Dazi USA su acciaio e alluminio: come sta reagendo il mercato?

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Acciaio: duro, inflessibile, resistente alla corrosione ed essenziale nella costruzione di roba imponente come grattacieli, automobili e armamenti. Una lega metallica associata a immagini di forza. Un po’ come quelle che vuole evocare il presidente USA Donald Trump. Specialmente quando parla di dazi. Nel secondo finesettimana di febbraio, il presidente USA ha annunciato l’intenzione di imporre dazi del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti d’America: le nuove misure dovrebbero entrare in vigore a marzo.

Acciaio e alluminio: da dove li prendono gli States?

Gli Stati Uniti importano circa la metà del loro fabbisogno di alluminio dall’estero: secondo dati del governo USA, il principale fornitore è il Canada, con il 58% delle importazioni, seguito dagli Emirati Arabi Uniti, con il 6%.

Il Canada gioca un ruolo di rilievo anche in tema di importazioni di acciaio: circa il 23% dell’import proviene proprio da qui. Seguono il Brasile, con il 16%, il Messico, con il 12%, e la Corea del Sud, con il 10%. Canada, Messico, Brasile, Corea del Sud, Giappone, Taiwan e Unione Europea, insieme, rappresentano l’80% dell’import.

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Dazi: quali effetti sull’economia statunitense?

Come sottolinea Ewa Manthey, commodities strategist di ING, l’industria automobilistica e quella manifatturiera dipendono fortemente dalle importazioni di acciaio e alluminio e potrebbero dover far fronte a un incremento dei costi e a una serie di stop. Anche perché molte componenti attraversano più volte il confine prima di tramutarsi nel prodotto finale.

I settori dell’alluminio statunitense e canadese, in particolare, operano come un’unica industria, più o meno integrata:

  • il Canada adopera la sua energia idroelettrica – economica e pulita – per fondere nuovo metallo e imporsi come maggior esportatore mondiale di blocchi appena fusi;
  • gli Stati Uniti, dal canto loro, fanno leva sul vasto mercato di consumatori per svolgere il ruolo di maggior esportatore di rottami per la produzione di alluminio riciclato. Il quale soddisfa all’incirca un terzo della domanda globale.

Dazi su acciaio e alluminio? Per i mercati, un “déjà vu”

Ma per i mercati, nulla di tutto questo è una novità. Si era nel gennaio del 2018 quando il presidente Trump, allora al suo primo mandato, impose dazi del 10% sull’alluminio e del 25% sull’acciaio alla maggior parte dei Paesi esportatori, eccezion fatta per l’Australia. Nel mese di giugno, i dazi furono estesi all’Unione Europea, al Canada e al Messico.

Questo l’excursus offerto da Manthey sul tema.

“Tuttavia, nel 2024 la produzione dell’industria siderurgica statunitense era inferiore dell’1% rispetto a quella del 2017, prima dell’introduzione del primo round di dazi da parte di Trump, mentre l’industria dell’alluminio produceva quasi il 10% in meno. Per quanto riguarda l’alluminio, l’aumento dei costi energetici ha giocato un ruolo fondamentale nel declino dell’industria fusoria statunitense nel corso degli anni. L’industria canadese dell’alluminio, invece, ha beneficiato dell’energia idroelettrica a basso costo per l’alimentazione delle sue fonderie.”

Va anche detto, però, che nell’aprile del 2019, a seguito di un nuovo accordo di libero scambio tra i due Paesi e gli Stati Uniti, i dazi sull’acciaio e l’alluminio importati da Canada e Messico furono rimossi. Nel dicembre del 2019, furono ridotti al 7,5% per alcuni prodotti cinesi. Nell’agosto del 2024, sotto l’ex presidente Joe Biden, sono tornati al 25%. Il che, nel giro di un mese, ha portato a un rialzo di quasi il 9% dei prezzi sul London Metal Exchange.

Come stanno reagendo ora i mercati?

I dazi sui metalli industriali sono generalmente una spiacevole notizia, in termini di impatto sulla crescita (la rallentano) e sull’inflazione (la prolungano). E se l’inflazione statunitense dovesse persistere o addirittura rialzarsi, la Federal Reserve potrebbe persuadersi a rimandare i tagli dei tassi di interesse (se non, addirittura, a rivedere al rialzo i tassi stessi). Senza trascurare le più che probabili contromosse dei partner: il Canada, la Cina, ma anche l’Unione Europea.

La presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha annunciato che l’Unione risponderà ai dazi statunitensi per salvaguardare i propri interessi economici.

“Le tariffe ingiustificate contro l’UE non rimarranno senza risposta: scateneranno contromisure ferme e proporzionate”.

Questo quadro, tuttavia, non deve spaventare: innanzitutto, perché esiste un precedente, che i mercati hanno saputo rielaborare e digerire; e poi perché – come il presidente Trump ci ha abituati – questo può essere l’inizio, e non la fine, di una contrattazione.

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Come sempre, per essere certo di mettere correttamente a fuoco il contesto e le relative opportunità, devi prenderti il giusto tempo e, soprattutto, confrontarti con il tuo Consulente Finanziario.



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