chi è il cybercriminale russo detenuto negli USA

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Alexander Vinnik, il cyberesperto e hacker russo detenuto negli USA e liberato da Donald Trump in cambio dell’insegnante americano Marc Fogel, è nato il 16 agosto del 1979 a Kurgan, in Siberia. A capo della Bitcoin-e per sei anni, fu arrestato in Grecia mentre era in vacanza con la famiglia nel 2016, con l’accusa di aver riciclato denaro sporco per oltre 4 miliardi di dollari . 

Tutto ebbe origine nel 2014 dal crack di Mt.Gox, un sito per lo scambio di criptovalute, nato nel luglio 2010, e che dal 2013 fino al 2014 aveva gestito oltre il 70% di tutte le transazioni in bitcoin nel mondo. Il sito sospese nel febbraio del 2014 le transazioni e chiuse il sito dichiarando bancarotta e avviando in aprile le pratiche per la liquidazione. Mt. Gox annunciò poi che circa 850.000 bitcoin, per un valore di 450 milioni di dollari di allora, appartenenti ai suoi clienti e alla società non erano più reperibili o erano stati rubati. 200.000 bitcoin furono poi ritrovati, ma non fu chiaro se la mancanza fosse da ricondurre a furto, frode, malagestione o a una combinazione di tali cause. Nuove prove presentate ad aprile 2015 dalla società di sicurezza informatica giapponese WizSec portarono a concludere che fossero stati oggetto di furto “nel tempo a partire dalla fine del 2011”.

L’arresto di Vinnik avviene dopo che l’ingegnere informatico svedese Kim Nilsson, che stava indagando sui bitcoin mancanti di Mt. Gox, rintraccia molte delle monete mancanti in un portafoglio di proprietà di Vinnik che è così accusato dagli Stati Uniti di aver aiutato i criminali a eludere i controlli per riciclare denaro con i bitcoin; in particolare, l’arresto avviene in relazione agli attacchi di hacking a Mt. Gox che fecero perdere alla borsa di Tokyo milioni di dollari in bitcoin dei suoi clienti.

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Vinnik ha sempre rigettato le accuse di aver orchestrato i cyberattacchi, tuttavia è l’unico ad essere stato accusato in merito ai fatti accaduti a Mt. Gox. Nel 2017 inoltre Vinnik dichiara di non essere a conoscenza di attività criminali su BTC-e, di essere solo un tecnico. Il cyberesperto russo chiede alle autorità greche di essere estradato in Russia per il processo. A richiedere l’estradizione arrivano tuttavia gli Stati Uniti e le autorità greche approvano la richiesta. Il verdetto è accompagnato da forti critiche da parte russa che definì la decisione delle autorità giudiziarie greche “ingiusta” e in violazione della normativa internazionale. Il governo russo spera, per le ottime relazioni tra i due paesi, che la Grecia riconsideri l’estradizione di Vinnik in Russia. Questo crea una situazione di stallo che blocca di fatto l’estradizione negli Stati Uniti. Vinnik promette di scrivere un’ammissione di colpa alle autorità russe, giurando di testimoniare nel suo paese natale. 

Nel maggio 2018 accade qualcosa che avrebbe cambiato il corso degli eventi: le autorità greche scoprono un complotto per uccidere Vinnik in prigione, un piano che sarebbe stato concepito da ambienti legati al mondo criminale russo. Qualcuno in Russia non vede di buon occhio il suo ritorno in patria. E’ invece la Francia a presentare una richiesta di estradizione simile a quella degli Stati Uniti, sostenendo che Vinnik ha riciclato 133 milioni di euro utilizzando bitcoin. La richiesta è approvata il 13 luglio 2018. Le condizioni psicofisiche di Vinnik vanno peggiorando. A settembre, la Corte Suprema greca annuncia il suo via libera alla sua estradizione in Russia. Vinnik infatti ha presentato ricorso presso un tribunale cittadino del Pireo per il rilascio o l’estradizione in Russia. Nel ricorso, aveva addotto “ragioni umanitarie”.

Nel gennaio 2020, Vinnik è finalmente estradato ma dalla Grecia in Francia, dove viene interrogato da investigatori francesi. I suoi avvocati dichiarano a Bloomberg che è accusato di estorsione, riciclaggio di denaro aggravato, cospirazione e danneggiamento di sistemi automatici di elaborazione dati: Vinnik ora potrebbe essere processato negli Stati Uniti, aggiungono i suoi legali che ne ribadiscono l’innocenza. Lo ritengono “perseguitato” a causa della sua nazionalità e del suo legame con la criptovaluta, considerata una minaccia per il sistema finanziario globale.

Sulla base delle prove raccolte dall’FBI, Vinnik potrebbe avere anche un legame con gli hacker russi accusati di aver interferito nelle elezioni statunitensi del 2016, fatti sui quali indaga il consigliere speciale statunitense Robert Mueller. Vinnik, seppur estraneo all’accusa di aver influenzato direttamente le elezioni, è sospettato di aver aiutato Fancy Bear, l’unità di hacker russa collegata agli attacchi, a riciclare denaro utilizzando bitcoin.

Il 23 ottobre 2020, i pubblici ministeri francesi chiedono per Vinnik una condanna a 10 anni di carcere e una multa di 750.000 euro. Sebbene il cybercriminale abbia continuato a dichiararsi innocente, un’indagine congiunta degli Stati Uniti e dell’Interpol scopre un collegamento tra Vinnik e il ransomware di criptovaluta “Locky”, che crittografa i dati della vittima e chiede bitcoin in cambio dell’accesso al computer della vittima. Vinnik e il suo avvocato rispondono che il cyberesperto russo non ha alcun legame con “Locky” e che gli Stati Uniti hanno fornito informazioni false per incastrarlo.

Il 7 dicembre 2020, Vinnik è accusato di “estorsione, cospirazione e danneggiamento di sistemi automatici di elaborazione dati” da un tribunale di Parigi, in Francia, nonché di aver creato il malware “Locky”. È condannato a cinque anni di carcere. Estradato negli USA compare in un tribunale federale a San Francisco il 5 agosto 2022 affrontando un’accusa sostitutiva di 21 capi d’accusa del gennaio 2017.

Solo nel maggio 2024, Vinnik ammette l’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro: secondo il suo avvocato avrebbe patteggiato per ridurre la sua pena detentiva a meno di 10 anni.

Al momento è in custodia in California in attesa di essere riportato in Russia dopo la liberazione martedì dell’insegnante statunitense Marc Fogel, liberato dalle carceri russe e tornato in patria.

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