Myanmar, quattro anni di “guerra dimenticata” tra follie del regime e interessi della Cina / Fatti / La Difesa del popolo

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Tutta l’armonia della musica in segno di solidarietà con il Myanmar, a quattro anni dal colpo di Stato che l’ha fatto sprofondare in una terribile crisi politica, economica e umanitaria. Giovedì 20 febbraio, il Parlamento europeo di Bruxelles ha fatto da sfondo alla presentazione del progetto musicale e culturale “A sound for Myanmar” a sostegno del popolo birmano: un’occasione inedita per mostrare tutto il bello che nasce dall’unione di due culture profondamente distanti e diverse, tenute assieme dal linguaggio universale della musica capace di trascendere ogni confine e superare ogni crisi. Il compositore spagnolo Lucas Vidal, noto per aver firmato nel 2013 la colonna sonora di Fast & Furious 6, ha guidato la creazione di un’esperienza musicale interattiva che “funge da promemoria delle esperienze umane condivise” e che sfrutta proprio la commistione di influenze orientali derivanti da numerosi artisti emergenti birmani per mescolare melodie tradizionali del Myanmar con suoni e melodie tipicamente europee. L’iniziativa, che ha come scopo quello di sensibilizzare il pubblico su una tematica spesso lontana dalle narrazioni mainstream, si inserisce nell’ambito della cooperazione internazionale portata avanti dall’Unione europea assieme alle Nazioni Unite, varie Ong internazionali e una serie di organizzazioni della società civile birmana.
“Dal colpo di Stato del febbraio 2021, l’Ue ha impiegato oltre 355 milioni di euro per sostenere la popolazione del Myanmar, fornendo un’ancora di salvezza vitale durante la crisi salvaguardando migliaia di posti di lavoro, in particolare per le donne, a testimonianza dei legami duraturi di solidarietà e dell’aspirazione condivisa per la pace e la democrazia”. Queste le parole di Ranieri Sabatucci (nella foto sopra), ambasciatore dell’Unione europea in Myanmar, che in occasione dell’evento ha risposto alle domande del Sir facendo luce sulla situazione in corso nel Paese.

Una delle particolarità del Myanmar è che la quasi totalità della popolazione è schierata fermamente contro chi detiene il potere: qual è lo stato di salute del regime?
Di recente i militari hanno introdotto la leva obbligatoria per ragazze e ragazzi, basterebbe questo a dimostrare come il potere sia cieco davanti all’assurdità delle proprie azioni. Mi spiego: forzare giovani che non solo non vogliono combattere, ma che di base sono del tutto contrari al fatto che il regime sia al potere è semplicemente perverso.

Così facendo, inoltre, il governo golpista non ha fatto altro che incrementare il deterioramento sociale, portando l’orrore della guerra in ogni famiglia:

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

centinaia di giovani sono fuggiti in Thailandia, mentre chi è rimasto è finito a combattere controvoglia o, nel peggiore dei casi, ha pagato con la propria vita.

Esiste il rischio che la crisi passi sottotraccia per via di una sua dimensione considerata locale piuttosto che globale?
Ciò che ha pesato di più in questi quattro anni è stata proprio la convinzione che il conflitto in Myanmar avesse una dimensione regionale. Non dimentichiamoci che la Birmania è tra i più grandi produttori di droga e tra i principali esportatori di oppio, che finisce in ogni angolo del pianeta. C’è poi la questione geostrategica: parliamo di un Paese ricco di risorse minerarie e forestali, la cui posizione è quanto mai cruciale per gli interessi cinesi. Il Myanmar, infatti, garantisce a Pechino accesso diretto nell’Oceano Indiano senza dover transitare attraverso lo stretto di Malacca, da cui passa tutto ciò che arriva da Europa e Africa.

Ci aiuti a capire meglio il ruolo della Cina nelle dinamiche interne al Myanmar.
Per dirla in breve, nell’ultimo anno la Cina è scesa in campo come mai prima d’ora. Lo ha fatto imponendo delle tregue alla guerriglia contro il regime ai gruppi etnici che dipendono da Pechino per l’acqua o l’energia. La Cina sta cercando di sostenere la giunta in vista di un’elezione che appare imminente, nella speranza che possano instaurarsi dinamiche favorevoli per i propri interessi, magari con nuovi interlocutori rispetto ai vertici attualmente al potere.

Sabatucci, lei è ambasciatore in Myanmar per conto dell’Unione europea. Quali sono il ruolo e gli interessi dell’Europa in questo angolo del Sud-Est asiatico?
Data la gravità della situazione umanitaria, la presenza economica europea costituisce un freno importantissimo a un ulteriore deterioramento della crisi.

Le imprese europee sono responsabili per centinaia di migliaia di posti di lavoro, soprattutto nel comparto tessile, occupati al 90% da donne provenienti da comunità svantaggiate.

Parliamo di un settore che esporta in Europa il 60% di ciò che produce: un calo della domanda avrebbe un effetto catastrofico. Per rendere l’idea, l’aiuto umanitario internazionale ammonta a 400 milioni di dollari, mentre l’industria tessile legata all’export europeo è responsabile di salari calcolati in quasi 1,5 miliardi di euro.

Che futuro attende il popolo birmano?
Prima o poi ci sarà una normalizzazione e tornerà la pace. Il Myanmar è un componente fondamentale del gruppo Asean: oggi ne frena l’integrazione, ma un domani è destinato a diventarne il motore del rilancio. Questo è uno spunto fondamentale anche per l’Europa. Il processo di integrazione offerto dall’Unione europea non ha eguali al mondo: non ci sarà bisogno di investire tanto, piuttosto di farlo in maniera intelligente, tenendo sempre a mente l’importanza di fornire tutto il sostegno possibile e necessario alla popolazione.

Simone Matteis

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