stesso tempo, l’abbondanza delle fonti di informazione favorisce un processo di frammentazione dell’offerta e, in conseguenza, del pubblico, che incremena la polarizzazione socioculturale, creando nel frattempo il cosiddetto digital divide tra un pubblico di massa, esposto a contenuti di facile consumo, e un pubblico di nicchia, interessato invece a messaggi più selezionati[13].
  • La terza tendenza attiene alla disintermediazione: gli utenti possono accedere direttamente alle fonti di informazione, neutralizzando il lavoro dei tradizionali opinion leaders, attualizzando un processo comunicativo immediato[14].

Differenze globali nell’accesso alle tecnologie

Ma questo avviene ovunque? Ovviamente no: ci sono differenze, a volte marcate, tra mondo libero e regimi autoritari, che ancora riescono a controllare e vincolare lo sviluppo delle nuove tecnologie: paesi dove internet ha significato e realizza una distribuzione sempre più capillare dell’informazione e paesi dove invece l’accesso alle nuove tecnologie è ancora limitato se non addirittura proibito.

Insomma, siamo davanti ad un quadro generale caratterizzato da due volti: uno ottimismitico e uno pessimismstico. Il primo si è manifestato, tra i molti esempi che lo attestano, nelle trasformazioni politiche intervenute all’inizio del 2011 in alcuni paesi dell’area del Mediterraneo, la primavera araba, hanno dimostrato le grandi potenzialità emancipatrici legate alle nuove tecnologie e non a caso si è spesso parlato della rivoluzione di Facebook, proprio per evidenziare il ruolo svolto dai social network come strumento di mobilitazione, aggregazione e partecipazione politica.

Il secondo nell’aumento delle differenze tra paesi poveri e paesi ricchi: il digital divide diventa così un ulteriore strumento di separazione, distinzione e subordinazione, contraddicendo quella tendenza alla globalizzazione cosmopolita di cui le nuove tecnologie si fanno fiere, ma a volte non concrete, portatrici.

Bibliografia

  • Biancalana C. (a cura di), Disintermediazione e nuove forme di mediazione. Verso una democrazia post-rappresentativa? Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2018
  • Castells M., Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2013.
  • De Biase L., Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre, Feltrinelli, Milano 2007
  • Di Felice M., Digital citizenship. The crisis of the Western idea of democracy and the participation on digital networks, Mimesis International, Milano 2022.
  • Esposito L., Il Digital divide, Una trasformazione necessaria per il Paese, Morlacchi editore, Perugia 2023.
  • Katz E., illuminante And Deliver Us from Segmentation, The ANNALS of the American Academy of Political and Social Science, 1996.
  • Livolsi M., Sociologia della comunicazione, Laterza, Bari 2002.
  • Morozov E., L’ ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Codice, Torino 2019.
  • Rheingold H., Comunità virtuali. Parlare, incontrarsi, vivere nel ciberspazio, Bruno Osimo, Milano 2018.
  • Van Dijk J., The digital divide, Hoepli, Milano 2019.

[1] Di Felice M., Digital citizenship. The crisis of the Western idea of democracy and the participation on digital networks, Mimesis International, Milano 2022.

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[2] Morozov E., L’ ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Codice, Torino 2019.

[3] Morozov E., Op. Cit.

[4] Livolsi M., Sociologia della comunicazione, Laterza, Bari 2002.

[5] Piazzoni I., Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv, Carocci, Roma 2014

[6] Il termine Blogosfera fa riferimento all’insieme dei blog disponibili in Rete e alle interconnessioni che esistono tra di loro. Per questa ragione, in senso lato, è utilizzato talvolta anche per indicare quegli utenti che quotidianamente creano e condividono contenuti sul web.

[7] Rheingold H., Comunità virtuali. Parlare, incontrarsi, vivere nel ciberspazio, Bruno Osimo, Milano 2018.

[8] Castells M., Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2013.

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[9] Morozov E., op. cit.

[10] Katz E., illuminante And Deliver Us from Segmentation, The ANNALS of the American Academy of Political and Social Science, 1996.

[11] Il narrowcasting, letteralmente “trasmissione ristretta”, è il modello di comunicazione di internet, basato su un meccanismo di divulgazione e fruizione frammentata dei contenuti. A differenza del broadcasting, in cui le notizie vengono divulgate senza alcuna differenziazione in base alla tipologia di utenti alla quale si rivolgono, il narrowcasting è dunque una diffusione mirata di informazioni e contenuti, trasmessa ad un pubblico mirato.

[12] Piazzoni I., op. cit.

[13] Van Dijk J., The digital divide, Hoepli, Milano 2019.

[14]Paccagnella S., Sociologia della comunicazione nell’era digitale, Il Mulino, Bologna 2020.



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