Bassa produttività e calo demografico minacciano la crescita dell’Umbria

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di Dan.Bo.

L’economia dell’Umbria ha registrato una fase di crescita negli ultimi cinque anni, grazie soprattutto all’incremento degli investimenti delle imprese. Il futuro della regione potrebbe però essere messo a rischio da fattori strutturali come la bassa produttività e l’invecchiamento demografico, annosi problemi della regione che minacciano la sostenibilità della crescita nel lungo termine.

L’analisi È questo lo scenario che emerge dai dati, illustrati venerdì nel corso di una conferenza stampa, dell’evento «L’economia umbra e i bilanci delle imprese», organizzato dalla Camera di Commercio dell’Umbria. Stando ai numeri tra il 2019 e il 2023 gli investimenti delle imprese umbre, misurati attraverso le immobilizzazioni totali, sono aumentati del 37,4%, un dato superiore alla crescita media nazionale (27,6%) e a quella di Marche e Toscana (26% e 29,6% rispettivamente). Questo trend positivo – è stato spiegato – dimostra una forte propensione delle imprese regionali a investire in nuove infrastrutture, macchinari e innovazione.

Produttività Tra i settori che hanno mostrato le migliori performance figurano l’industria alimentare, la meccanica strumentale e il comparto delle costruzioni. La produttività per addetto però rimane inferiore alla media nazionale, con il valore aggiunto per impresa cresciuto del 33,4% nello stesso periodo, meno della media nazionale (35,3%), ma più della Toscana (31,8%). Nel 2023 la produttività per addetto in Umbria ha raggiunto 59.505 euro, avvicinandosi ai livelli della Toscana (65.883 euro) e superando le Marche (56.851 euro), ma restando ancora distante dalla media nazionale.

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I numeri Parallelamente, gli indicatori di redditività mostrano segnali positivi: il Roi (Return on Investment) si attesta al 4,0%, mentre il Roe (Return on equity) al 6,6% nel 2023. La capitalizzazione delle imprese è migliorata, raggiungendo il 39,9% nei bilanci 2023. Il costo del lavoro invece continua a rappresentare una criticità, con un incremento medio del 21% dal 2019.

La demografia Un altro elemento di preoccupazione è il calo demografico. Nel 2024 il saldo naturale della popolazione è risultato negativo per oltre 6mila unità, mentre l’indice di vecchiaia ha raggiunto i 366 anziani ogni 100 giovani, uno dei più alti d’Italia. Le previsioni indicano un calo della popolazione regionale di oltre 65mila abitanti entro il 2042, con possibili ripercussioni sulla forza lavoro disponibile e sulla domanda interna.

Credito Anche il credito alle imprese mostra segnali di debolezza. I dati della Banca d’Italia evidenziano una contrazione del credito bancario dall’inizio del 2023, con un deterioramento della qualità del credito, in particolare nel settore manifatturiero e tra le imprese di maggiore dimensione. Tra gli elementi positivi c’è il fatto che nel 2024 i tassi di interesse sui prestiti per liquidità si sono stabilizzati, suggerendo una possibile inversione di tendenza nel breve periodo.

I vicini Nel confronto con le regioni limitrofe, l’Umbria mostra performance competitive, ma le criticità strutturali restano. Il turismo rappresenta un settore con un buon andamento, ma non sufficiente a compensare i problemi legati ai bassi salari e all’invecchiamento della popolazione.

Mencaroni «Non vogliamo enfatizzare il report e non diciamo certo che è eccezionale, ma non usciamo con le ossa rotte e l’Umbria va avanti discretamente con imprese che hanno cuore, corpo e cervello» ha commentato durante la presentazione Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria. «Ci sono cose però che preoccupano, come i salari bassi e il default demografico, che va affrontato seriamente».

De Rebotti L’assessore regionale allo Sviluppo economico Francesco De Rebotti ha sottolineato l’importanza di strumenti finanziari per sostenere le micro e piccole imprese, in un contesto reso complesso da fattori esterni come i dazi. «L’analisi evidenzia un equilibrio tra qualità e quantità dei diversi asset – ha spiegato – con buone notizie per il turismo. Sappiamo bene che le condizioni di carattere generale penalizzano un’Umbria da sempre aperta al mondo e vocata all’export».

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