La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 4145 depositata il 31 gennaio 2025, intervenendo in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, ha ribadito il principio, applicabile ai reati tributari, secondo cui “tra le condotte susseguenti al reato, che per effetto della novella dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, ma che tuttavia possono essere valorizzate nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma 1. cod. pen., vi è anche l’integrale o anche parziale adempimento del debito tributario con l’Erario, anche attraverso un piano rateale concordato con il Fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali” (Sez. 4, n. 14073 del 5/3/2024, Campana).”
La vicenda ha riguardato un contribuente accusato del reato di dichiarazione infedele, art. 4 del d.lgs. n. 74/2000, per aver dissimulato la cessione onerosa di quote compiuta dal ricorrente (in adempimento della restituzione di finanziamenti ricevuti), per scopi esclusivamente fiscali (“Onde fruire delle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 3 comma 4 ter del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990 n. 34, i contraenti hanno tuttavia stabilito di regolare formalmente attraverso un contratto di donazione la cessione delle azioni suddette”). Il Tribunale condannava il contribuente per il reato ascritto. La Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale, rideterminava nella misura del dispositivo la pena irrogata. L’imputato, avverso la decisione di secondo grado, proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi, ed in particolare per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 131-bis pen.
I giudici di legittimità annullavano senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato era estinto per prescrizione.
Per gli Ermellini la Corte di appello “non ha considerato il comportamento successivo al reato che, a seguito del lgs. n. 150 del 2022, deve esser valutato nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, rilevando ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo (anche con riguardo ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della novella, come affermato – tra l’altro – da Sez. 1, n. 30515 del 2/5/2023, Muftah, Rv. 284975). Il principio, peraltro, è stato già affermato proprio con riguardo ai reati tributari“
Il Supremo consesso evidenzia come “il legislatore oggi assegna al pagamento di quanto dovuto, sempre nell’ottica dell’art. 131-bis cod. pen., occorre infine richiamare l’art. 13, lgs. n. 74 del 2000, per come novellato dal d. lgs. 14 giugno 2024, n. 87. Nella norma, infatti, è stato inserito il comma 3-ter, in forza del quale “ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto al comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria; c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14“.”
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