I referendum promossi insieme alla Cgil da moltissime associazioni saranno presto schede su cui esprimere il voto. Non è ancora nota la data, ma si spera che per puro buon senso si unifichi la scadenza con quella del prossimo voto amministrativo. Del resto, al riguardo esistono precedenti, a cominciare dal calendario scelto in occasione del taglio dei parlamentari nel 2020.
In ogni caso, a prescindere dal giorno, siamo prossimi ad un passaggio di assoluto rilievo per la vicenda politica italiana e con prevedibili riflessi sovranazionali.
Si tratta di cinque quesiti. Quattro riguardano le questioni del lavoro: stop ai licenziamenti illegittimi; maggiori tutele per lavoratrici e lavoratori delle piccole imprese; riduzione del precariato; sicurezza sui luoghi di impiego. Infine -ma non certamente ultimo per significato- il punto intriso di antiche polemiche sulla cittadinanza per chi non è nato in Italia. Manca dalla lista il capitolo sull’autonomia differenziata, che inerisce ad un tema caldissimo e di enormi effetti diretti o collaterali: la cosiddetta secessione dei ricchi evocata dal testo del ministro Calderoli.
Quest’ultimo è stato sì ampiamente toccato dalla Corte costituzionale. Tuttavia, la stessa Corte non ha accettato – con motivazioni assai opinabili- l’opportunità dell’abrogazione richiesta da migliaia di cittadine e cittadini.
In verità , malgrado la mobilitazione mobilitate di oltre cinque milioni di persone, la cognizione dell’argomento è ridottissima e i promotori sono alla mercé di un sistema mediatico silente, a mo’ di un deserto dei tartari disegnato come eterno criterio interpretativo da Dino Buzzati.
Disattenzione o superficialità ? No. Si tratta di una ben precisa scelta politica, in quanto l’opacizzato governo di destra potrebbe subire un colpo ferale in caso di sconfitta.
L’esecutivo è sempre meno pimpante, in quanto i suoi architravi di riferimento -Unione europea e Nato – sono infragiliti e sottomessi dal ciclone dei due dittatori (così chiamati da Aldo Tortorella nel suo ultimo editoriale sul numero doppio 5/6 del 2024 di Critica marxista) Trump e Musk. Senza l’appoggio esterno dei grandi poteri del mappamondo, il re è nudo. Il governo appare per ciò che è: una mediocre propaggine periferica degli imperi, senza neppure lo smalto baldanzoso della fase ascendente. Ecco, allora, che la parte maggioritaria dell’informazione tace su un tornante tanto pieno di impatto.
Ciò vale per le diverse testate, naturalmente. L’informazione, pubblica o privata che sia la natura societaria, è un bene comune. Soprattutto lo è la componente radiotelevisiva, questa sì debitrice allo Stato dell’opportunità di trasmettere.
La Rai è persino (a osservare il palinsesto sembra strano) un servizio pubblico e dovrebbe avere tra gli obblighi essenziali il rispetto della Costituzione repubblicana, che sancisce senza dubbio che i comitati referendari sono un potere – per l’appunto- costituzionale.
La conclamata «TeleMeloni» (terminologia esatta, ancorché non piaccia a Bruno Vespa) dovrebbe uscire dal colpevole silenzio sui temi in questione. Del resto, la impressionante strisciata che percorre i palinsesti dall’alba alla notte con gli ossessivi talk darebbe facilmente l’opportunità di invitare ospiti -di pareri anche lontani- in grado innanzitutto di permettere a chi guarda e a chi ascolta di conoscere per deliberare, secondo la fortunata espressione di Luigi Einaudi. Senza simile opportunità , il quadro si fa desolante, considerando i livelli abnormi di astensionismo registrati nelle ultime tornate elettorali.
Perché siano validi i referendum abrogativi richiedono la maggioranza degli aventi diritto. Ecco. Le istituzioni competenti, dalla Commissione parlamentare di vigilanza all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sono chiamate a permettere che si possa esplicare pienamente un diritto primario. Se necessario, sarà utile accompagnare la formazione dei comitati in corso con iniziative parlamentari specifiche promosse dalle opposizioni, e pure con qualche sit in a tutela della libertà , delle libertà . Subito, non c’è tempo.
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