Riflettori accesi di Bruxelles sull’Italia con quattro procedure di infrazione. La Commissione europea ha inviato a Roma tre lettere formali per aver rilevato la violazione del diritto dell’Ue in tema di rifiuti, sicurezza stradale e contratti dei docenti, oltre a un parere motivato sulle rinnovabili che segna un ulteriore passo avanti verso una possibile sanzione.
La risposta dell’Italia sulla messa in mora riguardo ai progetti green, infatti, non è arrivata a Palazzo Berlaymont, che ha concesso altri due mesi a Palazzo Chigi, prima di presentare il caso alla Corte di giustizia Ue.
Il parere motivato sulle rinnovabili
Il parere motivato è finito sul tavolo del Governo Meloni dopo le lettere di costituzione in mora inviate all’Italia e ad altri 25 Paesi Ue a settembre 2024, per non aver recepito le nuove regole europee dirette ad accelerare l’autorizzazione dei progetti di energia rinnovabile, con l’adozione nella legislazione nazionale prevista entro l’1 luglio 2024.
Insieme ad altri quattro Paesi (Spagna, Cipro, Slovacchia e Svezia), l’Italia non ha notificato le misure di recepimento della direttiva a Bruxelles e ha quindi due mesi di tempo per rispondere e adottare le norme. In caso contrario potrebbe essere deferita alla Corte di giustizia dell’Unione europea, rischiando una sanzione.
La Direttiva Ue 2023/2413 fornisce nuove norme per semplificare e abbreviare le procedure di autorizzazione sia per i progetti di energia rinnovabile che per quelli infrastrutturali necessari per integrare la capacità aggiuntiva nella rete elettrica nazionale.
Procedura d’infrazione Ue: i passaggi
La lettera di costituzione in mora alla quale l’Italia non ha risposto rappresenta il primo passaggio della procedura d’infrazione Ue, lo strumento utilizzato dalla Commissione europea per tutelare il rispetto del diritto dell’Unione.
Nel caso in cui uno Stato membro non dia seguito alle richieste o fornisca risposte ritenute non soddisfacenti, Bruxelles può emettere un parere motivato tramite il quale consolida il richiamo al Paese e lo diffida a porre rimedio in genere entro due mesi.
Se il Governo interessato non si conforma alle norme del diritto europeo, Bruxelles può ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Ue e in caso di sentenza di condanna, lo Stato membro è chiamato al pagamento di una sanzione e ad adottare le misure previste.
La procedura sui docenti
Una delle procedure d’infrazione appena aperte contro l’Italia riguarda i contratti a tempo determinato degli insegnanti. Nel nostro Paese, infatti, i docenti con questo tipo di contratto non hanno diritto a una progressione salariale graduale basata sui precedenti periodi di servizio, a differenza dei colleghi a tempo indeterminato.
Una condizione ritenuta “discriminante” da parte di Bruxelles, che chiede al Governo di Giorgia Meloni di porre rimedio alle contestazioni entro due mesi.
La procedura sui rifiuti
Tra le lettere di messa in mora spedite a Roma c’è anche l’avvio di una procedura per non aver recepito correttamente la direttiva sulle discariche (1999/31/CE modificata dalla Direttiva Ue 2018/850), che stabilisce regole precise per lo smaltimento dei rifiuti negli impianti, quali:
- conferimento in discarica dei rifiuti urbani al 10% entro il 2035;
- divieto dal 2030 del dislocamento in discarica di rifiuti idonei al riciclaggio o ad altro recupero;
- norme sul calcolo del completamento dell’obiettivo di riduzione delle discariche.
Sulla materia, l’Italia risulta inadempiente anche riguardo alla definizione di rifiuti collocati in discarica su quelli sottoposti a incenerimento, per non aver dichiarato correttamente le categorie di materiali destinate agli impianti per rifiuti pericolosi e le specifiche per lo stoccaggio temporaneo del mercurio metallico, oltre a non aver recepito le prescrizioni dell’Ue sul monitoraggio dei gas e campionamento delle acque sotterranee nelle discariche.
La procedura sulla sicurezza stradale
Infine, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro Roma per non aver organizzato programmi di formazione e certificazione per auditor della sicurezza stradale e per non aver effettuato audit con revisori certificati.
Dal 19 dicembre 2013, infatti, solo i revisori in possesso di un certificato professionale sono autorizzati a svolgere gli audit di sicurezza stradale per i progetti infrastrutturali su strade e autostrade.
“Sebbene l’Italia abbia recepito queste disposizioni nella legislazione nazionale – spiegano da Bruxelles – la Commissione ritiene che l’Italia non le applichi nella pratica“.
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