rivuole il Festival della (sua) propaganda

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Dire che il Festival di Sanremo di Conti è moscio si può, si deve, ma va distinto: noi lo rileviamo da un punto di osservazione squisitamente estetico, a dire il nulla che avvolge, degli artisti che non sono artisti, dei brani che non sono brani, per quella totale inconsistenza che imbarazza ma le più o meno avvenenti Clara, Gaia, gli Rkomi ed Effe, non si rendono conto? O sono stupide, stupidi nella loro convinzione indotta, nella loro bellezza degli asini? Non hanno il senso del patetico?

Dall’altra parte c’è l’insofferenza maligna della sinistra che rimprovera la mancanza di moralismo, di enfasi didattica, rimpiange l’orgia del populismo progressista in cui qualsiasi influencer o scappato di casa poteva venirti a dare lezioni su cosa vivere, cosa pensare. È una sinistra subintellettuale, molto sub, che invoca le Salis all’Ariston, che provoca con argomenti miserabili e del tutto cretini Cristicchi in fama di sciacallo ma non trova niente da dire sull’esibizionismo della malattia, del disagio, dei morti non spiegati, morti da baraccone.

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Il racconto di Max del Papa:

Questa sinistra si annoia al Festival non perché le importi o capisca d’arte, ma perché le manca il predicozzo sui migranti da imbarcare, a maggior ragione dopo l’ennesima strage tentata da uno dei soliti richiedenti asilo; non le basta la normalizzazione ecumenica di Conti, ne vorrebbe di più nel segno del moralismo autoritario. Conti dal canto suo non è immune, è solo più accorto, più equilibrato nel bloccare gli eccessi del passato recente: “No, qui di sermoni niente” dice con la comicona e si capisce che, fingendo di reggere la gag, sta mandando un messaggio preciso. Ma siccome Sanremo è Sanremo, ovvero bestia che neanche lui può domare più che tanto, bestia che resta nel controllo della sinistra delirante, è wokissimo quando ripete con la sua faccia da mezzo toscano: “Quando una donna dice no è no”. Per dire che le minchiate non mancano a Sanremo, sono solo arginate da un aziendalista, uomo d’ordine che assolve al suo compito con zelo burocratico. Ma ci sono, quando zio Lampada si raccomanda, ragazzi non fumate, fate ginnastica, prendete aria, fa subito venir voglia d’intossicarsi come Keith Richards.

Questa sinistra dietro la cartina di tornasole del Festival appare ignobile: si rammarica solo perché l’ennesimo balordo a Monaco pregiudica gli affari della tratta, pretende di imporre il pensiero psicotico per cui a fronte di una strage si deve reagire portando più stragisti. Quel cardinale Zuppi! Scriba e cortigiani emergono nella loro pochezza culturale, morale. Gente che se avesse una coscienza se la sentirebbe bruciare per ciò che ha detto dei “novax”, per ciò che ha fatto alle pizzaiole inermi finite suicide, latra contro una poesia per una madre che ti guarda e non ti conosce, ti scambia con tuo padre, con suo padre: Cristo, ma sono mai stati vivi, questi? Hanno mai passato una di quelle tragedie private che il poeta sa rendere universali? O si riconoscono solo in un bonifico, una paletta, una inquadratura, una stronzata?

Dire, come è stato detto, che Cristicchi viene spinto dalla regia che inquadra quelli che piangono, non è delirante, è infame perché tutta questa gente sa benissimo come funzionano le cose qui, sa quali sono i veri sponsor, sa, perché lo sa, che il podio è già più o meno definito in funzione del traino politico e pubblicitario ossia mediatico. Quindi mentono. Sì, siamo d’accordo, anche un cialtrone rapper può partecipare, il giudizio morale non inficia il diritto alla gara, Carlo Conti non è un magistrato ma un direttore artistico, risponde ad altre dinamiche, altre logiche. Ma stracciarsi le vesti per una canzone sulla demenza senile e non per gli scappati di casa che bofonchiano un recitativo penoso di cui non si capisce niente, li qualifica per quelli che sono.

Il Festival è il vuoto? Beh, ma è il vuoto di cui fanno parte. Lo alimentano e li inghiotte. Sono qui apposta e fingono di essere vivi, in effetti schiumano perché non possono più fare il solito porco mestiere che è quello della polemica sordida, malevola, cretina. Perché la polemica, se hai gli strumenti intellettuali, culturali, puoi farla in qualsiasi contesto, su qualsiasi cosa. Questi sono zero e, non avendo altri strumenti che il pretesto volgare, sbracato, autoferenziale, non potendo più usarli, tornano zero. In definitiva, gli secca non poter avere lo spazio che si sentono abituati, autorizzati a rivendicare, sono tetri lacché, rane senza pantano: almeno di questo va dato merito a Zio Lampada, anche se un merito derivativo, per eterogenesi dei fini.

Qui le solite associazioni parassitarie lanciano un penoso premio Queer per l’artista più fluido o gender ma, diversamente dalla gestione Amadeus, a ‘sto giro nessuno se li fila, fanno un buco tracotante, che però non è come quello che sognavano. Di questa roba non si sente alcun bisogno e Conti lo ha capito per primo. I parassiti dell’analfabetismo progressista stanno dimostrando che il loro è mero arrivismo, che senza le puttanate del politicamente corretto all’amatriciana tornano irrilevanti, tornano il niente che sono.

Max Del Papa, 14 febbraio 2025

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