Trent’anni fa il mainstream era la fine della storia, il trionfo del modello occidentale, versione pop degli importanti studi di Francis Fukuyama. Oggi è l’Armageddon, il biblico scontro tra il bene e il male in chiave science fiction. All’ottimismo della libertà planetaria si sostituisce il pessimismo dei droni che ci ronzano sopra casa. E sembrano tutti d’accordo, dal País al Wall Street Journal, dalla Repubblica al Financial Times, dal Guardian al Figaro. Il mondo rotola a destra, i partiti reazionari dilagano in Europa, la democrazia liberale vacilla perfino nella patria di Jefferson.
Perché nessuno si chiede perché?
Certo, sarebbe arduo negare che siano tempi difficili per le sinistre e i progressisti. Eppure c’è qualcosa che manca, nella narrazione corrente. Manca una domanda cruciale, sebbene in odore di populismo. Perché? Perché a Washington regna il Dottor Stranamore? Perché in Francia la “diga repubblicana” minaccia di cedere all’onda dei lepenisti? Perché i conservatori tedeschi cominciano a mettere nel conto i voti di Alice Weidel? Dopotutto parliamo di democrazie liberali, di sistemi politici protetti dai beneamati checks and balances, legittimati da un mandato degli elettori. Dopotutto, prima di finire nel ventre molle dell’allarmismo, bisognerebbe chiedersi se davvero ottanta milioni di americani siano diventati suprematisti, razzisti, violenti. Se davvero in Germania si stiano moltiplicando le croci uncinate e in Francia i nostalgici di Vichy. Meglio, bisognerebbe chiedersi perché mai le opinioni pubbliche occidentali mostrino così spesso un’evidente insofferenza nei confronti della politica.
I campioni dell’antipolitica
Forse per motivi strutturali, si potrebbe rispondere, forse perché la politica non ha saputo governare la globalizzazione, ha sottovalutato le implicazioni della transizione energetica e del fenomeno migratorio, né ha avuto il coraggio di liberare dalle incrostazioni corporative gli animal spirits. E forse, non di meno, per motivi culturali, perché trascorrere dalla “white society” al mondo multietnico non è una passeggiata. Perché non basta più, davanti a trasformazioni vissute con sofferenza, imporre la pedagogia del politicamente corretto, l’abbecedario di cosa si può essere e cosa no, quali siano i valori e i disvalori.
Il seguito di Trump e Musk
Fatto sta che la retorica dell’Armageddon non funziona. Si rivela controproducente. Finisce per premiare proprio coloro che vengono stigmatizzati come i campioni dell’antipolitica e cioè coloro che sono capaci di entrare in sintonia con chi si percepisce sconfitto dalla storia o escluso dalle élite. Finisce ironicamente per regalare loro ulteriore consenso. Demonizzarli – e disprezzare chi li vota – non è una grande idea. Meglio sarebbe prestare attenzione alla complessità dei Demoni, dei loro messaggi, della loro ideologia. Meglio sarebbe chiedersi perché abbia tanto seguito, Oltreoceano, il crudele piglio antimigratorio di Trump, il violento rigetto del vangelo woke o, sul piano geopolitico, il ritorno alla logica di Yalta. Meglio sarebbe chiedersi se Musk, nella percezione della gente, sia soltanto il plutocrate dei plutocrati e non anche l’uomo dei settemila satelliti, il visionario della colonizzazione di Marte, il simbolo del Terzo Millennio. Dopotutto, Reagan o Thatcher furono irrisi come il cowboy e la massaia. E dipinti come pericolosi reazionari. Poi s’è visto che non era così.
Italia, stesso mainstream catastrofista
Quanto all’Italia, non sembra fare eccezione. Stesso mainstream catastrofista. Stessa domanda imbarazzante. Chi ha portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi? Dodici milioni di nostalgici? Nel nostro paese, in realtà, c’è un governo fortemente conservatore che intende promuovere politiche difformi, rispetto alla tradizione repubblicana, in materia di famiglia, scuola, sicurezza, migrazioni, ecc. Per l’Italia, semmai, andrebbe aggiunto un altro dettaglio (si fa per dire). Qui di checks and balances ce n’è fin troppi, se è vero che l’esecutivo deve confrontarsi con una magistratura che spesso interferisce con la decisione politica. Come non accade in nessun altro paese occidentale. E qui perciò, più che lo spauracchio del fascismo, è una fragile divisione dei poteri che dovrebbe preoccupare. Magari raccogliendo la battaglia in difesa dello Stato di diritto che fu per decenni, in perfetta solitudine, di Marco Pannella. Ma non sembra questa la strada scelta dall’opposizione. Meglio rifugiarsi nell’allarmismo.
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