La Commissione europea inizia un percorso di consultazioni per semplificare CSRD, CSDDD e Tassonomia Ue. Le imprese e le associazioni partecipanti alle round table di discussione cercano proposte concrete per disinnescare gli adempimenti introdotti, dopo 5 anni di lavoro, dalle attuali direttive.
L’input del revisionismo ESG parte, lo scorso novembre, su impulso della stessa Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, con un pacchetto normativo noto come “Regolamento Omnibus”, all’interno della Bussola della competitività (Competitiveness Compass), ispirata alla relazione Draghi. L’ex primo ministro italiano, infatti, era stato incaricato di effettuare una diagnosi del futuro della competitività europea fornendo raccomandazioni utili a recuperare una concreta traiettoria verso una maggiore competitività dell’UE. Secondo il Compass, l’Europa deve diventare il fulcro delle tecnologie, dei servizi e dei prodotti puliti, ceduti in un mercato ispirato alla neutralità climatica.
La semplificazione diventa una esigenza irrinunciabile per recuperare competitività e migliorare l’efficienza: il peso amministrativo che gravita sulle imprese deve diminuire almeno del 25% per le aziende e del 35% per le Pmi.
È evidente che l’esigenza di rendere i processi più efficienti, insieme alla riduzione degli oneri burocratici, potrebbe portare a una deregolamentazione che rischia di compromettere i primi risultati ottenuti dal nuovo paradigma ESG. Un’azione di questo tipo potrebbe causare una diffusa incertezza normativa e un inevitabile rallentamento degli obiettivi fissati dal Green Deal europeo.
Sulla tematica interviene nei giorni scorsi anche l’Organismo italiano di Contabilità (OIC), con un comunicato ad hoc in cui si sollecita una semplificazione radicale volta a migliorare l’efficacia dei report di sostenibilità. L’esortazione dell’OIC mira a creare una disclosure imperniata su aspetti ESG essenziali, favorendo in particolar modo le PMI che rappresentano l’asse portante del sistema economico italiano ed europeo.
L’Organismo propone di introdurre una categoria di “mid-companies” e di posticipare l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione.
La delimitazione dimensionale delle aziende suddette sarebbe indicativamente di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di ricavi. Oltre al requisito dimensionale, l’Oic suggerisce uno slittamento dell’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione per le imprese diverse da quelle grandi, in modo da consentire la formalizzazione di standard semplificati, necessari a ridurre i costi di compliance.
Il revisionismo dell’OIC colpisce anche concetti chiave del paradigma di sostenibilità come la “doppia materialità” e l’estensione degli obblighi di reporting all’intera “catena del valore”, percepiti come astratti e macchinosi da implementare.
L’Organismo si propone di migliorare la qualità dell’informazione, rendendola più concisa e diretta, riducendo al contempo la burocrazia.
A sostenere le ragioni dell’OIC è intervenuta anche Assonime con il Position Paper 1/2025 dello scorso 5.2.2025. L’Associazione rileva che, in Europa, vi è una forte discriminazione tra i Paesi che hanno recepito la CSRD e quelli che non hanno ancora provveduto. Le imprese italiane, infatti, si trovano a competere con quelle di paesi evoluti come Germania, Spagna e Paesi Bassi che non avendo ancora recepito la direttiva CSRD possono evitare gli oneri della rendicontazione di sostenibilità, pur partecipando al medesimo mercato unico. Le procedure di infrazione irrogate a questi paesi inadempienti di certo sono una effimera consolazione per chi, invece, ligio alla legge, è tenuto ai nuovi adempimenti di rendicontazione ESG.
Le conclusioni critiche di Assonime giungono a suggerire di differire l’adozione delle informative sulla sostenibilità all’esercizio 2027 (con pubblicazione nel 2028) per le grandi imprese non tenute alla DNF come le società non quotate. L’Associazione auspica, inoltre, una semplificazione degli obblighi informativi, ritenuti eccessivamente complessi ed onerosi.
In direzione inversa, tuttavia, si sono coalizzate importanti imprese francesi (come Amundi, L’Oreal e Carrefour) e diverse multinazionali (come Ferrero, Nestlé, Primark e Unilever) esortando la Commissione a perseverare gli standard ESG necessari a mantenere la stabilità economica ed il quadro normativo di riferimento della sostenibilità.
Il rischio concreto è che la discussione su normative già concordate e adottate inneschino nuove negoziazioni che portino al ribasso le conquiste raggiunte ed il sostegno alla finanzia sostenibile, creando nuove incertezze e una crescente sfiducia degli investitori.
La semplificazione così interpretata si tradurrebbe in un passo indietro negli standard normativi di sostenibilità, diventando un annacquamento regressivo degli obiettivi originariamente proposti.
La Commissione esporrà la prima versione dell’Omnibus il prossimo 26.2.2025.
Il futuro della rendicontazione di sostenibilità potrebbe subire un forte rallentamento e le decisioni prese avranno un impatto significativo sul panorama normativo e sulla fiducia nel mercato. È opportuno che le istituzioni e le imprese collaborino per preservare e rafforzare gli obiettivi di sostenibilità, evitando qualsiasi arretramento che possa minare i progressi conseguiti.
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