Pubblica amministrazione: la formazione ora ha la sua “carta dei valori”

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Produzione di valore pubblico e di valore per le persone al centro della Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione del 14 gennaio 2025

Nuovi obiettivi quantitativi per la formazione

Il 14 gennaio 2025, il Ministro per la pubblica amministrazione ha emanato una nuova Direttiva in materia di formazione e sviluppo delle competenze del personale pubblico. C’era bisogno di una nuova Direttiva, dopo quella del 23 marzo 2023?

Il precedente atto di indirizzo del 2023 aveva posto l’attenzione sulla necessità di rafforzare il “ciclo di gestione della formazione”, fragile in molte amministrazioni, grazie alla sua nuova “collocazione strategica” nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO), l’affinamento degli strumenti tecnico-metodologici di rilevazione e analisi dei fabbisogni formativi e l’ampliamento dell’offerta formativa. Sulla spinta di questa Direttiva e delle iniziative attuate per l’implementazione degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono stati fatti importanti passi in avanti nello sviluppo delle competenze del personale pubblico, in termini di iscritti a percorsi formativi e formati.

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La necessità di un salto di qualità nella formazione

Si può fare di più, si deve fare di più, considerato che, come chiarisce la nuova Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione del 14 gennaio 2025, la formazione è semplicemente obbligatoria perché necessaria: costituisce una indispensabile e imprescindibile azione di accompagnamento e promozione dei processi di riforma e di innovazione delle amministrazioni, a partire da quelli funzionali all’attuazione del PNRR, dai quali ci si attende significativi elementi di discontinuità in termini di incremento delle performance pubbliche. Di qui l’asticella dell’obiettivo formativo individuale, per dirigenti e dipendenti, che si alza, toccando “quota 40 ore/anno”, a partire dal 2025.

Per conseguire questo nuovo, sfidante obiettivo quantitativo, la Direttiva propone un salto di qualità della formazione, che deve avere un “respiro strategico”, sostenuto anche da una diversa narrazione, all’interno e all’esterno delle amministrazioni: “Valorizzazione delle persone e produzione di valore pubblico attraverso la formazione”.

Formazione e creazione di valore pubblico

La proiezione della formazione nella prospettiva della produzione di valore pubblico cambia la sua prospettiva, a partire dalla sua visione “funzionalista”.

La formazione e lo sviluppo delle competenze del personale pubblico costituiscono, indubbiamente, un catalizzatore della produttività e dell’efficienza organizzativa e, quindi, una determinante della produzione di valore pubblico. Tuttavia, come afferma la Direttiva del 14 gennaio 2025, piegare il “fattore lavoro” alla sola funzionalità rispetto ad obiettivi di performance e di valore pubblico finirebbe per promuovere una visione del lavoro pubblico assai restrittiva.

La dimensione “valoriale” della formazione

La formazione prima di tutto crea valore per le persone, rende le amministrazioni più efficaci (anche) perché migliora le persone che vi lavorano. Far sentire le persone “buoni professionisti” è una dimensione di performance che non deve essere trascurata: essa rappresenta, infatti, un tipo di motivazione non monetaria che incentiva i dipendenti a svolgere al meglio i propri compiti e farsi carico – sentendosi adeguati e preparati – delle responsabilità connesse alle loro attività.

Muovendo da queste considerazioni, appare chiaro come la formazione non possa pertanto risolversi in una questione eminentemente tecnica. Occorre che le persone e le amministrazioni si approprino della dimensione “valoriale” della formazione, aumentando ovvero migliorando la consapevolezza del fatto che le iniziative di sviluppo delle conoscenze e delle competenze devono produrre valore per tre insiemi di soggetti: le persone stesse che lavorano nelle amministrazioni, quali beneficiari diretti delle iniziative formative; le amministrazioni nel loro complesso; i cittadini e le imprese quali destinatari dei servizi erogati dalle amministrazioni.

Recuperare la motivazione alla formazione

È necessario, pertanto, che tutte le amministrazioni rafforzino le politiche di gestione delle risorse umane, operando in modo da recuperare la motivazione alla formazione (rispetto a tutte le opportunità formative, non solo quelle rese obbligatorie dalle norme) e da valorizzare appieno il ruolo della formazione come fattore motivante all’azione pubblica.

Al di là dei decisi riflessi sulla performance, all’interno delle amministrazioni, la formazione ha un impatto fondamentale, in quanto strettamente legata alla soddisfazione, alla fidelizzazione, al benessere organizzativo e all’impegno dei dipendenti. La crescita delle persone attraverso la formazione e, più in generale, il miglioramento del loro benessere si trasforma in un significativo ritorno in termini di motivazione, senso di appartenenza e soddisfazione lavorativa, etc.; questi fattori, insieme ad altri di natura organizzativa, contribuiscono ad aumentare la produttività e, soprattutto, a promuovere un clima lavorativo positivo e coeso, alimentando un ambiente in cui le persone sono incentivate a dare il meglio di sé e a contribuire proattivamente ai compiti dell’amministrazione.

