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I risultati del Diversity brand index 2025 saranno presentati giovedì 20 febbraio
Roma, 18 feb. (Labitalia) – Mentre l’inclusione resta sempre determinante come driver di scelta per consumatrici e consumatori nei confronti dei brand – 7 persone su 10 scelgono con convinzione marche che parlano di inclusione e altrettante non consiglierebbero quelle percepite come non inclusive – sul mercato si assiste a un effetto di polarizzazione, riflesso anche dell’attuale contesto socio-politico: da una parte il differenziale di crescita dei ricavi continua a salire a favore delle marche più virtuose e impegnate (+24% per i brand che lavorano con continuità sulla diversity, equity, inclusion & accessibility – Deia – a livello B2C e +20,1% per quelle aziende che hanno iniziato più recentemente o con minore continuità), dall’altra si registra un lieve aumento delle persone più ostili alle diversità (+3,8%).
A fronte di un percepito comune che in Italia molti brand siano impegnati sul tema (+65% quelli citati rispetto al 2023), si rileva una leggera decrescita delle forme di contatto e di coinvolgimento delle consumatrici e dei consumatori verso la Deia, accanto a una sostanziale stabilità se non un lieve incremento nei livelli di familiarità, probabilmente per un senso di saturazione da una parte e di disillusione dall’altra, poiché si ritiene che se ne parli molto ma alla fine di concreto si faccia ancora poco (o si faccia male).
Questi alcuni dei principali risultati emersi dal Diversity brand index 2025, ideato e curato dalla Fondazione Diversity e Focus Mgmt, unica ricerca italiana volta a misurare la capacità delle marche di sviluppare con efficacia a livello B2C una cultura orientata alla deia. La ricerca, realizzata nel 2024, sarà presentata integralmente giovedì 20 febbraio nel corso dell’ottava edizione del ‘Diversity brand summit – Iniziative che cambiano il mondo’, unico evento in Italia che premia le iniziative aziendali più inclusive, in streaming dalle ore 16.30 su www.diversitybrandsummit.it. Durante l’evento, verranno illustrati i 10 progetti più meritevoli realizzati dai brand nel 2024, valutati dal comitato scientifico e dal Security check committee e selezionati per la loro capacità di lavorare concretamente sulla Deia, impattando anche sulla percezione di consumatrici e consumatori: Ace, Alexa, Fastweb, Ferrovie dello Stato Italiane, Idealista, Ikea, Nuvenia, Procter & Gamble, Sephora e Tim sono le marche che hanno presentato i progetti che compongono la top 10 del Diversity brand index.
Nel corso dell’evento, condotto dalla presidente di Fondazione Diversity Francesca Vecchioni e dal chief operating officer di Focus Mgmt Emanuele Acconciamessa, patrocinato dal Comune di Milano e dall’Unione Europea e con la partnership di Extralab, saranno assegnati i Diversity brand awards a un vincitore assoluto (il brand che si è distinto per il miglior mix tra impegno intersezionale sulla Deia rivolta al mercato finale, valutato dai comitati, e percezioni di consumatrici e consumatori, rilevate attraverso la survey), a un vincitore digitale (il brand che ha utilizzato nel miglior modo la leva del digitale per fare inclusione, incontrando il riconoscimento sia del mercato e che dei Comitati) e alla marca che più di altre ha saputo costruire un’iniziativa accessibile.
Il claim scelto per l’edizione 2025 del Diversity brand summit è ‘No doubt – tutto quello che avreste voluto sapere sulla Deia ma non avete mai osato chiedere’ per rispondere a ogni dubbio sulla Deia e come rapportarsi a essa in modo corretto ed efficace nel mercato; per questo è previsto in diretta un costante Q&A con alcune domande che arriveranno direttamente dal pubblico. In un contesto sempre più polarizzato, con mercati più esigenti e informati, si affronteranno le domande più urgenti: dai trend globali alle sfide sociopolitiche, fino alle reali esigenze del business. La deia non è più un’opzione, ma una leva strategica per l’innovazione e la crescita aziendale.
“Se in America colossi come Meta, Harley-Davidson, McDonald’s, Ford, Walmart hanno deciso di abbandonare le iniziative per la diversità e l’inclusione, in Europa il contesto è profondamente diverso, grazie anche a un quadro normativo che incentiva e tutela la Deia come un asset fondamentale per la crescita economica, il benessere sociale e l’innovazione, come testimonia la promozione di policy come l’European accessibility act. D’altronde sono le nostre radici culturali: a differenza degli States, l’Unione europea si fonda proprio sul valore della diversità, tant’è che il suo motto recita ‘Unita nella diversità’”, dichiara Francesca Vecchioni, presidente di Fondazione Diversity.
“In questo contesto sociopolitico così polarizzato, oggi più che mai le iniziative Diversity devono essere al centro delle mission e dei purpose aziendali e costantemente aggiornati: solo con una visione a lungo termine è possibile generare iniziative davvero efficaci ed evitare di creare l’effetto saturazione o di rigetto verso la cosiddetta cultura woke e il politically correct. Come emerge dai dati della ricerca di quest’anno, infatti, solo i brand capaci di creare un rapporto di fiducia coi propri clienti e costruire una reputazione solida e autorevole su questo fronte sanno fare davvero la differenza sul mercato, ancora di più in questo contesto, sia in termini di innovazione (disability drives innovation) che di competitività (diversity improves performance) guadagnandone anche in termini di ricavi”, sottolinea.
“L’aumento dei brand associati dal mercato finale al concetto di inclusione è emblematico della rilevanza della deia nel contesto contemporaneo”, spiega Emanuele Acconciamessa, di Focus Mgmt. “Emerge l’esigenza di dare continuità allo sforzo delle marche. La differenza nella crescita dei ricavi registrata per i brand presenti con continuità nella Top10 del Diversity brand index dimostra i benefici di un approccio costante e coerente, rispetto a sforzi estemporanei. Nonostante talvolta il dibattito mediatico si focalizzi sui dubbi di investire sulla deia, i dati del mercato finale sono inequivocabili. Le asperità nei confronti della diversità si accentuano solo lievemente. La propensione al passaparola per i brand inclusivi dimostra ancora una volta quanto sia potente il potenziale degli investimenti sulla deia. Un’evidenza che si abbina a quanto emerge in relazione ai brand non inclusivi e a quelli neutrali: il mercato rifiuta i brand che discriminano e parla male anche delle marche che non scelgono”, dice.
“Il modo migliore – sostiene – per dissipare i dubbi, spesso strumentalizzati, è fare riferimento ai numeri e quelli del Diversity brand index sono una solida risposta, strumento che dà anche indicazioni strategiche sulle prossime attività per i brand inclusivi: puntare sulle nuove generazioni, Gen Z e Millennials, che hanno di base una sensibilità più spiccata sul tema per attivarle con azioni concrete e coinvolgenti, tangibili e ad alto impatto, per rendere il coinvolgimento più pratico. Dall’altra, occorre ridurre il percepito di disillusione, legando la comunicazione deia a risultati reali per ricostruire la fiducia di chi l’ha persa”. I risultati del Diversity brand index 2025 partono da una survey web alla quale nel corso del 2024 ha risposto un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana composto da 1.005 rispondenti, che hanno citato un numero di brand decisamente superiore rispetto al 2024 (488 contro i 295 del 2024, +65%, di cui 260 quelli emersi spontaneamente), il numero maggiore rilevato nel corso degli 8 anni della ricerca, dato che conferma la rilevanza numerica delle iniziative deia nel mercato e la sensibilità di consumatrici e consumatori.
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