Novità fiscali in materia di fusione di società introdotte dal decreto di riforma Ires/Irpef

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Il D.Lgs. 192/2024 (c.d. D.Lgs di Riforma dell’Irpef e dell’Ires, attuativo della L. 111/2023) è intervenuto anche sugli aspetti fiscali relativi alle operazioni straordinarie, prevedendo delle modifiche sostanziali. In particolare, per quanto riguarda l’articolo 172, Tuir, dedicato alla fusione tra società, è stato modificato integralmente il comma 7, e sono stati introdotti i nuovi commi 7-bis e 7-ter. Altre modifiche fiscali impattanti la disciplina fiscale della fusione sono rintracciabili nel rinnovato comma 2-ter, dell’articolo 176, Tuir, e nel nuovo 177-ter, Tuir.

È stato precisato, infatti, che, in caso di fusione, la riportabilità delle perdite, in capo all’incorporante (o risultante dalla fusione), da parte delle società che le hanno prodotte, compresa l’incorporante stessa, debba essere assoggetta al limite del valore economico del patrimonio netto della società che riporta le perdite, determinato alla data di efficacia della fusione nella relazione giurata di stima.

Quindi, si passa alla previsione che considerava la riportabilità delle perdite nel limite del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio precedente alla fusione o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater, cod. civ., al limite che ora considera il valore economico del patrimonio netto, così come determinato nella relazione giurata di stima, redatta da un soggetto designato dalla società tra l’albo dei Revisori Legali dei Conti.

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Rimane l’obbligo di sterilizzazione dal valore economico del patrimonio della somma dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data di efficacia della fusione; tuttavia, la novità sta nel fatto che questo importo viene ora parametrizzato al rapporto tra il valore economico del patrimonio e il valore del patrimonio netto contabile.

Rimane anche il fatto che dai menzionati versamenti e/o conferimenti non debbano essere compresi i contributi erogati a norma di legge dallo Stato o dagli altri enti pubblici.

Sparisce, invece, un aspetto che era un po’ desueto, come la necessità di sterilizzare le perdite riportabili dall’effetto di svalutazioni, fiscalmente rilevanti, delle partecipazioni al capitale della società titolare delle perdite, precedentemente dedotte da società partecipanti alla fusione o da un’impresa terza che ha ceduto loro le azioni o quote, prima dell’atto finale.

Tuttavia, se non è presente la relazione giurata di stima, tornerà ad essere considerato il previgente limite del patrimonio netto contabile che risulta dall’ultimo bilancio, o se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater, cod. civ., senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data di riferimento del bilancio o della situazione patrimoniale.

Certamente queste modifiche incideranno molto nelle valutazioni di convenienza da effettuare, con riguardo a quale limite del patrimonio netto considerare, se quello economico o contabile, in base al quantitativo di perdite da riportare.

Altro elemento introdotto, è il riferimento al fatto che il test di vitalità, necessario da superare, da parte della società che riporta le perdite, debba essere effettuato prendendo a riferimento l’ammontare dei ricavi e proventi dell’attività caratteristica e l’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, desunti dal conto economico, della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione ha efficacia, e non più con riferimento a quello in cui la fusione è stata deliberata. Aspetto che, in precedenza, sollevava dubbi, in merito a quale bilancio si dovesse considerare, nel caso in cui la delibera di fusione e la registrazione dell’ultimo atto di fusione avvenissero in anni diversi.

Un ulteriore aspetto relativo al test di vitalità è che il nuovo comma 7, dell’articolo 172, alla lett. b), Tuir, prevede che questo vada effettuato anche per il c.d. periodo interinale: ossia quello decorrente dall’inizio dell’esercizio fino alla data antecedente a quella di efficacia della fusione. Tuttavia, i valori economici di questa frazione d’anno devono essere opportunamente ragguagliati all’anno per effettuare il test di vitalità.

Mentre nel caso di retrodatazione degli effetti fiscali ai sensi del comma 9, dell’articolo 172, Tuir, la novità introdotta ha previsto che il test di vitalità e il rispetto del limite quantitativo debbano essere effettuati solo per le perdite interinali generate in capo alle società incorporate, che trasferiscono le perdite fiscali, generate in questo periodo, e non anche alla società incorporante com’era precedente previsto. Quindi, anche questa novità introdotta nel nuovo comma 7-bis, appare essere una norma da cogliere con favore vista la natura agevolativa.

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Altro elemento di novità, come si può cogliere dalla Relazione illustrativa del Decreto, è la facoltatività della presentazione all’Amministrazione finanziaria di un interpello disapplicativo, ai sensi dell’articolo 11, comma1, lettera d), L. 212/2000, per ottenere la disapplicazione dei limiti e delle condizioni, dettate dalle norme relative alla riportabilità delle perdite fiscali, che invece, era d’obbligo precedentemente all’attuazione del D.Lgs. 192/2024.

Mentre è stato mantenuto il rispetto plafond unico per la riportabilità dell’eccedenza di interessi indeducibili di cui all’articolo 96 comma 5, Tuir, e del riporto di eccedenze Ace, che devono sottostare allo stesso test del riporto delle perdite fiscali connaturato nel superamento del test di vitalità e del limite quantitativo.

Tale norma è stata, però, spostata ed inserita nel nuovo comma 7-ter, dell’articolo 172, Tuir.

