La raccolta della prova documentale fondante la domanda attorea, per la quale vi sia stata istanza di esibizione, può essere demandata al consulente tecnico nominato dal giudice.
Si tratta della consulenza tecnica “percipiente”, ossia acquisitiva di elementi probatori, diversa da quella “deducente” con cui il consulente fornisce una valutazione di elementi acquisiti.
La modalità non è illegittima se non viola l’onere probatorio che grava sulle parti e che venga assolto con tempestiva istanza di esibizione al giudice ex articolo 210 del Codice di procedura civile.
Su tale questione si fonda l’accoglimento del ricorso da parte della Cassazione civile con la sentenza n. 3947/2025.
I giudici di legittimità hanno infatti casssato la decisione di appello che aveva annullato quella di primo grado per l’irrituale raccolta di elementi probatori a opera del Ctu, invece di essere forniti in giudizio dalla parte o a seguito di accoglimento della propria istanza affinché il giudice ordini alla controparte o a un terzo l’esibizione del documento indicato come rilevante dallo stesso istante.
Nel caso concreto la parte attrice vantava un diritto di rendicontazione sul bene immobile posseduto in comunione legale col marito separando. In effetti, era stato lo stesso Ctu nominato dal giudice di primo grado ad avere ottenuto da parte dell’Agenzia delle entrate la documentazione necessaria a provare la messa a reddito del bene da parte dell’ex coniuge che godeva ancora del possesso del bene comune o a valutarne in termini economici l’uso diretto da parte dello stesso.
La Cassazione nel decidere il ricorso ha colto l’occasione per dettare uno specifico principio di diritto: «In materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente tecnico d’ufficio, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire su incarico del giudice i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, per i quali le parti avevano presentato tempestiva istanza istruttoria richiedendo l’ordine di esibizione ex art.210 c.p.c. al fine di provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni, che è onere delle parti provare, senza che tale attività incorra nella sanzione da nullità relativa ex art.157 c.p.c.».
Per la Cassazione l’acquisizione da parte del Ctu dei documenti indicati dalla parte presso l’Entrate non ha determinato la nullità relativa che scatta in caso non sia la parte ad adempiere all’onere probatorio su di essa gravante.
La Ctu ha infatti sopperito all’impossibilità della parte privata di produrre documenti cui non aveva accesso diretto, in quanto non rientranti nella propria sfera giuridica e in possesso di una pubblica amministrazione.
Domanda di rendiconto
A seguito dell’annullamento con rinvio la Corte di appello dovrà procedere a un nuovo e compiuto esame sulla sussistenza dei presupposti giuridici che danno diritto alla rendicontazione. E quindi dovrà tener conto delle risultanze istruttorie così come raggiunte dal giudice di primo grado attraverso l’espletamento della Ctu non affetta dalla nullità invece affermata con la sentenza di secondo grado ora annullata. La materia oggetto di accertamento nello specifico riguarderà le somme incassate dalla controparte in relazione al bene comune e al corrispondente diritto alla rendicontazione da parte della ricorrente che aveva innescato la domanda giudiziale.
In via generale, il diritto alla rendicontazione scaturisce in base al presupposto che una parte sia obbligata – in base alla legge o a un accordo negoziale – di rendere il conto all’altra parte rendendo palese il risultato della propria attività incidente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, in quella altrui e nella propria.
Perciò – in caso di contestazioni sulla situazione giuridica o sull’esistenza e il contenuto dell’accordo da cui discende l’obbligo – l’ordine del giudice di presentazione del conto deve essere preceduto dal suo accertamento sull’esistenza del presupposto oggetto di lite.
Nel caso in esame se l’acquisizione ha rispettato i canoni di istruzione della prova e il contraddittorio tra le parti, il giudice del rinvio dovrà tener conto dell’esito della consulenza tecnica “percipiente” in relazione ai dati direttamente emersi dai contratti di locazione acquisiti dall’Agenzia delle entrate.
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