Risponde solo per dolo o colpa grave il delegato alla vendita nell’espropriazione forzata

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Nello Studio n. 67-2024/PC, il Consiglio nazionale del Notariato ha affrontato, tra l’altro, il problema del regime della responsabilità civile del professionista (notaio, avvocato, commercialista) per gli eventuali danni cagionati ai terzi nell’esercizio della delega per le operazioni di vendita a questi conferita nell’ambito dell’espropriazione forzata.

Innanzitutto, il contributo in esame prende posizione sulla questione, strettamente connessa e logicamente antecedente alla prima, concernente l’opportunità di attribuire al professionista delegato la qualifica di mero ausiliario o di vero e proprio sostituto del giudice dell’esecuzione. Premesso che l’interrogativo è ancora al centro di un intenso dibattito dottrinale e neppure ha ricevuto risposte univoche e sufficientemente motivate sul fronte giurisprudenziale, il Notariato si schiera apertamente a favore della tesi secondo cui il professionista delegato alla vendita va considerato alla stregua di un sostituto del giudice, a prescindere dalla circostanza che le attività concretamente espletate abbiano natura giurisdizionale in senso ampio o in senso stretto.

Quanto al regime della responsabilità civile del professionista, anch’esso assai discusso tra gli interpreti, lo Studio n. 67-2024/PC propone soluzioni diverse a seconda che il delegato alla vendita abbia posto in essere la condotta produttiva di un danno ingiusto:
– attenendosi rigorosamente al contenuto dell’ordinanza di delega e alle eventuali ulteriori indicazioni impartitegli dal delegante, anche ai sensi dell’art. 591-ter comma 1 c.p.c. (ove si prevede la possibilità, per il professionista, di rivolgersi al giudice dell’esecuzione quando nel corso delle operazioni di vendita sorgono particolari difficoltà);
– muovendosi autonomamente, ossia senza specifiche direttive da parte del giudice delegante, ma pur sempre entro i confini tracciati dall’art. 591-bis c.p.c., il quale reca l’elenco delle attività che il professionista delegato ha il potere/dovere di compiere (ad esempio: la determinazione del valore dell’immobile; la deliberazione sull’offerta; le operazioni di incanto e l’aggiudicazione dell’immobile; l’esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento; la formazione del progetto di distribuzione e la sua trasmissione al giudice dell’esecuzione);
– al di fuori dello schema legale della delega, dando così origine ad atti del tutto abnormi e in alcun modo riconducibili, per carenza di potere, al legittimo esercizio della delega (il documento richiama, a titolo esemplificativo, il caso in cui il professionista abbia aggiudicato il bene nonostante il processo esecutivo fosse stato sospeso dal giudice).

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In relazione alla prima ipotesi, per il Notariato il professionista va indubbiamente esente da ogni forma di responsabilità, posto che le attività compiute sono il frutto dell’esecuzione delle vincolanti indicazioni del delegante e, pertanto, non sono a lui imputabili. Sempre a detta dello Studio in commento, laddove il delegato si sia attenuto alle indicazioni contenute nell’ordinanza di delega, ovvero nel decreto emanato ai sensi dell’art. 591-ter c.p.c. per la risoluzione delle particolari difficoltà insorte nel corso delle operazioni, potrebbe trovare applicazione il principio espresso dalla Cassazione nella sentenza n. 25698 del 25 settembre 2024, in base al quale, in siffatte circostanze, gli atti compiuti dal professionista sono, in realtà, direttamente riferibili all’organo giudiziario, cui i terzi danneggiati dovranno indirizzare le azioni risarcitorie ai sensi della L. 117/1988, che regola la responsabilità civile dei magistrati.

Anche quando il delegato si sia autonomamente determinato, rimanendo, però, nello schema legale della delega (vale a dire nell’ambito del legittimo esercizio dei poteri di cui al già richiamato art. 591-bis c.p.c.), la responsabilità risarcitoria per i danni eventualmente arrecati ad altri dovrebbe essere regolata dalla L. 117/1988, senza alcun margine per l’applicazione dell’art. 2043 c.c., con l’ulteriore precisazione che la soluzione appena tracciata potrebbe essere sorretta:
– sia dall’adesione alla tesi di cui alla sentenza n. 25698/2024, ove si legge che, al pari degli atti compiuti nella rigorosa osservanza delle indicazioni del delegante, le attività riconducibili allo schema legale della delega sono direttamente imputabili al giudice (che sarà, dunque, chiamato a rispondere ai sensi della L. 117/1988);
– sia dalla considerazione, fatta propria dal Notariato, secondo cui, anche a voler negare la diretta imputabilità delle suddette attività al giudice, la L. 117/1988 dovrebbe trovare immediata applicazione nei confronti del delegato, non essendo ragionevole ritenere che, a fronte dello svolgimento delle medesime attività, il professionista debba rispondere per dolo o colpa ex art. 2043 c.c. e il giudice nei più circoscritti confini del dolo e della colpa grave di cui alla L. 117/1988.

Seguendo l’impostazione adottata dalla Cassazione n. 25698/2024, l’art. 2043 c.c. resterebbe, invece, operante in relazione alle ipotesi limite degli atti compiuti dal professionista in totale carenza di potere.



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