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Nasce dal lavoro collettivo di un’intera comunità, e all’intera comunità è rivolto come valore sociale, culturale ed economico. Con un progetto architettonico che integra simbologia e rispetto del contesto ambientale e paesaggistico. Il centro artigianale Chaki Wasi di Shalalà, nelle Ande ecuadoriane, completato nel 2024, è firmato dagli architetti Marie Combette e Daniel Moreno Flores dello studio La Cabina de la Curiosidad di Quito (Ecuador), ma a realizzarlo hanno contribuito gli abitanti e gli artigiani locali.
Il sito di costruzione si trova in un’area di grande pregio turistico e ambientale, sulla sommità della laguna di Quilotoa, caratterizzata dalle acque turchesi all’interno di un cratere vulcanico situato a 3915 metri sul livello del mare. La comunità indigena di Shalalá promuove un turismo sostenibile in simbiosi con la natura e con un’attenzione particolare alla tutela e al rispetto dell’ambiente grazie alla dotazione di infrastrutture turistiche sostenibili, come la piattaforma in legno che offre un affaccio belvedere sulla laguna.
Per la scelta dei materiali e della composizione architettonica il nuovo centro artigianale Chaki Wasi ricalca questo percorso e rafforza ancora di più la coesione sociale offrendo a ogni artigiano la stessa opportunità di esposizione e vendita all’interno della pianta circolare, mentre la piazza centrale, acciottolata, diventa uno spazio per eventi e feste pubbliche. Con una visione di rigenerazione della terra comunitaria, una vita in armonia con la natura, e la visione del futuro basata sulla saggezza e sulla conoscenza del territorio.
Innovazione nella tradizione
Nella lingua kichwa, Chaki Wasi significa casa di paglia costruita dal pavimento al soffitto. Il centro artigianale consiste in una costruzione a pianta circolare, con due aperture perimetrali che consentono l’accesso alla piazza interna.
A caratterizzarne l’aspetto esterno verso il paesaggio naturale è la grande copertura rivestita in paglia. Il progetto per il centro Chaki Wasi trova la propria ispirazione nella cultura costruttiva andina, in primo luogo attraverso l’utilizzo delle tecniche vernacolari tradizionali.
E guarda oltre, proponendosi come supporto educativo per far conoscere un modo di vivere diffuso e radicato nel paesaggio locale ecuadoriano. A esprimere la forza del legame fra esseri umani e natura, sotto l’insegna più ampia della sostenibilità e del basso impatto ambientale delle attività antropiche, è in primo luogo la scelta accurata dei materiali e delle tecniche utilizzate per la realizzazione del manufatto architettonico.
Per le fondamenta e la pavimentazione interna dello spazio sono state utilizzate pietre di fiume. Il materiale impiegato per la costruzione della struttura portante del manufatto è il legno di eucalipto legato con cabuya (fibra che proviene dal penco) e sostenuto con grandi tasselli di chaklla, ottenuti dal legno di eucalipto giovane. La manualità artigianale nel settore della lavorazione del legno ha fatto la differenza per l’assemblaggio dei diversi componenti.
Il martello per inchiodare i tasselli era costituito da un grande mazzuolo di legno; tutti i tamponamenti sono stati realizzati con l’impiego di chaklla.
Sono sempre realizzati con elementi lignei e le stesse tecniche costruttive anche i banchi espositivi a disposizione degli artigiani. La copertura del tetto, che sui lati esterni del centro scende fino al terreno seguendo la forma del manufatto a pianta circolare troncoconica, è realizzata in paglia.
Dal cantiere al territorio
Il cantiere di costruzione del centro Chaki Wasi non ha permesso solo di realizzare un nuovo manufatto architettonico, ma è stato lo spazio sensibile per promuovere un lavoro sviluppato secondo un approccio di comunità che ha premiato la partecipazione attiva delle persone.
I responsabili che sono stati attivi sul sito del cantiere hanno lavorato secondo un turno di rotazione che variava di settimana in settimana, e nel corso delle operazioni tra le donne, gli uomini e i giovani coinvolti nel processo si sono tenute minga permanenti, le antiche pratiche culturali diffuse soprattutto nelle regioni andine, basate sulla promozione di azioni collettive per il bene comune, la sopravvivenza e lo sviluppo all’insegna di solidarietà e reciprocità.
In questo solco si è mosso anche il reperimento dei materiali da costruzione; in particolare, per ottenere legno e paglia sono stati avviati legami tra Shalalà e le diverse comunità vicine presenti sul territorio. L’opera è il frutto di uno sforzo collettivo, dove ogni gesto è stato improntato alla cultura e alla cosmovisione andina: tutto il materiale utilizzato nel cantiere è stato costruito a mano attraverso l’uso di piccoli attrezzi, mentre il montaggio in loco dei moduli strutturali è avvenuto con il contributo di tutti i partecipanti grazie all’impiego di corde per il sollevamento e il posizionamento dei componenti.
Un particolare valore simbolico è stato attribuito al gesto del posare la paglia sulla copertura del centro, che si è tradotto in un momento importante di trasmissione collettiva del sapere costruttivo vernacolare.
Lavoro di squadra
Il progetto per il centro Chaki Wasi è l’esempio di un’esperienza di trasmissione intergenerazionale della conoscenza e della cultura, nei modi di procedere, nei riti e nei costumi. Grazie al processo condiviso di costruzione di un manufatto sia per la sua conformazione simbolica, sia per le modalità di utilizzo e fruizione dello spazio al servizio delle attività artigianali locali.
A dimostrazione che la cultura è sostenuta e valorizzata da approcci come la co-progettazione, la co-costruzione e la democratizzazione dell’architettura, come bene fondamentale per lo sviluppo umano e l’ambiente.
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