Bergamini, la Procura di Castrovillari presenta ricorso sulle attenuanti generiche a Isabella Internò

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COSENZA La Procura di Castrovillari, attraverso il procuratore capo Alessandro D’Alessio e il sostituto procuratore Luca Primicerio, ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione contro la sentenza di condanna di Isabella Internò, nella parte in cui riconosce le attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alle aggravanti, con rinvio alla Corte d’Assise di Catanzaro. Ovviamente stiamo parlando del processo Bergamini, l’ex calciatore del Cosenza calcio morto il 18 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico. Lo scorso 1 ottobre per la sua morte la Corte d’Assise di Cosenza, presieduta da Paola Lucente, ha condannato l’ex fidanzata di Bergamini Isabella Internò a 16 anni di reclusione per omicidio in concorso con ignoti.

Le motivazioni della sentenza impugnata dalla Procura

La Procura di Castrovillari evidenzia come «nell’ambito del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle riconosciute aggravanti, la Corte (d’Assise di Cosenza, ndr) ha valorizzato, tra gli altri, il dato temporale e la funzione – special-preventiva della pena: poiché la pena svolge una funzione sia retributiva sia di rieducazione del reo, l’intervento dello Stato 35 anni dopo i fatti, nei confronti di una donna, Isabella Internò che oggi “ha 55 anni, è madre di due figli ed ò inserita nel tessuto sociale senza avere mai più commesso reati, rende poco probabile che la pena possa svolgere la sua funzione special – preventiva». «Da qui – proseguono D’Alessio e Primicerio – la Corte fa discendere non solamente il riconoscimento delle attenuanti generiche, ma, altresì, per le medesime ragioni, un bilanciamento con le generiche nel senso della prevalenza delle prime sulle seconde. Questi i principali passaggi motivazionali sul punto: “Last but not least, appare necessario valorizzare il fattore “tempo” sotto altro profilo. Lo Stato, esercitando il potere punitivo, incarna la nemesi a distanza di 35 anni dal fatto. Ma la risposta dello Stato non è solo emesi. La funzione della pena non è solo retribuzione; è rieducazione del condannato. La pena svolge una funzione special – preventiva: è tesa a impedire che il condannato ricada nel delitto. Ebbene, la pena viene oggi applicata per un fatto risalente ad una persona senz’altro diversa da quella che, per quel fatto, l’ha meritata. Isabella Anna Internò ha oggi 55 anni; è madre di due figlie ed è inserita nel tessuto sociale senza avere mai più commesso reati. Quale reale effetto special – preventivo svolgerà la pena in questo caso? Probabilmente nessuno. Mancando le condizioni perché la pena svolga una delle sue includibili funzioni, si giustifica una considerazione individualizzante. Queste premesse conducono agevolmente non solo all’applicazione dell’art. 62 – bis c.p., ma anche ad un bilanciamento di esse con le contestate aggravanti, nel senso della prevalenza delle prime su queste ultime”». «Sul punto – evidenzia la Procura di Castrovillari – la funzione della pena ed, in particolare, per quanto di interesse, quella special – preventiva, costituisce un dato di natura giuridica, con la conseguenza che non può essere ricondotto alle “circostanze diverse” alle quali fa riferimento 1’62 bis c.p. Da ciò discende che la sentenza, richiamando, fra gli altri, l’argomento relativo alla funzione special – preventiva della pena al fine di riconoscere le attenuanti generiche in misura prevalente in relazione alle riconosciute aggravanti, non ha applicato correttamente l’art. 62 bis c.p. ed è, perciò, viziata sotto tale profilo». «In sostanza – spiega ancora la Procura – il giudice di primo grado ha ricondotto nell’ambito dell’articolo 62 bis c.p. un tema, quello del difetto della funzione preventiva della pena da irrogare alla Internò, che non rientra nei confini della norma richiamata. Così operando, la Corte ha violato l’articolo 62 bis c.p., applicando tale norma ad una situazione fattuale che non rientra nell’ambito normativo dell’articolo citato. Ciò ha fatto in termini ancora più censurabili, nella misura in cui ha poi effettuato un giudizio di comparazione tra le attenuanti previste dall’ articolo 62 bis c.p., così malamente interpretato, in termini di prevalenza sulle aggravanti dei futili motivi e della premeditazione».

«Mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione»

Nel suo ricorso la Procura di Castrovillari, sempre con riferimento al giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle riconosciute aggravanti, sottolinea come «l’impugnata sentenza è omissiva nella parte in cui non considera, nel giudizio di comparazione, importanti elementi emersi nel corso della istruttoria e certamente rilevanti ai fin del giudizio di prevalente. In particolare: la falsità della versione dei fatti fornita da Isabella Internò alle autorità inquirenti sin dalle sue prime dichiarazioni, oltre che ai suoi famigliari, e la pervicacia nel mantenere tale versione per 35 anni; il conseguente inquinamento probatorio, che ha reso particolarmente complesso ed ha gravemente ritardato l’accertamento dei fatti, sicché il ritardo nell’intervento dello Stato è la conseguenza del comportamento di Isabella Internò. Ritardo, tuttora, attuale in relazione all’individuazione dei correi e ciò proprio a causa della condotta di Isabella Internò; l’efferatezza dell’omicidio; il fatto che Isabella Internò non abbia manifestato alcuna forma di resipiscenza; l’insidiosità della condotta di Isabella Internò; la pervicacia con la quale l’imputata ha mantenuto ferma la propria versione dei fatti nel corso dei 35 anni che vanno dal giorno della morte di Bergamini Donato. Con tale condotta, ripetuta anche in diversi contesti, quali il processo per omicidio colposo ai danni del camionista alla guida del veicolo che investì il corpo del calciatore, sino al presente procedimento, l’imputata ha dimostrato di non avere alcun ripensamento e di non avere in alcun modo rimeditato la sua esperienza e di tutto ciò la Corte non ha offerto alcuna valutazione, quanto meno in confronto con il ragionamento seguito circa il venire meno della funzione preventiva della sanzione penale, incorrendo nel vizio di omissione di motivazione su un punto qualificante della propria decisione; le riconosciute circostanze aggravanti della premeditazione e del motivo abietto e futile».
«Sotto altro profilo – aggiunge la Procura – la motivazione, oltre che omessa nella parte in cui non considera i dati fattuali sopra esposti, nella parte in cui attribuisce al dato relativo al decorso del tempo una valenza ai fini del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle riconosciute aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili, si pone in contraddizione con la parte della decisione nella quale si valorizza, ai fini del riconoscimento della responsabilità di Isabella Internò, il comportamento della donna consistito nel avere fornito, nella immediatezza dei fatti, una versione falsa del suicidio e nell’averla mantenuta nel corso degli anni. Appare contraddittorio e manifestamente illogico attribuire all’elemento del decorso del tempo, di cui Isabella Internò è stata la principale fautrice per le ragioni esposte, un significato negativo in relazione alla sua dichiarazione di responsabilità (si veda, in particolare, la sentenza pagg. 482 e 483 con riferimento all’alibi falso ed alle menzogne ripetute per anni per proteggere i correi) ed allo stesso tempo riconoscerle una valenza positiva ai fini del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle riconosciute aggravanti». (f.veltri@corrierecal.it)

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