Esattamente a 5 anni di distanza, Cristian Chivu torna al Mutti Training Center di Collecchio. Non da apprendista, come avvenne curiosamente proprio il 18 febbraio 2020 (clicca qui), ma stavolta da allenatore del Parma.
Da tutti ritenuto difensore d’élite, oltre che professionista serissimo e integerrimo, Cristian Chivu vanta 510 presenze in competizioni di massimo livello da calciatore (75 con la nazionale rumena, 293 con le italiane Roma e Inter); 0, invece, zero quelle da mister.
CURSUS HONORUM Ai 13 trofei vinti con le scarpette ai piedi (tra cui 1 Champions League, 3 scudetti e 3 Coppe Italia), se ne aggiunge uno soltanto, di grande prestigio, sulla panchina della Primavera dell’Inter nella stagione ’21/’22. Oltre ai 486 giorni come match analyst dell’UEFA, i 6 anni all’Inter (tra il luglio 2018 e il luglio 2024) costituiscono, finora, il curriculum in panchina dell’ex difensore che, nelle giovanili nerazzurre, ha fatto tutta la trafila dall’Under 17 fino alla Primavera, da lui guidata per 3 stagioni. La più memorabile è stata la prima, terminata con la vittoria in finale contro la Roma, per 2-1 dopo i tempi supplementari. Nel complesso, sono state 133 le partite con la Primavera interista (112 in campionato, 21 in Youth League): 62 vittorie, 40 pari e 31 sconfitte.
PRIMAVERA INTERISTA Con la leva del 2003, Chivu aveva a disposizione una rosa ricca di talento e prospetti di grande livello: pur senza disdegnare variazioni, che prevedessero il doppio trequartista nel cosiddetto “albero di Natale” o due esterni offensivi a dare l’ampiezza, quell’anno il sistema di gioco più utilizzato fu il 4-3-1-2. Il rombo di centrocampo fu disegnato per valorizzare gli inserimenti delle due mezzali, tali Cesare Casadei (capocannoniere nerazzurro di allora, con 14 gol stagionali) e Giovanni Fabbian, ora entrambi in Serie A – il primo da poco trasferitosi al Torino, mentre l’altro al Bologna –, oltre alla presenza anche dei fratelli Franco e Valentin Carboni (che, da classe 2005 giocava sotto leva).
Meno gloriosa fu la stagione 2022/’23, conclusa al 7° posto e fuori dai playoff per un soffio ma, ciononostante, la sua squadra si era distinta per una solida fase difensiva (la 4ª meno battuta del campionato). Le tribolazioni si erano riflesse anche nel passaggio di modulo, dapprima in direzione del 4-3-3, poi verso un 3-5-2, durato in realtà poche partite, per poi tornare i al definitivo 4-3-3, ove a mettersi in luce fu Francesco Pio Esposito, capocannoniere con 15 reti.
La terza e ultima stagione è stata quella in cui Chivu e l’Inter hanno perso meno partite (7) e, probabilmente, quella in cui il mister di Reșița ha ultimato la sua definizione come allenatore, sempre all’insegna del 4-3-3. Dopo aver concluso al primo posto la stagione regolare – con il miglior attacco (71 reti) e la miglior difesa del campionato (31 reti subite) –, in semifinale playoff ha prevalso il Sassuolo. Una distribuzione più diffusa delle statistiche di produzione offensiva indica un affinamento delle capacità gestionali del Chivu allenatore, oltre che un più diffuso talento in rosa, dove hanno spiccato l’ala destra Kamate (12 gol e 6 assist) e la mezzala Berenbruch (9+10), sebbene il giocatore di maggior classe rimanga De Pieri, già al debutto con la prima squadra.
BECALI, ODI ET AMO Una figura, in particolare, è legata al Chivu uomo, prima di tutto, e sportivo, poi. Quella di Giovanni Becali, noto procuratore rumeno che nel 2003 curò il trasferimento dell’allora difensore dall’Ajax alla Roma e nel 2007 dai Lupacchiotti all’Inter. «Ci sono molti trasferimenti che mi rimangono cari – aveva dichiarato Becali – ma il più caro di tutti resta quello di Chivu». E per “caro” non è da intendersi in un senso economico (furono due affari da poco meno di una ventina di milioni), bensì affettivo. Perché il legame, forte, tra agente e assistito si è col tempo lacerato fino a sfociare in accuse pesanti da parte di Becali, uno che non le ha mai andate a dire. «Chivu si comportava semplicemente come un traditore – aveva dichiarato ai portali rumeni –. Non mi ha pagato alcuna commissione, ma ho preso i soldi da Moratti. Moratti era una delle persone che mi pagava regalmente. Ma il problema non è questo. Il problema è che, non solo che mi ha tradito, ci ha traditi nel momento in cui eravamo malati, quando ci è successo qualcosa. Quando allora si poteva dire “Beh, io sono qui”». E ancora: «È venuto al matrimonio di Ianis [Hagi, ndr]. Ha baciato il suo padrino, la sua madrina, mi ha salutato – riporta ProSport.ro –. Non voglio più sapere niente di lui per il modo in cui si comportava. Perché ci ha traditi con un italiano che era il mio assistente, il mio autista». Il riferimento è a Pietro Chiodi (della Soccer Management), divenuto agente FIFA dal 2010, convinto proprio dall’amico Chivu. Chissà che a Parma, con Mihaila e Man (assistiti da Becali) in squadra, non si possano ricucire i vecchi rapporti all’insegna dell’obiettivo comune: restare in Serie A.
CALCIO «PLASTICO» Il profilo di Chivu si delinea come quello di un allenatore aperto al cambiamento, disposto ad adeguare la sua proposta di gioco ai giocatori a disposizione: lo dimostra la varietà in fatto di ruoli dei giocatori più valorizzati, dove comunque risalta il lavoro sulle mezzali o, più in generale, i centrocampisti. La «plasticità» di Chivu si nota anche dall’exploit, nella seconda stagione, di Esposito: nell’unico anno con un centravanti di elevata caratura, Chivu ha saputo esaltarne le doti, adattando un gioco vincente e modellato sugli inserimenti dei centrocampisti a uno più improntato a sfruttare la propria punta. Altro tratto saliente la fase difensiva da manuale, sempre tra le migliori (se non la migliore) del campionato.
PRIMA VERA IN A Nel complesso, sono tutte caratteristiche che al Parma attuale servono come l’ossigeno e sembrano ben sposarsi con le caratteristiche dei giocatori in rosa, ancora in attesa che una mano d’artista riesca a dar luce all’anima racchiusa nel marmo grezzo gialloblù. Va in questa direzione l’anno e mezzo di contratto riservato a Chivu, comunque anch’egli tutto da scoprire in Serie A, già a partire dal derby di sabato contro il Bologna. Un dettaglio che stride con l’urgenza del Parma di fare punti per salvarsi: per il bene del club è necessario che qualcuno, giocatori o allenatore, maturi alla velocità della luce.
(ha collaborato Lorenzo Fava)
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