Per l’attivista dell’associazione Luca Coscioni, dopo la Toscana, serve la mobilitazione popolare per tutte le Regioni, e anche per una legge nazionale.
Con la sua legge regionale sul suicidio medicalmente assistito, nata da una iniziativa popolare dell’associazione Luca Coscioni, la Toscana potrebbe aver creato un effetto domino. Da una parte spingendo altre Regioni a muoversi allo stesso modo, adottando una propria legge sul fine vita. Dall’altra costringendo il parlamento, finalmente, a provvedere con una legge nazionale, proprio per evitare che le Regioni procedano in ordine sparso. Da un’altra parte ancora, però, viste le polemiche suscitate dall’iniziativa, il governo potrebbe decidere di impugnare la legge della Toscana, rimandandola alla corte Costituzionale: la stessa che però, nell’ormai lontano 2018, aveva chiesto proprio al Parlamento di fare chiarezza con una legge che regolasse, una volta, per tutte, la liceità del suicidio medicalmente assistito o fine vita. Con Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni che da sempre si batte per l’eutanasia legale, facciamo il punto sui possibili sviluppi.
Cominciamo da un po’ di glossario. Eutanasia, suicidio assistito, fine vita. Sono termini intercambiabili?
Io uso il termine eutanasia perché è l’etimologia antica del “morire bene”, meno male possibile, come ciascuno vuole. E questo ricomprende tutte le definizioni tecniche. Più in senso stretto, per eutanasia s’intende che si attiva con l’aiuto concreto di un medico (che non è il caso della legge toscana, ndr). Poi ci son tutte le altre definizioni: suicidio medicalmente assistito (che prevede un ruolo di assistenza ma non attivo del medico, ndr), oppure fine vita che è un’evocazione più generica. Ma la questione alla base di tutto è: vogliamo lasciare le persone libere di scegliere e aiutarle nel percorso finale della propria vita, oppure vogliamo imporre un tipo di scelta perché lo riteniamo moralmente superiore?
Chi opta per imporre una scelta, per esempio il governo centrale, potrebbe decidere di impugnare la legge regionale della Toscana e portarla alla corte Costituzionale, anche se la legge nasce proprio per soddisfare i criteri chiesti dalla Corte…
Io penso che la legge della Toscana, che poi è la nostra legge di iniziativa popolare Liberi subito, sia pienamente rispondente ai dettami costituzionali, perché attua la sentenza della Corte che proprio noi abbiamo strappato con le nostre azioni di disobbedienza civile. Ovviamente poi se fanno ricorso deciderà di nuovo la Corte costituzionale, ma è una legge di attuazione delle competenze sanitarie e le regioni sono pienamente competenti nella gestione sanitaria.
Nel frattempo però i componenti della corte Costituzionale sono cambiati, e anche un po’ il clima. La Consulta potrebbe arrivare a smentire se stessa?
Può succedere, è successo negli Stati uniti recentemente, quando la corte Suprema ha calpestato le recenti decisioni sul diritto all’aborto. Le libertà non sono mai conquistate per sempre, quindi il fatto che noi abbiamo strappato delle riforme anche sul fine vita fino ad oggi non significa che non si possa tornare indietro.
In Senato nel frattempo sembra si stia accelerando il dialogo per arrivare a una proposta di legge condivisa tra maggioranza e opposizione, tra destra e sinistra. L’ultima volta che è successa una cosa del genere su un tema etico non è finita bene: penso al ddl Zan sull’omotransfobia. Sei ottimista o pensi che potrebbe uscire un testo molto depotenziato?
Non si tratta di essere ottimisti e pessimisti ma di determinazione. Oggi ci sono 13 persone sotto indagine, tra cui me, per disobbedienza civile su 7 casi, e rischiamo da 5 a 12 anni di carcere: sappiamo che per andare avanti con questa iniziativa ci vuole la non violenza, la disobbedienza civile, la partecipazione popolare, l’iniziativa dei cittadini. Se il Parlamento non sarà lasciato solo a decidere ma deciderà davanti alla gente, le persone conoscono questo tema perché lo hanno vissuto in famiglia e io credo che in questo caso si possano ottenere delle riforme. Se invece tutto rimane nei corridoi dei palazzi, all’interno degli accordi di mediazione tra i partiti, allora la cosa non promette niente di buono.
Sarà decisiva la mobilitazione dell’opinione pubblica quindi, più della politica?
Sì. I giochi parlamentari possono essere di ogni tipo, ma qui ci sono maggioranze ampie, al contrario della legge Zan, anche nell’elettorato del centrodestra. Sono stati fatti diversi sondaggi, in genere i favorevoli all’eutanasia legale sono sempre tra il 70 e l’80 per cento. Sono i vertici dei partiti a essere paralizzati o ostili: per cui il gioco non riesce, a meno che non sia un gioco confuso e segreto.
E allora quali sono i prossimi passi?
Abbiamo indetto per il 5 aprile aprile una mobilitazione nazionale in tutta Italia a sostegno delle leggi regionali, perché le altre Regioni si dotino di regole e tempi certi nelle procedure di attuazione dell’aiuto medico al suicidio. Per impedire che persone con sofferenze insopportabili e irreversibili debbono aspettare mesi e anni in attesa di una risposta alla loro richiesta.
Facciamo una panoramica delle Regioni che potrebbero presto seguire l’esempio della Toscana.
La discussione in questo momento è aperta in Abruzzo e in Valle d’Aosta. Inizieremo la campagna in Umbria, anche la maggioranza del Consiglio regionale in Sardegna ha detto di volerla approvare. Ma stiamo portando il testo in tutta Italia. Per noi non è mai stata una questione di destra o di sinistra, di partito o di schieramento e quindi continuiamo a lavorare.
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