Altra novità importante è stata l’introduzione dell’articolo 177-ter, Tuir, in tema di disciplina del riporto delle perdite fiscali infragruppo, nel caso di fusioni infragruppo, il quale, in sintesi, al rispetto di determinate condizioni, consente la disapplicazione delle regole applicabili per il riporto di perdite omologate e per quelle generate nel periodo in cui le società appartenevano già al gruppo in cui sussiste il rapporto di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), e comma 2, cod. civ.

Inoltre, la norma puntualizza che le perdite eccedenti il valore del patrimonio netto della società si considerano formate prioritariamente dalle perdite non omologate, lasciando, quindi, eventuale spazio di riporto entro il valore del patrimonio netto, per quelle perdite maturate precedentemente all’ingresso del gruppo e non omologate. Si è ora in attesa del decreto del Ministro dell’economia e delle Finanze, con cui verranno stabilite le disposizioni di attuazione del presente articolo, come previsto dal medesimo articolo.

Altra particolarità introdotta deriva dall’articolo 12, D.Lgs. 192/2024, che ha modificato la disciplina dei riallineamenti, di cui all’articolo 176, comma 2-ter, Tuir, con efficacia già a partire dalle operazioni straordinarie effettuate nel corso del 2024.

Di fatto, con questa modifica, il regime dei riallineamenti non sottende più a evidenti ragioni di risparmio fiscale, ma ad esigenze pratiche derivate, in caso di riallineamento, dalla mancata compilazione del quadro RV della Dichiarazione dei Redditi, qualora si riallinei il valore fiscale a quello contabile che emerge per effetto del disavanzo nelle operazioni straordinarie come quella di fusione.

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Infatti, il legislatore ha negato la possibilità di avvalersi di regimi speciali come quello di cui all’articolo 15 comma 10-12, D.L. 185/2008, e ha inasprito l’accesso al regime ordinario.

Il nuovo comma 2-ter, dell’articolo 176, Tuir, prevede che ora si possa esercitare l’opzione solo nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stata effettuata l’operazione e non più anche in quella successiva. L’imposta sostitutiva, inoltre, non è più calcolata a scaglioni e con un’aliquota progressiva, ma prevede 2 aliquote: una del 18% ai fini Ires e una del 3% ai fini Irap; si propone, quindi, la possibilità al contribuente di avvalersi del riallineamento solo con effetti Ires o Irap.

Inoltre, diversamente dal precedente riallineamento ordinario, la nuova versione introdotta, prevede che questo lo si possa determinare anche solo per singoli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali ed immateriali, senza più estenderlo interamente ad una delle 5 categorie di beni immobili o a categorie omogenee di beni mobili individuate per anno di acquisizione o dal coefficiente ministeriale di ammortamento.

Oltre a questo aspetto di favore un altro, anche se non così sostanziale, è dato dalla riduzione del periodo di moratoria da 4 a 3 anni.

Infatti, se si vendono i beni oggetto del riallineamento, prima del terzo periodo d’imposta successivo a quello di opzione, allora il costo fiscale da contrapporre al prezzo per la determinazione della plusvalenza o minusvalenza è ridotto del maggiore importo che è stato riallineato e degli eventuali maggiori ammortamenti che erano stati dedotti. Però l’imposta sostitutiva versata è corrispondentemente scomputata dalle relative imposte.

Infine, l’importo dell’imposta sostitutiva deve essere versato in un’unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio nel corso del quale è stata realizzata l’operazione di fusione, mentre prima erano previste 3 rate. Mentre i maggiori valori si considerano riconosciuti a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione.

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Per concludere con le novità introdotte dal D.Lgs. 192/2024, si segnala quanto previsto dall’articolo 14, in tema di “Affrancamento straordinario delle riserve”. Infatti, viene previsto che i saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi, in sospensione d’imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31.12.2024, possono essere affrancati, in tutto o in parte, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva ai fini Ires e Irap del 10%.

Si è, comunque, in attesa del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che recherà le disposizioni attuative di tale punto.

Ad oggi, certo è che il pagamento dovrà essere effettuato obbligatoriamente in 4 rate di pari importo, scadenti entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dell’esercizio con riferimento al quale è effettuato l’affrancamento e nei tre successivi; e l’importo da assoggettare a imposta sostitutiva è quello netto della riserva.

Come previsto dalla norma, l’affrancamento può essere anche parziale, dovendosi intendere sia rispetto a più riserve in sospensione d’imposta che ad una sola riserva in sospensione d’imposta, che potrà essere affrancata anche solo per una parte del suo importo.

Gli effetti dell’affrancamento in caso di distribuzione di dette riserve comporterebbero:

  • per le società di capitali: la mancata tassazione in capo all’impresa, che altrimenti sarebbe stata, nel caso dei soggetti Ires del 24%; mentre nel momento della percezione delle riserve affrancante; il socio persona fisica che detiene la partecipazione al di fuori del regime di impresa, sconterebbe una ritenuta a titolo d’imposta del 26%. In caso di socio persona fisica che detiene la partecipazione in regime d’impresa, oppure riveste la forma di società di persone, il dividendo percepito concorre alla formazione della base imponibile nella misura del 58,14%. Se invece il socio fosse una società di capitali, l’utile percepito concorrerebbe alla formazione della base imponibile nella misura del 5%.
  • mentre, nel caso di società di persone, il beneficio potrebbe essere anche maggiore, visto che con l’affrancamento poi non si avrebbe alcuna tassazione per trasparenza in capo ai soci: in quanto l’affrancamento della riserva in sospensione determina un incremento del costo fiscale della partecipazione e la successiva distribuzione una riduzione (ex articolo 68, comma 6, Tuir).



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