L’orafo Gronchi rapinato racconta: “Così l’operaio mi ha tradito”. Il dipendente basista della banda spinto da debiti per il vizio del gioco

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Ugo Gronchi ha 83 anni di cui 61 trascorsi a lavorare l’oro. Dal 1964 al 1972 alla Gori e Zucchi (Unoaerre) poi in proprio, prima insieme a due soci e poi da solo. Martedì mattina ha saputo che il suo operaio – 32 anni da compiere a giorni, origini rumene – era il basista dei rapinatori che il 28 giugno scorso gli hanno spruzzato spray urticante sugli occhi e sono scappati con oro per 600 mila euro. L’imprenditore ci apre la porta della sua ditta di Badia al Pino, la Italiana Horo, una minuscola “Chimet”, il gigante che si trova vicino. Anche qui si recupera metallo prezioso dagli scarti. Come quella verga da 15 chili che gli portarono via dal bagagliaio dell’auto con la complicità del dipendente. Che gli stava accanto. Non vittima, ma complice. Infedele, pare, per debiti di gioco da saldare.

– Signor Gronchi. Se l’aspettava di avere una talpa in azienda?

Dico la verità, sono stato sfiorato dal pensiero non appena vidi il filmato della rapina: lui era con me nel piazzale, ha avuto un comportamento particolare, poco prudente, e non è stato colpito con lo spray dai banditi. Strano. Ma poi ha fornito spiegazioni ai carabinieri ed ha continuato a lavorare da me in ditta fino a lunedì. Assolutamente tranquillo, come nulla fosse.

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– E i carabinieri cosa le hanno detto?

Mi hanno detto: Gronchi, ma stamani in ditta non le manca nessuno…? All’alba avevano arrestato il mio dipendente a casa sua. In effetti al lavoro non era venuto. Mi hanno spiegato tutto.

– Quando lo ha assunto e perché?

E’ figlio della signora che mi fa le pulizie a casa, una donna straordinaria che in queste ore è affranta per quello che ha saputo. Un fulmine a ciel sereno. Lui è entrato con noi un anno prima del fatto. All’inizio non proprio puntualissimo negli orari, il curriculum con molti lavori saltuari, poi però ha preso i giusti ritmi. E come operaio faceva quello che doveva fare. Ho voluto dargli questa opportunità sulla fiducia e per rispetto alla madre. So che è fidanzato. Progetti? Come molti giovani, gli piace godersi la vita. Ha una macchina costosa che neanche io mi posso permettere. Mi aiutava nei carichi di metallo prezioso, come quel giorno: bisogna essere in due, per l’assicurazione.

– E ora cosa vorrebbe dirgli?

Bravo! Auguri! In bocca al lupo! Ti sei fatto un bel nome, sei in una bella situazione…

– Sembra che lo abbia fatto per problemi di gioco, ludopatia. E che voglia chiedere scusa. Lo perdonerà mai?

Il perdono non si può mai negare. Il peggio va per lui. E la giustizia faccia il suo corso.

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– Pare, poi, che l’operaio fedifrago non abbia neppure ricevuto il compenso per aver fatto la spia.

Non lo so. Non conosco i dettagli delle indagini.

– Lei ha ripreso i soldi dall’assicurazione?

In parte, perché la polizza prevede un indennizzo minore in casi come questo di rapina all’esterno della ditta.

– Cosa ricorda dell’imboscata?

Il bruciore forte agli occhi. Quei due sullo scooter, uno col casco e l’altro col berretto. Verso mezzogiorno. Pensavo fossero clienti. Poi la bomboletta rivolta al viso. Erano appostati dietro alla struttura del gas qui accanto. La bauliera della Mercedes Glk era aperta, hanno preso la verga e via.

– Ci sarebbe anche lo zampino di un ex orafo dietro al colpo. Che consiglio dare ai colleghi?

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Ho avuto in passato un furto e una rapina da finti finanzieri. Più vari tentativi di intrusione. Nel nostro settore è difficile stare al sicuro. Si può essere super attenti, investire nella sicurezza, e magari non basta. Occhi aperti, l’insidia è ovunque.

– E ai carabinieri cosa dice?

Grazie. L’Arma è veramente benemerita. Gli investigatori hanno lavorato davvero sodo, gli ho detto: un giorno passate di qui e si va a cena insieme.

“OPERAIO DIPENDENTE DAL GIOCO”

Così fissato con le macchinette, i videogiochi, ma anche con Pokémon, da diventare ludopatico. Una malattia.

Il 32enne rumeno arrestato per la rapina alla Italiana Horo, dove lavorava, avrebbe tradito il suo titolare perché intrappolato nella dipendenza dal gioco. Un azzardo che lo rendeva schiavo, con la conseguenza di accumulare debiti da ripianare.

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E proprio per questo sarebbe caduto in tentazione, fornendo l’assist giusto ai criminali per la rapina a Badia al Pino. Dove lui era proprio a fianco dell’imprenditore Ugo Gronchi, al momento del raid, quindi sembrava una vittima dell’assalto, invece era complice dei banditi.

Oggi in carcere in via Garibaldi è in programma l’interrogatorio di garanzia per il dipendente talpa. I suoi difensori, gli avvocati Tiberio Baroni ed Eugenio Baroni, dicono che parlerà. Per dare la sua versione dei fatti, ma anche per chiedere scusa. Una ammissione di responsabilità, insomma, dinanzi a elementi evidentemente forti a carico.

Ed è anche probabile la richiesta di una misura alternativa al carcere, suggerendo l’intervento del Serd della Asl, il servizio per il recupero dalle dipendenze. Oltre ad alcol e droghe, c’è anche quella dal gioco.

Dunque, la collaborazione dell’operaio con i malfattori sarebbe nata dall’esigenza di avere soldi a lui utili nell’ambito delle relazioni, complesse, con un soggetto a cui doveva del denaro per questioni di gioco. Un uomo a sua volta agganciato ai campani che, grazie alle conoscenze ad Arezzo, avevano aperto un canale criminale. Il referente principale era un casertano ormai trapiantato ad Arezzo da tempo. Poi le altre figure locali sono un ex orafo che conosceva la Italiana Horo, altri soggetti capaci di procurarsi targhe false e informazioni giuste, un compro oro e pure un albanese intervenuto per far valere, verso gli altri, le ragioni dell’operaio basista. Il 32enne che si è giocato il posto di lavoro ed è finito in carcere sembra non abbia messo in tasca neanche un grammo d’oro.



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