La tregua tra Israele e Hamas è a rischio mentre Trump tira dritto sul folle piano per Gaza – Euractiv Italia

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Dopo sole tre settimane la fragile tregua tra Hamas e lo Stato di Israele è in bilico, con il rischio concreto di una ripresa delle ostilità. A dare il via alla crisi è stato il gruppo estremista palestinese Hamas che ha annunciato il rinvio del nuovo rilascio di ostaggi previsto per sabato, accusando Israele di non aver rispettato pienamente gli accordi sottoscritti a metà gennaio. Il gruppo però ha sottolineato di aver dato a Israele 5 giorni di tempo per adeguarsi alla tregua. Da parte sua lo Stato ebraico ha denunciato Hamas per la violazione dei termini dell’accordo, mentre l’esercito ha ricevuto ordini di “prepararsi da ogni scenario” e di tenersi in “stato di massima allerta”.

L’annuncio di Hamas giunge dopo le dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che in una recente intervista a Fox News ha affermato che in base al suo piano non è previsto il ritorno dei palestinesi sfollati nell’enclave dopo la presa di possesso da parte degli Stati Uniti. Lo stesso Trump ha inviato un durissimo avvertimento a Hamas: se gli ostaggi non verranno liberati come da programma “scoppierà un vero inferno” e ha evocato l’ipotesi di tagliare gli aiuti a Egitto e Giordania se si rifiutassero di accogliere i Gazawi.

Hamas, tramite il suo portavoce Sami Abu Zuhri, si è rivolta direttamente al presidente degli Stati Uniti, osservando “che c’è un accordo che deve essere rispettato da entrambe le parti e questo è l’unico modo per restituire i prigionieri”. Per Zuhri, “il linguaggio delle minacce è inutile e complica solo le cose”.

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Anche il gruppo Jihad islamico palestinese si è scagliato contro il presidente degli Stati Uniti per aver proposto di sgomberare, riqualificare e “possedere” Gaza. “Trump sta trattando la nostra causa nazionale come un affare immobiliare” ed è “illuso” se crede che “il nostro popolo accetterà questo schema”, ha affermato la Jihad islamica palestinese in una dichiarazione. Il gruppo ha inoltre condannato le continue e violente incursioni israeliane nella Cisgiordania occupata, affermando che dimostrano la chiara intenzione di Israele di annettere il territorio.

Intanto, il ministero della Salute di Gaza (controllato da Hamas) riferisce che le autorità israeliane stanno ostacolando ulteriori evacuazioni mediche dal valico di Rafah verso sud, rifiutando persino l’imbarco a coloro che in precedenza avevano ricevuto l’autorizzazione di sicurezza. “Tra i pazienti odierni c’è un ragazzo di 16 anni malato di cancro a cui è stato negato il viaggio, e anche al compagno di un altro paziente malato di cancro è stato negato il viaggio”, ha affermato il ministero.

L’appello del segretario generale ONU Guterres

Un accorato appello al rispetto degli accordi è stato lanciato dal segretario generale ONU, Antonio Guterres, che in una nota ha affermato: “Dobbiamo evitare a tutti i costi la ripresa delle ostilità a Gaza che porterebbe a un’immensa tragedia. Faccio appello a Hamas affinche proceda con la prevista liberazione degli ostaggi”. Guterres ha invitato entrambe le parti a “rispettare pienamente gli impegni presi nell’accordo di cessate il fuoco e riprendere negoziati seri”.

Accuse contro Israele sono giunte dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, secondo cui lo Stato ebraico non ha rispettato il termine del cessate il fuoco con Hamas. “Come negli anni precedenti, abbiamo visto che Israele non ha mantenuto le promesse fatte nell’ultimo accordo di cessate il fuoco. Israele deve fermare l’occupazione e risarcire i danni causati. Lo Stato di Palestina con capitale a Gerusalemme Est è un requisito obbligatorio”, ha affermato Erdogan, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu.

Il governo israeliano sostiene il piano Trump e annuncia di lavorare alla liberazione degli ostaggi

In Israele i ministri del governo Netanyahu ribadiscono il loro impegno a lavorare per la liberazione di tutti gli ostaggi. “Continueremo a lavorare in ogni modo per il ritorno di tutti gli ostaggi, vivi e morti. È nostro dovere morale e nostro obiettivo principale”, ha scritto su X scrive il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, dopo che da Israele è arrivata la conferma della morte dell’ostaggio 86enne di Hamas, Shlomo Mansour. Katz nel fare le condoglianze alla famiglia dell’uomo ha sottolineato: “Uno dei fondatori del Kibbutz di Kissufim”.

Mentre il ministro di estrema destra, Belazel Smotrich, ha espresso il suo sostegno alle dichiarazioni di Trump in merito allo sfollamento dei palestinesi dalla Striscia di Gaza. “Il presidente Trump ha dichiarato che Israele può stabilire una scadenza chiara per il ritorno di tutti i detenuti senza eccezioni entro sabato prossimo, altrimenti si apriranno le porte dell’inferno”, ha affermato Smotrich, invocando quella che ha definito “l’effettiva apertura delle porte dell’inferno” nella Striscia di Gaza.

La delicata situazione del re di Giordania 

Il re di Giordania Abdullah II si trova in una posizione delicata. Il suo incontro con Donald Trump, in programma per martedì a Washington, si prevede particolarmente complesso, poiché il Regno hascemita ha fermamente respinto il piano di ricollocazione forzata dei palestinesi da Gaza e Cisgiordania. Secondo fonti diplomatiche citate da Al Jazeera, il sovrano giordano ribadirà il rifiuto assoluto del suo Paese a qualsiasi iniziativa che metta a rischio la stabilità della regione.

Esperti politici giordani citati dal sito Middle East Monitor sottolineano che l’incontro tra Abdullah e Trump potrebbe rivelarsi un momento critico per i rapporti tra i due Paesi. Se la Giordania venisse costretta a scegliere tra la sua sicurezza nazionale e gli aiuti statunitensi, Abdullah potrebbe optare per la prima, rifiutando qualsiasi trasferimento forzato di palestinesi nel suo territorio.

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Trump, dal canto suo, ha già minacciato la sospensione degli aiuti economici alla Giordania e ad altri paesi della regione se non accetteranno la sua proposta. Questo potrebbe aprire una nuova fase di tensioni tra Washington e i suoi alleati mediorientali, mentre la comunità internazionale continua a guardare con preoccupazione all’evolversi della crisi in Medio Oriente.

[a cura di Simone Cantarini]





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