Il vino italiano è molto più di una semplice bevanda, rappresenta cultura, tradizione ed eccellenza, con radici profonde nella storia del Paese. Tuttavia, il settore vinicolo si trova oggi ad affrontare grandi trasformazioni, tra cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, nuove normative e tensioni sui mercati internazionali. Per comprendere meglio il presente e il futuro del vino italiano, abbiamo raccolto le opinioni di tre protagonisti del settore: il produttore Vittorio Garda, il distributore Mario Galleni e il sommelier Emanuele Izzo.
Per Vittorio Garda, enologo, produttore e presidente dei Giovani Vignaioli del Canavese, il vino in Italia non è solo un prodotto di consumo, ma un elemento centrale della cultura nazionale. “Il vino nelle famiglie italiane è sempre stato considerato un alimento, non solo un complemento della tavola. Ha un valore sia economico che storico-culturale: il settore conta 570.000 imprese, 870.000 occupati (diretti e nell’indotto) e genera un fatturato annuo di circa 13,3 miliardi di euro (fonte Confcooperative, 2023). Allo stesso tempo, è parte integrante della nostra storia da oltre 4.000 anni, contribuendo alla nascita della dieta mediterranea”.
Secondo Emanuele Izzo, sommelier e responsabile della cantina del ristorante due stelle Michelin Piazzetta Milù di Castellammare di Stabia (Na): “La grande tendenza e forza del vino italiano consiste sicuramente nello scoprire le grandi eccezionalità che ogni regione in Italia può proporre, cosa piuttosto rara nel panorama del vino a livello internazionale. l’Italia ha tanta uva autoctona, tante regioni che producono vini diversi, stili diversi; tradizioni straordinarie unite anche al cibo e questa sicuramente sarà la forza del vino italiano nei prossimi anni. Lo è già, ma lo sarà sempre di più”. Tuttavia, ci troviamo a vivere con preoccupazione le restrizioni sempre più severe imposte sul consumo di alcol, che rischiano di assimilare il vino ad altre bevande alcoliche. Come sottolineato da Garda: “Quando un bene è parte della quotidianità, diventa anche uno strumento di educazione per le nuove generazioni. Oggi, invece, il vino rischia di non essere più trasmesso come cultura, ma solo regolamentato come rischio”.
Le nuove restrizioni stanno avendo effetti tangibili anche sulla domanda, come conferma Mario Galleni, socio fondatore della distribuzione toscana Teatro del Vino: “L’aumento delle sanzioni per guida in stato di ebbrezza ha influenzato il consumo al tavolo. Molti clienti ci dicono che bevono meno quando escono a cena. Probabilmente è una tendenza temporanea, ma al momento il calo è evidente”. Un altro tema centrale è quello dei dazi, soprattutto negli Stati Uniti, dove il vino italiano rappresenta un’eccellenza ma anche un’importante fonte di profitto per l’intera filiera distributiva. Garda spiega: “Negli Stati Uniti, il vino è un moltiplicatore di valore. Le tasse sull’importazione e i costi di trasporto (a carico dell’importatore) hanno un impatto limitato. Il vero margine è distribuito tra importatori (30%), distributori e agenti (30%), enoteche (50%) e ristoranti (fino al 130%). Ciò significa che il vino italiano non è solo un bene importato, ma un elemento strategico per il mercato americano. Anche se i dazi incidono, non sono il fattore determinante sul prezzo finale”.
Un’altra tendenza emergente è quella dei vini a basso contenuto alcolico o analcolici. Secondo Garda, il mercato sta evolvendo e l’Italia ha le competenze per rispondere a questa domanda, ma vi sono ancora ostacoli normativi: “Se da un lato la produzione di vini dealcolati è stata autorizzata, dall’altro la gestione dell’alcol rimosso è ancora una questione complessa. Nel frattempo, Francia, Germania e Spagna stanno avanzando rapidamente, tanto che oggi conviene importare vini low-alcol da questi Paesi e imbottigliarli in Italia”. Galleni resta scettico: “Se parliamo di vini intorno ai 12 gradi, sì, sono sempre più ricercati. Ma il vino analcolico, almeno per ora, non interessa il mercato italiano. Fino a quando non sarà qualitativamente valido, rimarrà un fenomeno marginale”. Dello stesso avviso anche Emanuele Izzo: “La tendenza esiste, ma non la condivido. Preferisco abbinare ai piatti infusioni o altre bevande piuttosto che vini senza alcol. Non la vedo come una rivoluzione, ma più come una moda passeggera”.
Il vino italiano si trova oggi di fronte a sfide complesse: da una parte, la necessità di adattarsi alle nuove normative e alle tendenze di consumo; dall’altra, il dovere di preservare la propria identità e il valore culturale che rappresenta. Ciò che emerge dalle testimonianze è un cauto ottimismo: sebbene il settore debba affrontare difficoltà sempre maggiori, la qualità e la storia del vino italiano restano elementi di forza.
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