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Il valore e i valori della formazione

Per cogliere gli obiettivi di valore sopra sinteticamente indicati, la formazione deve essere “di valore” e deve ispirarsi a chiari “valori”.

Deve essere progettata, realizzata ed erogata nel rispetto di una serie di requisiti minimi, interdipendenti; tra questi, quelli desumibili dalla Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione del 14 gennaio 2025, che disegna una sorta di “carta dei valori”.

La formazione deve (dovrebbe) essere:

  • accertata, ovvero verificata quanto agli esiti di apprendimento e di ricaduta sulle attività lavorative (performance individuale e organizzativa), anche (soprattutto) ai fini della valorizzazione in sede di selezioni e progressioni.
  • universale, cioè rivolta a tutti i dipendenti delle amministrazioni, centrali e locali, e quindi inclusiva, vale a dire accessibile e fruibile per tutte le persone, a partire da quelle alle quali devono essere assicurate condizioni particolari e personalizzate di accesso e fruizione;
  • garantita, grazie al riconoscimento della formazione quale “diritto soggettivo” del dipendente e “attività lavorativa a tutti gli effetti”. Un diritto che ciascuna amministrazione e, in particolare, ciascun dirigente – che ha, prima di tutto, la responsabilità della gestione delle risorse umane – deve rendere esigibile assicurando la partecipazione attiva dei dipendenti alle iniziative formative per un numero di ore progressivamente crescenti e creando le condizioni di compatibilizzazione della formazione con l’attività lavorativa;
  • al tempo stesso, responsabile, in ossequio al “dovere del dipendente pubblico di formarsi” che si traduce in uno specifico obiettivo di performance. In questa prospettiva, le 40 ore di formazione minima per anno per dipendente fissate dalla Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione del 14 gennaio 2025, costituiscono, più che un obbligo, una “apertura di credito” da parte dell’amministrazione in favore dei dipendenti. Un credito che ciascun dipendente deve però essere intenzionato a utilizzare e capace di riscuotere, (di)mostrando un atteggiamento positivo e un orientamento proattivo rispetto alla formazione;  
  • continua (life-long learning), vale a dire non episodica e occasionale, ma assicurata alle persone dalle amministrazioni durante il loro intero percorso lavorativo e per tutta la sua durata (in fase di reclutamento; nei casi in cui il dipendente venga adibito a nuove funzioni o mansioni; nelle progressioni professionali e ai fini dell’attivazione delle c.d. “elevate professionalità”; in concomitanza con l’adozione di processi di innovazione che impattano su strumenti, metodologie e procedure di lavoro; ai fini dell’upskilling e del reskilling);
  • specifica, finalizzata a colmare i gap di competenza preventivamente individuati e, quindi, tale da consentire almeno un salto nel livello di padronanza. Ciò significa, tra le altre cose, che la formazione deve essere progressiva, secondo il ciclo continuo della rilevazione dei fabbisogni formativi – analisi dei risultati conseguiti attraverso la formazione;
  • personalizzata, concordata tra dirigente e dipendente al fine di tener conto delle esigenze organizzative e quelle di crescita e sviluppo individuale e codificata in piani formativi individuali strettamente correlati alla valutazione della performance;   
  • multi-purpose, cioè finalizzata a cogliere contemporaneamente gli obiettivi, interdipendenti, della crescita delle conoscenze delle persone, in modo da colmare le lacune di conoscenza iniziali o determinate dai progressi tecnologici e normativi, e a garantire che ogni dipendente pubblico acquisisca e preservi nel tempo una base solida di sapere coerente all’attività che deve svolgere; dello sviluppo delle competenze delle persone, in modo da facilitare l’efficacia operativa e aumentare la capacità di adattarsi ai cambiamenti nel proprio ambito lavorativo; infine (e soprattutto) della crescita della coscienza del ruolo ricoperto da ciascuna persona, in modo da comprendere (maggiormente) che il proprio operato determina un significativo impatto sui colleghi, sull’organizzazione e sugli utenti finali;
  • agile, quanto alle modalità di erogazione e di fruizione, da parte delle persone, sia a livello temporale che con riferimento agli specifici obiettivi formativi individuali. In questa prospettiva, la formazione deve essere sempre più flessibile, ovvero capace di consentire la selezione, da parte dei discenti, dei contenuti formativi più rispondenti alle proprie esigenze di sviluppo;
  • decentrata e aperta, in modo, cioè, da tener conto del fatto che le persone sono sempre più padrone del proprio processo di apprendimento, che gestiscono prevalentemente in autonomia. Un processo che si svolge, durante il lavoro, al di fuori della visione razional-centralistica della formazione erogata dall’amministrazione, e in prevalenza, al di fuori dell’orario di lavoro e delle opportunità create e offerte dall’amministrazione;



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