Soci responsabili anche nel quinquennio post cancellazione

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Un ulteriore tema, non meno importante, viene trattato dalle Sezioni Unite: la possibilità, per l’ente impositore, di rivolgersi ai soci per far valere la loro responsabilità personale nei cinque anni successivi alla cancellazione.
Ovviamente, entra in gioco l’art. 28 comma 4 del DLgs. 175/2014, secondo cui “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro imprese”.

Si tratta di una norma che consente la notifica di atti di accertamento (avvisi di accertamento e di liquidazione), di riscossione (cartelle di pagamento, intimazioni ad adempiere) e del contenzioso (ricorsi, appelli) nei confronti del soggetto estinto, visto che, per fictio iuris, la richiesta di cancellazione è irrilevante dal punto di vista fiscale e contributivo.

In primo luogo, le Sezioni Unite confermano quella che, ormai, risulta essere l’interpretazione dominante. Grazie alla norma indicata “il liquidatore, oltre a ricevere le notifiche degli atti dagli enti creditori, può anche opporsi agli stessi e conferire mandato alle liti, dovendosi la dizione legislativa «atti del contenzioso» riferirsi in senso stretto e tecnico proprio agli atti del processo e della tutela giurisdizionale. Pertanto, nei casi in cui si renda applicabile l’art. 28 in esame, in deroga all’art. 2495 c.c.: «la società conserva la legittimazione attiva; il liquidatore è legittimato e gli ex soci devono considerarsi privi di legittimazione» (Cass. n. 36892 del 16 dicembre 2022; nello stesso senso, Cass. n. 6743/15; n. 4536/20; n. 18310/23)”.

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Viene confermata la tesi del Consiglio nazionale forense (documento dell’11 marzo 2015); invece, per la circ. Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2015 n. 6, § 13.4, l’atto impositivo sarebbe impugnabile dai soggetti indicati negli artt. 2495 c.c. e 36 del DPR 602/73, quindi, dai soci fiscalmente responsabili, dai liquidatori e dagli amministratori.
Il potenziale effetto della tesi confermata dalle Sezioni Unite potrebbe essere l’inammissibilità del ricorso proposto in proprio dal liquidatore (C.T. Prov. Treviso 18 giugno 2018 n. 214/3/18), soluzione forse eccessiva e contraria all’esigenza di interpretare in senso restrittivo le cause di inammissibilità.

Relativamente ai soci, le Sezioni Unite sanciscono che l’art. 28 comma 4 del DLgs. 175/2014 “non può tuttavia spingersi fino ad incidere sul regime della responsabilità patrimoniale del socio per il debito fiscale della società estinta”.
La società, sin dalla cancellazione, è ovviamente priva di patrimonio “con ciò determinandosi, in pratica, una situazione di debito senza responsabilità”.
Nonostante l’irrilevanza quinquennale della cancellazione della società, “intatta resta, per il creditore pubblico, l’esigenza di far valere, con l’avvio di nuovo e diverso procedimento amministrativo di accertamento ex art. 36 cit., la responsabilità patrimoniale degli ex soci nei limiti delle attività sociali da costoro riscosse”.

Interruzione posticipata alla fine dei cinque anni

Quindi, se da un lato per rivolgersi nei confronti dei soci il Fisco dovrà notificare apposito avviso di accertamento, dall’altro quell’avviso di accertamento non trova ostacolo nell’art. 28 comma 4 del DLgs. 175/2014 e potrà quindi essere notificato subito dopo la cancellazione della società.

Sebbene di ciò la sentenza non parli, sembra potersi sostenere che l’accertamento al socio possa essere notificato quand’anche sia pendente il processo instaurato dalla società: affermare che, necessariamente, la pretesa in capo alla società debba essere definitiva appare eccessivo, considerato che nel frattempo il socio potrebbe agevolmente (e legittimamente) spogliarsi dei suoi beni.
Per non parlare del fatto che se si accetta la tesi secondo cui l’atto al socio va notificato entro termini di decadenza, questa potrebbe inesorabilmente formarsi (per la giurisprudenza, gli atti ex art. 36 del DPR 602/73 sono tuttavia soggetti a prescrizione).

Considerato che il debito del socio dipende dalla fondatezza del processo “a monte” relativo al debito sociale, il processo instaurato dal socio potrebbe essere sospeso in attesa che termini quello instaurato dalla società (processo che, decorsi i cinque anni, potrebbe essere ripreso dagli stessi soci in qualità di successori dell’ente estinto a seguito dell’interruzione dovuta alla cancellazione della società dal Registro imprese).



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