Il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la mozione n. 35, promossa dai capigruppo della maggioranza e primo firmatario Roberto Deriu (PD), che impegna la Giunta a presentare un ricorso per conflitto di attribuzioni tra enti davanti alla Corte Costituzionale in merito alla prospettata decadenza della presidente Alessandra Todde. La mozione è passata con 31 voti favorevoli e il solo voto contrario di Gianni Chessa, mentre la minoranza ha abbandonato l’Aula per protesta.
Si tratta di un caso senza precedenti nella storia dell’autonomia sarda e unico nel panorama istituzionale italiano. La decisione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’Appello di Cagliari di dichiarare la decadenza della governatrice potrebbe innescare uno strappo istituzionale di vasta portata, potenzialmente conducendo allo scioglimento dell’intera Assemblea legislativa e al ritorno anticipato alle urne.
Il Consiglio ha dunque deliberato che la Regione impugni tale provvedimento dinanzi alla Consulta, ritenendo che lo Stato non abbia competenza a pronunciarsi sulla decadenza del presidente della Regione. Secondo la mozione, il Collegio di garanzia “non può accertare, imporre o anche solo proporre la decadenza del presidente, con ciò disponendo indirettamente la dissoluzione del Consiglio, essendo la sua competenza circoscritta ai consiglieri regionali elettivi, con esclusione del presidente, che è consigliere di diritto”.
Assente dalla discussione anche la presidente Todde, mentre la minoranza ha lasciato l’Aula prima della votazione. Paolo Truzzu, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha motivato così l’uscita dall’Aula: “Non partecipiamo per motivi politici perché non condividiamo nel merito e nel metodo la mozione”.
L’opposizione ha attaccato duramente la maggioranza, accusandola di voler strumentalizzare il conflitto di attribuzioni per evitare la decadenza della presidente e sostenere un’impalcatura giuridica traballante. Il vicecapogruppo di FdI, Fausto Piga, ha parlato di un “pasticcio inaudito, mai verificatosi nella storia dell’autonomia sarda, che sta paralizzando il Consiglio”. “Siamo già in ritardo sulla manovra finanziaria 2025 e rischiamo di arrivare ad aprile con l’esercizio provvisorio”, ha aggiunto.
Secondo Piga, la mozione, che formalmente mira a difendere le prerogative del Consiglio regionale, sarebbe in realtà una norma di salvaguardia personale per la governatrice, da lui ribattezzata “Salva Todde”. “Noi non siamo disposti a fare da stampella alla presidente per mascherare il caos che ha creato”, ha concluso.
La difesa della governatrice è arrivata dal capogruppo di Orizzonte Comune, Sandro Porcu, secondo cui la procedura seguita dal Collegio elettorale di garanzia entra in contrasto con la normativa successiva sull’elezione diretta del presidente della Regione. “Sono temi delicati, che riguardano il cuore del sistema democratico, ed è giusto che sia la Corte Costituzionale a dirimerli”, ha dichiarato Porcu.
Anche Luca Pizzuto (Sinistra Futura) ha parlato di un provvedimento sbagliato e ingiusto, sottolineando i “rischi pericolosi per la democrazia” se il caso dovesse consolidarsi come precedente giuridico.
Dura la replica di Michele Ciusa (M5S), che ha contestato l’intervento del Collegio di garanzia: “Non può accettare, ingiungere, imporre e neppure proporre la decadenza del presidente della Regione, con ciò disponendo indirettamente l’automatica dissoluzione del Consiglio”. Per Ciusa, il tema riguarda l’intero assetto istituzionale: “Questa mozione riguarda tutti noi, perché tutti noi siamo espressione del voto popolare e tutti noi abbiamo il dovere di difendere la volontà dei cittadini sardi”.
Al di là dello scontro politico, il nodo giuridico resta centrale: se la Corte Costituzionale dovesse rigettare il ricorso della Regione, si aprirebbe una crisi istituzionale dagli esiti imprevedibili. La decadenza della presidente Todde potrebbe portare a nuove elezioni regionali, con un azzeramento dell’attuale legislatura, scenario che molti nella maggioranza vogliono scongiurare.
La Sardegna si trova dunque dinanzi a una disputa istituzionale senza precedenti, con un equilibrio politico sempre più precario e la possibilità di una battaglia giuridica che potrebbe ridefinire i rapporti tra Stato e autonomie regionali.
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