Il TAR chiarisce quali sono i poteri di controllo del comune sulle comunicazioni di inizio lavori asseverate (CILA) di cui all’art. 6-bis del Testo Unico Edilizia – Associazione Segretari Comunali e Provinciali

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Tratto da: Lavori Pubblici  

La CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata da un tecnico abilitato), disciplinata all’art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), rappresenta il titolo abilitativo necessario per tutti gli interventi che non richiedono SCIA o permesso di costruire e che non rientrano tra quelli di edilizia libera.

 

Il tema dei controlli sulle CILA è stato spesso oggetto di numerosi contenziosi affrontati dalla Giustizia amministrativa che negli anni ha tracciato un perimetro ancora non ben definito che spesso viene valicato da controlli e provvedimenti oltre quelli previsti dalla norma.

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Sulle CILA, il potere di controllo del Comune (disciplinato dalle Regioni, anche a campione e prevedendo sopralluoghi in loco) si limita a verificare che l’opera rientri nell’ambito dell’edilizia soggetta a tale semplificazione, senza estendersi a valutazioni non pertinenti.

Il TAR Sicilia, con la sentenza n. 243/2025, ha ribadito questo principio, evidenziando i rischi di una mancata stabilizzazione della legittimità del progetto per i privati.

Con la sentenza in commento, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Siciliana ha risposto a un caso di contestazione comunale riguardante un intervento edilizio avviato con CILA. La questione ruotava attorno ai limiti del potere di controllo del Comune e alla stabilità della legittimità del titolo edilizio in assenza di verifiche sistematiche.

Il caso nasce dall’impugnazione, da parte di un privato, di un provvedimento comunale che contestava la legittimità di un intervento edilizio realizzato con CILA. L’amministrazione comunale aveva ritenuto che l’opera non rientrasse tra quelle consentite da questo titolo, estendendo di fatto il proprio potere di controllo oltre quanto previsto dal Testo Unico dell’Edilizia. La difesa del privato si basava sulla tesi che la presentazione della CILA stabilizzasse la legittimità del progetto, evitando che eventuali errori interpretativi si traducano in gravi sanzioni.

Il TAR Sicilia ha accolto il ricorso del privato, chiarendo che il potere di controllo comunale sulla CILA è limitato all’accertamento che l’opera sia effettivamente ascrivibile agli interventi semplificati. Non è consentito estendere il controllo a valutazioni che esulano dalla disciplina specifica. Secondo il giudice amministrativo, un’applicazione arbitraria o estensiva del potere di verifica rischia di compromettere la certezza del diritto, lasciando il privato esposto a sanzioni sproporzionate in caso di errori tecnici o interpretativi.

Entrando nel dettaglio, i giudici di primo grado hanno ricordato i contenuti del citato art. 6-bis del TUE, rilevando le seguenti disposizioni:

  • al comma 1, è previsto che gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli artt. 6, 10 e 22 sono realizzabili previa comunicazione dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente e, comunque, nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia;
  • al comma 2, è disposto che l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio;
  • al comma 5, viene definita la sanzione nel caso di mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori.

Secondo il TAR, la CILA rappresenta il titolo general-residuale, necessario per tutti gli interventi edilizi per i quali le norme del testo unico non impongono la SCIA o il permesso di costruire, ovvero che non rientrano ai sensi dell’art. 6 nell’attività edilizia libera.

Da ciò ne deriva che sono ricondotte il CILA le opere qualitativamente rilevanti come, a titolo puramente esemplificativo, gli interventi di manutenzione straordinaria leggera ovvero quelli che, pur comportando cambi di destinazione d’uso urbanisticamente non rilevanti, non riguardano parti strutturali dell’edificio e non incidono sui prospetti (quest’ultimo aspetto non più valido dopo gli aggiornamenti al TUE arrivati dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024, c.d. Decreto Salva Casa).

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Diversamente da quanto disposto per la SCIA, sulla conformità tecnico-giuridica della CILA non è, però, previsto un obbligo di controllo ordinario postumo entro un termine perentorio ravvicinato, in quanto la norma si limita a introdurre una sanzione pecuniaria “secca” in caso di omessa presentazione, senza in alcun modo disciplinare l’ipotesi in cui la stessa si profili contra legem.

Il TAR pone, pertanto, il problema dell’individuazione dei poteri esercitabili dall’ente locale, rilevando che:

  • per un verso non può ritenersi che la previsione, contenuta nel comma 5 dell’art. 6-bis del TUE, della sanzione pecuniaria per la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori esaurisca il novero dei poteri che l’Amministrazione può spendere a seguito della presentazione della CILA;
  • deve, comunque, affermarsi che il potere di controllo, oltre che al dato formale della sola presentazione, possa unicamente ricondursi all’accertamento che l’opera ricada effettivamente nell’ambito dell’edilizia sottoposta a tale strumento di semplificazione, senza che possano trovare ingresso altre questioni, in quanto estranee alla fattispecie disciplinata dal legislatore.

Sul tema il TAR ha richiamato un precedente del Consiglio di Stato (sentenza n. 4110 del 24 aprile 2023) secondo il quale la mancata previsione di controlli sistematici rischia di tradursi in un sostanziale pregiudizio per il privato, che non vedrebbe mai stabilizzarsi la legittimità del proprio progetto, di talché la presentazione della CILA, considerata anche la modesta entità della sanzione per la sua omissione, avrebbe, in sostanza, l’unico effetto di attirare l’attenzione dell’amministrazione sull’intervento, esponendolo ad libitum, in caso di errore sul contesto tecnico-normativo di riferimento, alle più gravi sanzioni per l’attività totalmente abusiva, che l’ordinamento correttamente esclude quando l’amministrazione abbia omesso di esercitare i dovuti controlli ordinari di legittimità sulla SCIA o sull’istanza di permesso.

Il TAR ha, infine, precisato che l’attività assoggettata a CILA non solo è libera, ma deve essere “soltanto” conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un modesto impatto sul territorio e non dissimulino interventi edilizi necessitanti di specifica autorizzazione.

Nel caso di specie, il Comune ha revocato una concessione di suolo pubblico per asserita abusività della collocazione di una pedana, la quale, però, aveva costituito oggetto di una CILA presentata ben 7 anni prima, su cui non ha esercitato alcun potere e che, pertanto, doveva (e deve) ritenersi ancora efficace. La presenza della pedana non aveva, peraltro, costituito ostacolo al rinnovo della concessione negli anni precedenti.

In definitiva il TAR ha accolto il ricorso e la sentenza ha sottolineato ancora una volta l’importanza di un’applicazione coerente e non arbitraria della normativa edilizia. La CILA, per sua natura, è uno strumento di semplificazione pensato per garantire una maggiore agilità operativa ai privati, limitando le possibilità di intervento dell’amministrazione comunale. Tuttavia, il caso dimostra come l’assenza di un controllo preventivo sistematico possa generare conflitti interpretativi che minano la fiducia nel sistema. Un approccio equilibrato, rispettoso dei limiti normativi, è indispensabile per assicurare la stabilità giuridica delle attività edilizie semplificate.



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