La sezione speciale per “giovani adulti” al carcere della Dozza – Zic.it

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Il decreto Caivano ha prodotto l’esplosione degli Istituti Penali Minorili, ha fatto aumentare le fattispecie di reato per le quali i ragazzi possono essere reclusi. Il provvedimento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria previsto per la casa circondariale di Bologna deve essere fermato.

17 Febbraio 2025 – 10:04

Un “carcere speciale” per ragazzi che hanno commesso reati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni: questa sarebbe la definizione più corretta per descrivere il progetto che il ministero della Giustizia ha in mente di “sprigionare” nel carcere della Dozza. Parliamo dell’apertura di una sezione all’interno del penitenziario bolognese destinata a cosiddetti “giovani adulti problematici” provenienti da tutti gli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) italiani. Il loro numero non è certo: si parla a volte di cinquanta, a volte di settanta. Si tratta di ragazzi condannati da minorenni la cui pena sfora il diciottesimo anno d’età.

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La legge prevede che gli Ipm debbano assicurare l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, quali la custodia cautelare o l’espiazione della pena per ragazzi che abbiano compiuto reati da minorenni e, quando nell’esecuzione della condanna, superino il limite della maggiore età, possano essere custoditi negli Istituti Minorili fino a 25 anni.

Questo è avvenuto fino all’entrata del cosiddetto “Decreto Caivano”, convertito in legge nel mese di novembre del 2023, emanato dal governo Meloni a fronte di una dichiarata “emergenza criminale minorile” che confligge con i dati (Istat) sui minori denunciati all’autorità giudiziaria, che evidenziano un andamento oscillatorio che ha visto i numeri relativi al 2022 completamente in linea con gli anni precedenti. Nel giro di pochi mesi l’“effetto Caivano” ha produtto quasi il raddoppio delle presenze di ragazzi negli Ipm facendo esplodere quasi tutti gli Istituti. La nuova legge è intervenuta sul sistema della giustizia penale minorile italiana (che a detta di molti giuristi era tra le più avanzate d’Europa) attraverso varie misure che hanno prodotto un vero e proprio contraccolpo “carcero-centrico” in spregio alle cosiddette “pene di comunità” e alla territorializzazione dei processi educativi. Sono state aggravate le pene detentive anche per reati lievi in materia di stupefacenti e sono stati ampliati tutti i presupposti della custodia cautelare in carcere.

Il Decreto Caivano ha scardinato uno degli strumenti cardine dell’ordinamento penale minorile: la “messa alla prova”. Una misura che era stata inserita nell’ordinamento in un’ottica universalistica, aperta ad ogni tipo di imputato minorenne e per qualunque reato, che sospendeva il procedimento penale per un periodo di tempo in cui il minore avrebbe dovuto seguire un progetto predisposto dal Servizio sociale minorile ministeriale, che influiva anche in termini di abbattimento della ricaduta del sistema penale. Il Decreto Caivano ha fortemente depotenziato la “messa alla prova”, escludendola per i reati più gravi (quelli di più forte impatto sociale). Quindi, in Istituti super-affollati, sono emerse figure di ragazzi “non educativamente recuperabili” attraverso progetti sociali, terapeutici e psicologici.

Bene, queste figure di “giovani adulti problematici” saranno raggruppate a Bologna in un unico luogo di reclusione in una sezione del carcere della Dozza.

Non si tratta di un’ipotesi di lavoro del Ministero della Giustizia, ma di un percorso già avviato e supportato non solo dalle tante voci critiche che si sono sentite queste settimane, ma già da atti concreti. Uno di questi è il reclutamento di 50 agenti penitenziari che saranno destinati alla “sezione di reclusione giovanile”, con una “diaria” speciale di 100 euro giornalieri in più dell’ordinario stipendio.

La sezione dei “giovani adulti” sarebbe installata nei due reparti dell’attuale Sezione Penale, dove sono reclusi detenuti “definitivi” con pene superiori ai cinque anni: uno degli luoghi di maggiore “equilibrio” all’interno della casa circondariale bolognese, dove i detenuti nell’arco della giornata possono usufruire di spazi lavorativi, di studio (due biblioteche) o di attività sportive (un campo da calcio e una palestra).

Tutti questi detenuti verrebbero dislocati nell’attuale sezione di Alta Sicurezza (con lo spostamento degli “AS” in altre carceri) dove è impossibile svolgere le attività che abbiamo appena descritto, aggravando così le condizioni di detenzione per persone che, in larga parte, devono rimanere dietro le sbarre per molto tempo.

E’ abbastanza semplice comprendere come una situazione di questo tipo vada ad aggravare una situazione già molto pesante presente nel carcere bolognese, soprattutto nelle sezioni giudiziarie, con detenuti costretti a vivere in perenne stato di sovraffollamento, con percentuali di tossicodipendenza elevatissime che si assommano a problemi di salute fisica e mentale in continuo aumento.

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Non si tratta di gridare al lupo al lupo, ma di dire che quella che si sta approtando da parte del governo è una vera e propria follia. L’hanno detto e gridato in molti in queste settimane, persone e realtà che svolgono compiti differenti, anche da ambiti impensabili. Vedremo se tutti questi soggetti saranno in grado di fermare un provvedimento che dà sempre più l’idea di come la carcerizzazione sia la strada maestra (l’unica) che l’esecutivo, guidato da Giorgia Meloni e coperto sul fronte della giustizia da un “garantista” strampalato come Nordio, ha imboccato fin dal suo insediamento per affrontare le varie problematiche sociali presenti nei territori.



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