Che cosa possiamo fare per trattenere i giovani sul territorio, per contenere e arginare questa continua fuga di ragazzi e ragazze diplomati o laureati che dopo anni di studio in Italia se ne vanno a lavorare all’estero perché là le condizioni di vita, le retribuzioni, le opportunità, la qualità dei servizi sono migliori? Un esercito di expat, circa 50 mila l’anno se ne va dall’Italia, significa che il nostro Paese si svuota della sua futura classe dirigente, oltre ad essere in profonda crisi demografica.
“La perdita di capitale umano non è più un rischio, ma una realtà che minaccia lo sviluppo economico, l’innovazione e il tessuto sociale delle comunità” è stata una delle considerazioni di ieri.
E finalmente ieri si è cominciato a sentire di fronte a questo fenomeno che dura ormai da anni, un approccio diverso, concreto, pragmatico. Nella sala convegni di Eataly sono stati presentati i risultati della ricerca Futuro Qui! promossa da Fondazione Cariverona e condotta da Upskill 4.0: la metà degli under 35 non si vede nella propria terra d’origine e chiede un piano di interventi strutturali e concreti per trasformare il territorio.
Il futuro per un giovane su due non è nella propria terra d’origine, ma altrove, in Italia o all’estero. E non perché manchi il desiderio di rimanere, ma perché le condizioni non lo permettono: salari poco competitivi, opportunità lavorative non sempre in linea con le competenze, difficoltà di accesso alla casa, servizi pubblici e trasporti inefficienti. La ricerca Futuro Qui! presentata ieri ha raccolto la voce di oltre 1.000 giovani tra i 18 e i 34 anni attraverso un questionario e dieci focus group nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Mantova e Ancona. I risultati, presentati in collaborazione con Will Media, delineano con chiarezza le priorità e le criticità che influenzano la scelta di partire e, soprattutto, di restare delle nuove generazioni.
Bruno Giordano, imprenditore, presidente di Fondazione Cariverona è stato molto chiaro nell’introduzione e non ha fatto sconti, spiegando perché ha voluto e vuole investire gli sforzi della Fondazione sui giovani che rappresentano il futuro. “Abbiamo di fronte un’epoca di grandi cambiamenti, da quelli geopolitici a quelli tecnologici (realtà aumentata, guida autonoma e così via), dall’Intelligenza artificiale al cambiamento climatico, che disegneranno un futuro nuovo. Ma i giovani sono i grandi dimenticati del presente. Investiamo milioni nelle fabbriche, nelle infrastrutture, nelle armi, ma non sui giovani. Non lo fa il Governo che con costruisce politiche efficaci per loro, non lo fa la scuola che propone sempre riforme lente e inefficaci, non lo fanno le imprese che offrono lavori precari e sottopagati, non lo fanno le banche che non offrono garanzie per l’accesso al credito agevolato, non lo fanno le famiglie che dimenticano i talenti dei figli e propongono schemi vecchi. I giovani sono trattati come eterni immaturi. Chi fa qualcosa di concreto per loro? Chi investe su di loro per contenere questa fuga di 50 mila giovani l’anno dal nostro Paese? E’ ora di mettere i giovani al centro, è ora di agire subito e Cariverona vuole che i giovani diventino protagonisti, tracciando una rotta per i giovani perché il futuro è con loro”. E ha aggiunto: “Lavoro, casa, servizi pubblici, mobilità non sono più semplici criticità, ma veri e propri ostacoli alla permanenza. Se non interveniamo in modo concreto e sistemico, coinvolgendo decisori pubblici, privati e nuove generazioni, la perdita di talenti qualificati rischia di diventare irreversibile”. Per questo motivo la Fondazione sta ragionando sulla creazione di uno Young Advisory Board composto da giovani a supporto degli organismi ufficiali, che possa offrire la propria visione per contribuire ad affrontare le sfide attuali e a sviluppare alcune iniziative operative.
Mancanza di prospettive e stipendi troppo bassi. A questo si aggiunge un diffuso disallineamento tra mercato e formazione. Giordano: “I punti strategici dove intervenire”
Dopo il presidente Giordano, Stefano Micelli ha presentato i risultati della ricerca “che non è sui giovani ma con i giovani”.
Uno degli aspetti centrali dell’indagine riguarda proprio il lavoro e le retribuzioni. “Il 43,5% dei giovani è insoddisfatto degli stipendi, considerati troppo bassi rispetto al costo della vita. A questo si aggiunge un diffuso disallineamento tra formazione e mercato: il 41,6% ritiene che il proprio titolo di studio non trovi adeguato riscontro nelle opportunità professionali offerte dal territorio. A pesare è anche la mancanza di prospettive di crescita (32,9%), che spinge molti a guardare altrove per costruire una carriera più solida.
I servizi pubblici e la mobilità sono altri due temi chiave nella scelta di restare o di partire. In questo ambito, l’81,2% considera la qualità della sanità un fattore decisivo per rimanere, seguito da altri elementi come i servizi per i giovani o la qualità ambientale (tutti oltre il 70%). Il sistema dei trasporti è invece percepito come inefficiente e limitante: l’assenza di collegamenti rapidi e affidabili rende difficile spostarsi per studio, lavoro o tempo libero senza un’auto privata. Questa carenza di infrastrutture frena la vivibilità del territorio, alimentando il desiderio di trasferirsi in città più connesse e dinamiche”.
Anche l’accesso alla casa rappresenta un ostacolo significativo. “Il 47,9% dei giovani si dichiara insoddisfatto dell’offerta abitativa, considerata economicamente inaccessibile. Il mercato degli affitti non offre soluzioni adeguate e i costi di acquisto restano proibitivi. Di conseguenza, molti under 35 sono costretti a rimanere a vivere con i genitori, rinviando decisioni cruciali come la creazione di una famiglia o l’avvio di una vita indipendente. Un ultimo aspetto critico riguarda, infine, la scarsità di spazi di aggregazione e di un’offerta culturale stimolante”.
Conclusa l’analisi, come e dove intervenire per frenare questa emorragia? Sono state individuate sette leve strategiche sulle quali agire.
Mobilità: trasporti pubblici moderni ed efficienti per connettere meglio i territori e ridurre la dipendenza dall’auto privata.
Spazi: luoghi di aggregazione innovativi che uniscano lavoro, formazione e socialità, favorendo la crescita di comunità dinamiche.
Partecipazione: coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali locali, attraverso strumenti di ascolto e di cittadinanza attiva.
Cultura: un’offerta più contemporanea e inclusiva, con eventi e iniziative capaci di rendere la vita dei territori più stimolante.
Governance: un nuovo modello di gestione territoriale che metta al centro l’ascolto dei bisogni e delle idee delle giovani generazioni favorendo l’innovazione.
Lavoro: opportunità professionali di qualità, con salari equi e reali possibilità di crescita.
Abitazione: politiche che rendano l’accesso alla casa più sostenibile per chi vuole costruire il proprio futuro nel territorio.
“Le soluzioni esistono e le idee sono chiare: ora servono azioni concrete”, conclude Giordano.
MB
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