Sanità in crisi, i pazienti del Sud costretti ad andare al Nord per curarsi: l’allarme di Gimbe

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Gli italiani che sono andati in una Regione diversa per ricevere cure mediche hanno ‘spostato’ 5 miliardi di euro, nel 2022. Ne hanno beneficiato le Regioni del Nord, Lombardia e Emilia-Romagna su tutte, mentre a pagare di più sono state Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia. La fondazione Gimbe ha documentato la “fuga” dei pazienti nel suo nuovo rapporto.

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Nel 2022, la mobilità sanitaria interregionale ha raggiunto il valore di 5,04 miliardi  di euro, il livello più alto mai registrato. Questo significa che i cittadini che hanno cambiato Regione per curarsi – che si sia trattato di una scelta libera o obbligata – hanno ‘spostato’ oltre 5 miliardi di euro, ben più di quanto avvenuto nel 2021 (4,25 miliardi).

Lo squilibrio tra le Regioni del Nord e quelle del Sud è aumentato ancora, e c’è stato un “flusso enorme di pazienti e di risorse economiche in uscita dal Mezzogiorno verso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto”. Lo ha riportato la fondazione Gimbe nel suo rapporto sulla mobilità sanitaria, incrociando i dati pubblici disponibili sul tema. Il risultato è che i problemi della sanità hanno ulteriormente impoverito soprattutto le Regioni del Meridione, dato che i loro cittadini sono andati a spendere i propri soldi in altri territori. Il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta, ha detto che “sempre più persone sono costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate, con costi economici, psicologici e sociali insostenibili”.

Quali Regioni perdono più soldi per la “fuga” dei pazienti

Ad avere gli effetti più positivi da questi spostamenti sono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, mentre il contrario è vero per Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Va detto che anche in Lombardia, per esempio, un gran numero di cittadini che si sposta altrove. Il punto è che nel complesso, grazie ai pazienti che arrivano da altre zone, il bilancio è decisamente positivo per l’amministrazione, che incassa molto più di quanto esborsa.

La classifica dei ‘saldi’, cioè della differenza tra quanto una Regione spende e quanto incassa per questi spostamenti di pazienti, premia nettamente il Nord: la Lombardia ci guadagna 623,6 milioni di euro, l’Emilia-Romagna 525,4 milioni di euro, il Veneto 198,2 milioni di euro. L’unica Regione del Sud con un saldo positivo è il Molise, con 26,4 milioni. Forti perdite invece per la Campania (308,4 milioni di euro), la Calabria (304,8 milioni), Sicilia (241,8 milioni), Puglia (230,2 milioni) e Lazio (193,4 milioni).

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Cartabellotta ha osservato che “il divario tra Nord e Sud non è più solo una criticità, ma una frattura strutturale del Servizio sanitario nazionale”. Le uniche Regioni che hanno un saldo positivo di oltre cento milioni “sono tutte al Nord”. È una frattura che “rischia di aggravarsi” con l’entrata in vigore dell’autonomia differenziata, “trasformando il diritto alla tutela della salute in un privilegio legato al Cap di residenza”. Per di più, “la mobilità sanitaria rappresenta solo la punta dell’iceberg”, perché la differenza Nord-Sud è “ancora più marcata” in ambiti come l’assistenza territoriale e socio-sanitaria.

Spostamenti lunghi e soldi alla sanità privata

I soldi spesi per curarsi in un’altra Regione vanno molto spesso alla sanità privata: è così nel 54,4% dei casi, contro il 45,6% dei soldi andati invece alla sanità pubblica. Si tratta di un “indicatore sia dell’indebolimento del servizio pubblico, sia dell’offerta che della capacità attrattiva del privato”, ha detto Cartabellotta. In particolare, in Lombardia il 71,4% dei soldi spesi da chi viene da una Regione diversa finisce ai privati. In Puglia il dato è al 70,7%, nel Lazio al 62,4%.

Un altro dato di rilievo è il fatto che quasi il 90% di tutti gli spostamenti volontari per motivi sanitari porta ad andare lontani: oltre un’ora di viaggio, o più di 50 chilometri di distanza. Questo “dimostra che lo spostamento dei pazienti verso altre Regioni” è “una necessità”, ha detto Cartabellotta. “Per molti cittadini, questo significa affrontare lunghi spostamenti, con disagi pesanti per chi è malato e costi significativi per le famiglie, sia in termini economici che di tempo e qualità di vita”.

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