Nel 2023 un cittadino in Alto Adige ha speso mediamente 836 euro pro-capite (media Italia € 730 pro-capite) per curarsi. Il dato emerge dal report “La spesa sanitaria privata in Italia nel 2023” della fondazione GIMBE.
Il 5,1% ha rinunciato alle cure nel 2023 (media Italia 7,6%; dati ISTAT anno 2023).
I dati del Trentino
La spesa sanitaria pro-capite in Trentino (al 1° gennaio 2023) è pari a 844 euro. La rinuncia alle cure nel 2023 ha riguardato il 5,4% dei cittadini.
In generale le Regioni con migliori performance nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) hanno registrato una spesa pro-capite superiore alla media nazionale, mentre quelle del Mezzogiorno e/o in Piano di rientro si collocano al di sotto. Questo dato conferma sia che il livello di reddito è una determinante fondamentale della spesa out-of pocket, sia che il valore della spesa delle famiglie – al netto del sommerso – non è un parametro affidabile per stimare le mancate tutele pubbliche, perché condizionato dalla capacità di spesa individuale.
I dati in Italia
In un contesto di crescenti difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la spesa sanitaria delle famiglie a livello nazionale ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, registrando un incremento del 26,8% tra il 2012 e il 2022.
Tuttavia, la spesa out-of-pocket (ossia quella che comprende tutte le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini che prevedono un esborso di denaro da parte dell’utente) non rappresenta un indicatore affidabile per valutare le mancate tutele pubbliche, sia perché circa il 40% riguarda prestazioni a basso valore, sia perché è frenata dall’incapacità di spesa delle famiglie e dalla rinuncia a prestazioni per reali bisogni di salute. Di conseguenza- per GIMBE – l’ipotesi ventilata dalla politica di ridurre la spesa out-of-pocket semplicemente aumentando quella intermediata da fondi sanitari e assicurazioni non appare realistica.
Lo studio ha analizzato il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa.
«L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al SSN. L’impossibilità di accedere a cure necessarie a causa delle interminabili liste di attesa determina un impatto economico sempre maggiore, specie per le fasce socio-economiche più fragili che spesso non riescono a sostenerlo, limitando le spese o rinunciando alle prestazioni».
Le fonti dell’indagine
In Italia, la spesa out-of-pocket è rilevabile attraverso quattro dataset istituzionali: tre dell’ISTAT (SHA, Conti Nazionali e indagine campionaria sulle famiglie) e il Sistema Tessera Sanitaria, che raccoglie i dati per la dichiarazione dei redditi precompilata. Questi dataset differiscono per metodologia di raccolta dati, fonti e livello di dettaglio analitico, determinando variazioni nell’entità della spesa out-of-pocket e nelle categorie che la compongono.
Il confronto con l’Europa
La spesa sanitaria out-of-pocket pro-capite, pari a $ 1.115, supera sia la media OCSE che quella dei paesi UE (entrambe pari a $ 906), con una differenza di $ 209. Tra gli stati membri dell’UE, solo Portogallo, Belgio, Austria e Lituania spendono più dell’Italia (figura 5). Tuttavia, l’Italia resta nettamente indietro rispetto agli altri Paesi europei per quanto riguarda la spesa intermediata; con un valore pro-capite di $ 143, il dato italiano è meno della metà della media OCSE ($ 299) e ben al di sotto della media dei paesi UE ($ 262). Tra gli stati membri dell’UE, ben 12 spendono più dell’Italia, con differenze che vanno dai +$ 33 della Danimarca ai +$ 688 dell’Irlanda, mentre altri 9 paesi spendono meno: dai -$ 5 della Grecia ai -$ 116 della Repubblica Slovacca.
Per cosa spendono gli italiani
Secondo i dati ISTAT-SHA, le principali voci di spesa sanitaria delle famiglie includono l’assistenza sanitaria per cura (comprese le prestazioni odontoiatriche) e riabilitazione, che rappresenta il 44,6% del totale (€ 18,1 miliardi). Seguono i prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici (36,9%, pari a € 15 miliardi) e l’assistenza a lungo termine (LTC), che assorbe il 10,9% della spesa complessiva, per un totale di € 4,4 miliardi.
Rinuncia alle cure
La spesa sanitaria delle famiglie è sempre più “arginata” da fenomeni che incidono negativamente sulla salute delle persone: limitazione delle spese sanitarie, che nel 2023 ha coinvolto il 15,7% delle famiglie, indisponibilità economica temporanea per far fronte alle spese mediche (5,1% delle famiglie nel 2023) e rinuncia alle cure. In particolare, nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici, di cui 2,5 milioni per motivi economici, con un incremento di quasi 600.000 persone rispetto al 2022. Le differenze regionali sono marcate: 9 Regioni superano la media nazionale (7,6%), con la Sardegna (13,7%) e il Lazio (10,5%) oltre il 10%. Al contrario, 12 Regioni si collocano sotto la media, con la Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli Venezia Giulia che registrano il valore più basso (5,1%).
Sanità integrativa
La spesa intermediata attraverso fondi sanitari, polizze individuali e altre forme di finanziamento collettivo rimane limitata: nel 2023 ammonta a € 5,2 miliardi, ovvero il 3% della spesa sanitaria totale e l’11,4% di quella privata. «Il ruolo integrativo dei fondi sanitari rispetto alle prestazioni incluse nei LEA – commenta Cartabellotta – è limitato da una normativa frammentata e incompleta e la spesa intermediata compensa solo in parte il carico economico sulle famiglie». Dal report emergono due dati di particolare rilevanza. Il primo è che il 31,6% della spesa intermediata viene assorbito dai costi di gestione, mentre poco meno del 70% è destinato a servizi e prestazioni per gli iscritti. Il secondo evidenzia che tra il 2020 e il 2023 i fondi sanitari integrativi hanno progressivamente aumentato le risorse destinate all’erogazione di prestazioni, riducendo il margine rispetto alle quote incassate. «In altri termini – continua il Presidente – la crisi della sanità pubblica e, soprattutto, la sua incapacità di garantire prestazioni tempestive stanno spostando sempre più bisogni di salute sui fondi sanitari, mettendo a rischio la loro stessa sostenibilità».
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