”Violentate decine di donne e bambini”

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Presidente della RDC: “Il mondo non si è quasi mai commosso per noi”. L’allarme dei medici: “Siamo sotto il fuoco dei ribelli”

Nel Congo, un territorio ricco di minerali preziosi e strategico per molte potenze straniere, l’avanzata dei ribelli dell’M23 prosegue senza sosta. Dopo aver preso il controllo di Goma, il gruppo armato, sostenuto dal Ruanda, ha conquistato anche la città di Bukavu, nel sud del Kivu. Un’offensiva che segna una nuova, drammatica escalation in un conflitto che insanguina da anni il Congo orientale, una regione cruciale per l’abbondanza di risorse minerarie, in particolare il coltan, fondamentale per la produzione di smartphone, computer e veicoli elettrici. Il governo congolese ha confermato che l’M23 è entrato a Bukavu, smentendo le precedenti dichiarazioni secondo cui gli accessi alla città erano stati messi in sicurezza. Attraverso un post sull’account X del ministero della Comunicazione, il governo ha assicurato di monitorare costantemente la situazione. “Contrariamente alle risoluzioni di Dar es Salaam e alle richieste di cessate il fuoco della comunità internazionale, compreso l’appello del presidente francese Macron, il Ruanda – ha dichiarato il governo congolese – prosegue nel suo piano di occupazione, saccheggio e violazione dei diritti umani sul nostro territorio”. Il governo della RDC ha puntato il dito direttamente contro il Ruanda, accusandolo di portare avanti un vero e proprio piano di occupazione e saccheggio del territorio, oltre che di gravi violazioni dei diritti umani. Per questo motivo, ha chiesto ai cittadini di restare nelle proprie abitazioni. Intanto, molti abitanti di Bukavu – ha fatto sapere “Africarivista.it” – sono già fuggiti, mentre altri stanno cercando riparo nella vicina Repubblica del Burundi. Nel frattempo, l’Unione Africana ha condannato con fermezza la situazione, chiedendo il ritiro immediato dell’M23 dalle città occupate e lanciando l’allarme su una possibile “balcanizzazione” della RDC, ovvero una frammentazione del Paese a causa dei conflitti armati. Questo perché la tensione tra Kinshasa e il Ruanda è altissima e rischia di alimentare ulteriormente la destabilizzazione dell’intera regione.


Le parole del presidente Tshisekedi contro l’Occidente

Il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Félix Tshisekedi, si è recato nel fine settimana alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, dove ha chiesto sanzioni contro il Ruanda per il suo sostegno ai ribelli dell’M23. “Il mio Paese è stato attaccato in modo ostentato – ha detto Tshisekedi – e il mondo non si è quasi mai commosso. Questo significa che qui il diritto internazionale è completamente messo in discussione”. Le autorità ruandesi hanno sempre presentato i loro interessi in Congo come uno sforzo per proteggere l’etnia, ma negano di fornire sostegno militare all’M23. Peccato che le Nazioni Unite affermino il contrario. Secondo l’ONU, infatti, circa 4.000 soldati ruandesi continuano a sostenere l’offensiva condotta dai ribelli dell’M23, che ora, per giunta, controllano i due aeroporti principali del Congo orientale, oltre alla più grande fonte di coltan al mondo. Come se non bastasse, la presa di Goma da parte dei ribelli, avvenuta alcune settimane fa, ha scatenato un’ondata di violenze, comprese aggressioni sessuali su vasta scala. 

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Karen Naimer

L’UNICEF ha registrato un drammatico aumento dei casi di stupro in città, con centinaia di donne e bambini vittime di abusi in una sola settimana di combattimenti. Tuttavia, l’agenzia delle Nazioni Unite ha avvertito che il bilancio reale delle vittime potrebbe essere molto più alto rispetto ai dati attuali. Del resto, il numero di casi di stupro trattati in decine di ospedali di Goma è quintuplicato solo nell’ultima settimana di gennaio. L’agenzia ha spiegato che le autorità sanitarie hanno segnalato 572 casi di stupro, di cui 170 riguardano bambini, nella settimana dal 27 gennaio al 2 febbraio. Questo dato è nettamente superiore alla media di 95 casi settimanali registrata nel 2024.


L’allarme dei medici intrappolati nella RDC

Sulla vicenda è intervenuta anche Karen Naimer, direttrice dei programmi di Physicians for Human Rights (PHR), una ONG fondata nel 1986 negli Stati Uniti e vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel ‘97. L’organizzazione riunisce medici, scienziati e attivisti che utilizzano la medicina e la scienza forense per documentare violazioni dei diritti umani, tra cui torture e crimini di guerra. In un comunicato pubblicato sul sito di PHR, Naimer ha denunciato che “gli operatori sanitari, il personale umanitario e le strutture ospedaliere sono sotto attacco nell’est della RDC, mentre le forze dell’M23 continuano ad avanzare, conquistando nuove aree della regione. Le strutture sanitarie, il personale medico e i pazienti – ha sottolineato – sono tutelati dal diritto internazionale”. Per questo ha ribadito che “gli operatori sanitari devono poter prestare aiuto in sicurezza alle comunità assediate, senza essere bersaglio di violenze”. E aggiunge: “I medici non dovrebbero essere costretti a evacuare i loro pazienti dagli ospedali per proteggerli da pericoli o danni. Almeno 700 persone sono state uccise e 2.800 feriti stanno ricevendo cure mediche nelle strutture della zona. Secondo l’OMS, queste cifre, probabilmente sottostimate, aumenteranno con l’arrivo di nuove informazioni”.
L’appello di Naimer prosegue denunciando i continui bombardamenti indiscriminati sulle strutture sanitarie, mentre le ambulanze sono costrette a muoversi tra le strade della città esponendosi al rischio di attacchi. “Durante la presa di Goma da parte dell’M23 e dei suoi alleati – ha spiegato Naimer – gli ospedali sono stati bersaglio di sparatorie e bombardamenti indiscriminati. I proiettili hanno colpito gli ospedali Charité e Virunga, mentre un’ambulanza dell’ospedale Charité è stata attaccata, ferendo a una gamba un medico tirocinante”. Ha poi aggiunto: “Centinaia di migliaia di persone hanno già perso l’accesso all’assistenza sanitaria negli ultimi giorni. Molte cliniche allestite nei campi per sfollati sono state chiuse, e in alcuni casi i campi stessi si trovano ora sulla linea del fronte. L’M23 ha costretto alla chiusura di diversi campi per sfollati, mentre in altri i residenti sono in fuga. Queste famiglie, già sfollate una volta, lo sono di nuovo e non hanno più accesso ai servizi sanitari di base. Tutto questo accade in un contesto di crisi sanitaria pubblica e di epidemie di malattie infettive, come mpox e colera. L’M23 deve fermare immediatamente la chiusura forzata dei campi per sfollati”.

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