Mi chiamo Cristian e sono un centrocampista del Capostrada Belvedere. La mia passione per il calcio รจ sbocciata nelle estati fra la fine dellโasilo e lโinizio delle elementari, quando io e mio nonno facevamo coppia fissa e passavamo un sacco di tempo insieme. La meta prediletta delle nostre scorribande estive nel centro di Pistoia era il parco di Monteoliveto, un polmone verde della cittร dove 10-15 anni fa, quando io ero piccolo, era pieno di bambini come me che giocavano. Ai miei tempi non era ancora scoppiata la moda dei centri estivi a pagamento dove oggi quasi tutti i bambini passano le loro giornate con attivitร a tema e con adulti che li seguono da vicino. Quando ero piccolo io, al posto del centro estivo per me e per tanti altri bimbi cโera il parco in compagnia dei nostri nonni. E mentre i nonni chiacchieravano fra loro, noi bambini giocavamo a calcio in modo libero, senza adulti che ci pressavano e ci ordinavano cosa fare. Mi divertivo cosรฌ tanto giocando a pallone nel parco di Monteoliveto che da lรฌ alla scuola calcio vera e propria il passo รจ stato breve.
I miei primissimi anni da calciatore li feci nella Hitachi, la squadra attaccata alla fabbrica dei treni, nel quartiere dove la mia famiglia abitava 10 anni fa. Ho avuto la fortuna di trovarmi sempre bene sia con gli altri bambini sia con gli istruttori. Ho avuto fortuna perchรฉ purtroppo guardandomi intorno anche oggi che sono grande mi rendo conto che non in tutte le scuole calcio cโรจ questo clima affettuoso e giocoso che ho respirato io. Alcuni allenatori delle scuole calcio tendono infatti a dividere le loro squadre in sottogruppi a seconda del livello tecnico dei singoli bambini, e nelle partitelle i bambini piรน dotati vengono fatti spesso giocare tutti insieme, e i bambini meno dotati vengono schierati tutti insieme in una parte di partita considerata dal mister non una partita vera e propria ma un contentino per i bambini meno forti che nella scuola calcio รจ obbligatorio far giocare. Io invece penso che nelle partitelle della scuola calcio il mister dovrebbe sempre mischiare le carte, inserendo nella stessa formazione sia bambini piรน bravi a giocare sia bambini meno bravi: i bambini meno bravi non dovrebbero mai e poi mai essere umiliati, e non dovrebbero mai e poi mai essere isolati dai bambini piรน dotati, cosa che impedisce a chi รจ meno bravo di fare bella figura, di avere un riconoscimento e di continuare a divertirsi.
Negli ultimi 10 anni sono passato a giocare nel Capostrada, la squadra di cui faccio parte ancora oggi. In questa squadra ho tanti amici e tantissimi ricordi belli. Questa maglia arancione รจ per me una specie di seconda pelle. Me ne sono accorto in modo particolare questโanno, quando a inizio stagione avevo avuto un piccolo momento di defaillance. Ma sono bastate poche settimane lontano dal campo e dallo spogliatoio per capire che il Capostrada era una seconda famiglia e che vivere senza giocare a calcio era una tortura. Cosรฌ dopo poco tempo sono tornato al campo, e i compagni di squadra mi hanno riaccolto alla grande. Lรฌ ho toccato veramente con mano il bello di far parte di una vera squadra. Fra lโaltro oltre a divertirci e a dare tutti il massimo sul campo nel nostro campionato regionale under 19, la nostra squadra รจ capace di fare cose belle anche fuori dal campo: o meglio, su campi di calcio diversi dal solito, come quello allโinterno del carcere di Pistoia dove noi calciatori del Capostrada Juniores andiamo a trascorrere i nostri mercoledรฌ pomeriggio giocando e facendo amicizia insieme ai detenuti. Oggi anche io ho partecipato a questo allenamento speciale, e mi sono emozionato. Il campo piccolino di cemento sul quale abbiamo fatto la partitella mi ha ricordato il campino del parco di Monteoliveto: quello delle estati da bambino con mio nonno, quello del mio colpo di fulmine per il calcio. E soprattutto mi sono emozionato per il fatto di vivere un momento di gioia e di divertimento in un posto come il carcere, dove di solito ti aspetteresti di trovare dei cuori schiacciati da sofferenze, privazioni, errori.
Dopo la partitella alcuni detenuti ci hanno fatto strada nella piccola biblioteca del carcere per una chiacchierata insieme. Ci hanno parlato dei loro reati di cui si dicono pentiti, molti dei quali legati allo spaccio di droga. Uno di loro addirittura ci ha raccontato di essere stato 20 anni fa un giovane calciatore del Capostrada, proprio come noi: mentre questa persona ce lo diceva io ho pensato a quanto le storie di adolescenti che stanno bene e di loro coetanei che stanno per fare reati siano vicine molto piรน di quanto si potrebbe immaginare in astratto. Abbiamo parlato della vita dietro le sbarre, in particolare della sofferenza piรน grande e piรน ingiusta, quella della lontananza dagli affetti e della impossibilitร di avere dei momenti privati e intimi di affetto con i figli e con le compagne o mogli. Purtroppo parlare di diritti dei detenuti รจ molto impopolare: la gente che sta fuori spesso รจ poco portata a considerare lโumanitร di queste persone, al di lร dei loro errori e del male che hanno fatto di cui giustamente stanno pagando le conseguenze. Ci sono delle basi di dignitร di vita che dovrebbero essere garantite a ogni essere umano, anche a chi รจ in carcere. In questo contesto sociale che vede i diritti dei detenuti spesso troppo lontani dalle prioritร di noi persone comuni, penso che la presenza della nostra squadra in carcere possa essere un ponte importante fra queste persone dietro le sbarre e il resto della nostra cittร .
A proposito, mi ha fatto molto piacere che un ragazzo detenuto che sta per ottenere gli arresti domiciliari in un regime di semilibertร ci abbia chiesto oggi se potessimo accoglierlo per fare volontariato al nostro campo sportivo come parte della sua pena da scontare. Sarebbe bello avere Hamid (nome di fantasia) come magazziniere e tifoso speciale del Capostrada. La sfida del reinserimento nella societร di queste persone รจ una sfida che riguarda tutti, non solo gli educatori del carcere. E noi ragazzi con le maglie arancioni vogliamo fare la nostra parte perchรฉ a queste persone venga data una seconda possibilitร . Non a parole, ma per davvero.
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