“Economia circolare, leva per le imprese”

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“Qual è lo stato dell’economia circolare nelle imprese italiane? La sua adozione può davvero costituire un motore per la competitività? Quali sono le sfide che si trova ad affrontare l’Italia per mantenere l’attuale leadership europea?”. Sono queste le principali domande alle quali tenta di rispondere un briefing di Cassa Depositi e Prestiti. Si tratta di un mini-report di 10 pagine che già dal titolo indica una direzione che anche la nostra redazione ha tracciato da tempo. “Economia circolare: una leva per la competitività delle imprese” è il titolo del documento coordinato da Andrea Montanino e Simona Camerano e predisposto da Claudio Bonomi Savignon, Alessandra Locarno, Maria Gerarda Mocella e Margherita Viti.

Come è noto, Cassa Depositi e Prestiti è l’istituto finanziario che da più di 150 anni sostiene l’economia nazionale, attraverso il risparmio postale italiano e la partecipazione azionaria nelle varie società a controllo pubblico in settori cruciali (Eni, Tim, Fincantieri e molto altro).

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Anche se, come riporta il report, “le opinioni espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità di CDP”, ciò che emerge dal documento è significativo perché magari nell’immediato non comporterà un impegno di spesa da parte di Cassa Depositi e Prestiti ma potrebbe comunque fornire un’ulteriore spinta alla diffusione dell’economia circolare presso le istituzioni finanziarie, che in questo momento storico continuano a preferire la restaurazione dell’economia lineare e la conservazione ecologica. D’altra parte il report è aggiornato coi dati a fine dicembre 2024, grazie anche all’ausilio del  Competence Center Economia Circolare, per cui può davvero costituire un utile vademecum per i decisori politici e finanziari, oltre che un’agevole lettura per addetti ai lavori e persone interessate.

Leggi anche: Il nesso tra siccità ed energia nel report di Cassa Depositi e Prestiti

Come si fa l’economia circolare in Italia?

Come ricorda Cassa Depositi e Prestiti, i modelli di produzione e di consumi circolari – che mirano a preservare il valore di materiali e prodotti più a lungo possibile, riducendo al minimo la produzione di rifiuti ‒ hanno enormi vantaggi anche dal punto di visto economico. Sia perché possono contribuire a una gestione più sostenibile delle risorse sia perché riducono il rischio di interruzione delle catene del valore.

“L’Italia – si legge nel report – si distingue in Europa come uno dei Paesi più virtuosi nella transizione verso un’economia circolare, trasformando la limitata disponibilità di risorse naturali sul territorio in un punto di forza. Nel 2024 quasi metà delle imprese italiane ha già adottato almeno una pratica di economia circolare, con una diffusione maggiore nel Nord del Paese e tra le aziende di dimensione più grande. Il riciclo emerge come strategia predominante, mentre sono meno diffuse le soluzioni volte a prolungare la durata d’uso di prodotti e componenti. Complessivamente le pratiche adottate hanno generato un risparmio rispetto ai costi di produzione delle imprese manifatturiere superiore a 16 miliardi di euro, pari però solo al 15% del potenziale teorico stimato al 2030”.

Dal punto di vista economico/finanziario, cioè, l’economia circolare comporta una serie di vantaggi che non sono quindi esclusivo appannaggio dell’ambiente, come spesso si tende ancora a credere. “In termini di performance economico-finanziarie – conferma CDP – le aziende circolari hanno evidenziato una maggiore capacità di coprire il costo del debito tramite il risultato operativo, una maggiore generazione di cassa da destinare all’investimento e un minor livello di indebitamento.  Negli ultimi tre anni, le imprese circolari hanno registrato, inoltre, una probabilità di default più bassa, anche in periodi contraddistinti da forti shock esogeni legati alle materie prime. Mostrano, inoltre, un più elevato potenziale innovativo, dovendo far leva su nuove tecnologie, nuovi processi produttivi e nuovi modelli di business. L’Italia risulta al 2° posto in Europa per numero di brevetti circolari, di cui oltre la metà depositati da PMI”.

Tutto bene dunque? Non proprio.

Leggi anche: Cassa depositi e prestiti: “Le risorse del Pnrr per il ciclo dei rifiuti? Concentrate in poche Regioni”

Per l’economia circolare servono più investimenti

“Pur registrando ottimi livelli di circolarità, l’Italia sta faticando a migliorare le proprie performance, anche per via di un livello di investimento inferiore rispetto agli altri principali Paesi europei” si apprende ancora dal report pubblicato sul sito di Cassa Depositi e Prestiti. “Questo risultato, in parte condizionato dal difficile contesto economico degli ultimi anni, riflette anche la struttura imprenditoriale italiana, composta principalmente da piccole e microimprese con una limitata capacità di investimento”. Ed è proprio questo il concetto chiave del documento CDP. Perché è la mancanza di investimenti, in special modo verso le piccole e medie imprese, che scoraggia l’adozione di pratiche circolari. Soprattutto se si considera che “le aziende impegnate nella transizione verso un’economia circolare perlopiù effettuano investimenti di piccola taglia (importo inferiore ai 50 mila euro) a cui si associano anche tempi di ritorno generalmente brevi”.

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Tuttavia la buona notizia è che le strade per migliorare esistono già, e sono indicate nell’ultima parte del report.

economia circolare 2

“Misure come Transizione 4.0 e Transizione 5.0 sono progettate per sostenere la ricerca e l’innovazione, offrendo incentivi fiscali mirati e favorendo gli investimenti per la transizione ecologica e digitale. Tuttavia le incertezze legate alla possibilità di usufruire degli incentivi Transizione 5.0 per gli investimenti in economia circolare creano un’ulteriore barriera per le imprese. Il Piano Transizione 5.0 (a differenza di Transizione 4.0), infatti, indica come finalità la transizione digitale e quella energetica, senza riferimenti espliciti all’economia circolare” è la segnalazione del report. Inoltre “le PMI hanno più difficoltà di accesso al credito, motivo per cui quasi una su due ricorre all’autofinanziamento. In questo contesto, la finanza sostenibile può costituire uno strumento cruciale per colmare i gap di investimento in economia circolare. Infatti, orientando il comportamento strategico delle imprese alle quali fornisce le risorse finanziarie, la finanza sostenibile potrebbe contribuire significativamente alla promozione di investimenti mirati verso pratiche più sostenibili grazie anche a prodotti finanziari appositamente dedicati per sostenere progetti di economia circolare”.

Infine, ancora una volta in simbiosi con quanto sosteniamo da tempo qui a EconomiaCircolare.com, l’appello a fare rete. Soprattutto da parte delle grandi imprese verso le piccole e medie. “Per valorizzare le numerose eccellenze presenti in Italia tra le piccole e medie imprese, occorre facilitare il loro accesso a progetti strategici che vedono coinvolte grandi imprese – si legge – o investitori per la realizzazione di prodotti/processi innovativi in chiave circolare (…) Per le PMI appartenenti a sistemi produttivi distrettuali, strumenti che intervengano a livello di intero distretto consentono di creare un ecosistema di attori con i quali le imprese di più ridotte dimensioni abbiano facilità di interazione e collaborazione. Analogamente, infrastrutture digitali, come la Piattaforma Italiana degli attori dell’Economia Circolare (ICESP) o la Piattaforma per la Simbiosi Industriale, consentono di connettere diversi soggetti e attori chiave, favorendo lo scambio di pratiche e conoscenze volte a promuovere l’economia circolare”.

Leggi anche: Semplificare l’UE per una vera finanza sostenibile: cosa dice la relazione rivolta alla Commissione

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