Ucraina/ Tre anni di guerra/ L’Europa continua a sbagliare – [Arci

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Tre anni di morti e distruzioni che si potevano evitare. Anche questa volta, avevamo ragione. E invece l’Europa continua a sbagliare.

Tre anni di guerra. Centinaia di migliaia di vittime. Generazioni spezzate. Feriti, mutilati, dispersi. Territori e comunità devastate. Sfollati, profughi. Un numero sempre più enorme di disertori e renitenti alla leva da entrambe le parti. Dissidenti e pacifisti russi incarcerati e uccisi.

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Una guerra che poteva essere evitata prima dell’invasione russa, con il negoziato che poteva chiudere il conflitto russo-ucraino iniziato nel 2014. Una guerra che poteva essere fermata già poco dopo l’invasione russa, se non fossero stati sabotati tutti i tentativi di negoziato.

L’Unione Europea ha sbagliato tutto, in questi anni 

Ha abbandonato ogni ruolo politico e diplomatico. Ha armato il conflitto, diventandone parte attiva. Ha sostituito la sua politica estera con la strategia espansionistica della Nato.

Invece che cercare di fermare la guerra, ha alimentato l’idea che si dovesse continuare a combattere fino alla vittoria finale. Spingendo entrambi i governi belligeranti su posizioni sempre più estremiste.

Poi è arrivato Trump 

Per gli USA, Putin non è più un nemico da abbattere. L’Ucraina non vale più una guerra mondiale, non vale più niente. E l’Europa se la cavi da sola.

L’Unione Europea si ritrova schiacciata ora fra due imperialismi di nuova generazione. Fra Trump e Putin, fra il nuovo leader della destra estrema globale e un autocrate di vecchia data che si danno la mano. Mentre l’internazionale nera conquista sempre più spazio anche dentro l’Europa.

E’ un cambio di fase epocale. Autoritarismo e militarizzazione si alimentano a vicenda. E la democrazia stessa è in pericolo.

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In questo quadro drammatico, l’Unione Europea vuole continuare a sbagliare

I nostri soldi finiranno in armi. Verranno tolti alle spese sociali, agli investimenti per il lavoro e alla transizione giusta. Aumenterà ancora di più  la frustrazione sociale, l’Europa sarà sempre più matrigna per i suoi abitanti. Reazionari, razzisti, destre estreme continueranno ad approfittarne per conquistare voti e coscienze.

L’UE non vuole capire che l’unico modo per vincere è cambiare completamente gioco

La sicurezza che ci può salvare non è armata. E’ umana, sociale, ecologica, democratica. La sicurezza che ci salva è comune e interdipendente: la sicurezza di ciascuno dipende da quella degli altri.

Sul piano internazionale, è il pensiero forte europeo che portò 50 anni fa agli accordi di Helsinki. C’era ancora il Muro di Berlino, ma USA, URSS e Stati Europei firmarono l’impegno per la convivenza pacifica, il bene comune, i diritti umani. Siamo un continente che la geografia e la storia rendono per forza di cose condiviso e pieno di intersezioni da valorizzare, non da contendere.

Sul piano sociale, è la lezione inascoltata del COVID, troppo presto dimenticata. Una società che garantisce solo qualcuno non è una società sicura. In una comunità dove solo qualcuno è al riparo, il riparo non c’è per nessuno.

In questi anni, l’Unione Europea ha scelto di rispondere alla guerra con la guerra

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Ha sposato la retorica e la politica del militarismo, che uccide anche la cultura democratica. E intanto prosegue con i due pesi e le due misure: si arma fino ai denti in nome dell’Ucraina, mentre è complice del genocidio e della pulizia etnica a Gaza e ora anche in Cisgiordania.

Continuare su questa strada è un suicidio, anche della nostra democrazia

Ci hanno detto di tutto in questi anni, a noi pacifisti. Mentre noi intanto accoglievamo a migliaia le vittime di una guerra assurda. Ma ancora una volta avevamo ragione. Come sempre, avevamo ragione.

Continueremo a chiedere all’Unione Europea, al nostro paese, al nostro governo, alle forze democratiche di posare le armi. Continueremo a difendere pace con giustizia, diritti e democrazia ovunque nel mondo, e a casa nostra. 

Non c’è altra strada, non c’è altro da fare: noi un futuro lo vogliamo, e lo vogliamo per tutti e per tutte. [Raffaella Bolini, vicepresidente Arci nazionale]



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