Kirghizistan e Tagikistan: un accordo storico per la pace e la stabilità regionale (Vladimir Volcic)

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Il 21 febbraio 2025, il Kirghizistan e il Tagikistan hanno firmato un protocollo finale sulla delimitazione e demarcazione del confine di stato tra i due paesi durante una riunione congiunta a Bishkek.

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Questo accordo storico mira a porre fine a una disputa territoriale che dura da un secolo. L’accordo include anche intese su infrastrutture stradali e gestione delle risorse idriche ed energetiche, con l’obiettivo di promuovere la cooperazione politica, sociale, culturale ed economica tra le due nazioni. I documenti finalizzati saranno ora sottoposti alle massime autorità di entrambi i paesi per l’approvazione ufficiale e la firma definitiva.

Saimumin Yatimov, capo del Comitato di Sicurezza Nazionale del Tagikistan, ha elogiato lo sviluppo come una svolta significativa, attribuendo il successo alla leadership dei presidenti Emomali Rahmon e Sadyr Japarov. Questo passo rappresenta un progresso significativo verso la stabilità regionale e la risoluzione pacifica delle controversie di confine in Asia Centrale.

Per comprendere appieno la portata di questo accordo, è necessario esaminare le origini storiche della contesa, le guerre e i conflitti che ne sono derivati, nonché il posizionamento geopolitico di entrambi i paesi nella regione.

La questione del confine tra Kirghizistan e Tagikistan risale all’epoca sovietica, quando le autorità di Mosca tracciarono arbitrariamente i confini tra le repubbliche dell’Asia Centrale, senza tenere conto delle realtà etniche, linguistiche e culturali locali.

Durante il periodo sovietico, le popolazioni kirghise e tagike vivevano in una realtà amministrativa comune, dove le tensioni venivano risolte dal potere centrale a Mosca. Tuttavia, il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 portò all’emergere di dispute territoriali irrisolte tra le nuove repubbliche indipendenti.

Il confine tra Kirghizistan e Tagikistan si estende per circa 970 chilometri, e circa il 30% di esso era rimasto oggetto di contesa fino all’accordo del 2025. La regione più problematica era la Valle di Fergana, un’area altamente frammentata dove enclave ed exclave appartenenti ai due paesi si intrecciano, creando difficoltà logistiche e tensioni per il controllo delle risorse naturali, in particolare acqua e terre coltivabili.

Negli ultimi trent’anni, le tensioni di confine tra Kirghizistan e Tagikistan sono sfociate in diversi conflitti armati, con episodi di violenza mortale che hanno coinvolto sia militari che civili.

Uno degli scontri più gravi si è verificato nell’aprile 2021, quando una disputa sull’accesso a una risorsa idrica nella regione di Batken, in Kirghizistan, ha innescato violenti combattimenti tra le forze di sicurezza dei due paesi. Gli scontri hanno causato la morte di almeno 55 persone e lo sfollamento di migliaia di civili. La situazione si è ripetuta nel settembre 2022, quando nuove ostilità lungo il confine hanno provocato oltre 100 morti e ulteriori distruzioni di infrastrutture.

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Le cause di questi conflitti sono molteplici. Le dispute territoriali si intrecciano con rivalità etniche e con la lotta per il controllo di risorse strategiche, in particolare l’acqua. Entrambi i paesi dipendono da un complesso sistema di canali e fiumi per l’irrigazione delle loro terre aride, e la scarsità d’acqua è spesso motivo di scontro.

Dal punto di vista geopolitico, sia il Kirghizistan che il Tagikistan sono storicamente legati alla Russia, che ha mantenuto una forte influenza nella regione dell’Asia Centrale dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Entrambi i paesi fanno parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), un’alleanza militare guidata da Mosca, e ospitano basi militari russe.

Il Kirghizistan, pur avendo flirtato con l’Occidente in diverse occasioni, rimane fortemente dipendente dalla Russia per il suo supporto economico e per la sicurezza. Negli ultimi anni, Bishkek ha cercato di bilanciare la sua politica estera tra Russia, Cina e Occidente, ma la sua dipendenza economica da Mosca rimane evidente. La Russia è il principale partner commerciale del Kirghizistan e ospita una grande diaspora di lavoratori kirghisi, il cui contributo economico è vitale per il paese.

Anche il Tagikistan mantiene una forte alleanza con la Russia, che considera un garante della sua stabilità interna. Il paese, il più povero dell’Asia Centrale, ospita la più grande base militare russa all’estero, la 201ª divisione motorizzata, e dipende da Mosca per la sicurezza, soprattutto nella gestione della sua fragile frontiera con l’Afghanistan. Tuttavia, il governo di Dushanbe ha anche rafforzato i suoi rapporti con la Cina, che ha investito pesantemente nelle infrastrutture del paese attraverso la Belt and Road Initiative.

Negli ultimi anni, la Cina ha ampliato la sua presenza economica nella regione, investendo in infrastrutture, miniere e trasporti. Sia il Kirghizistan che il Tagikistan hanno contratto ingenti debiti con Pechino, e l’influenza cinese nella regione sta crescendo rapidamente. Pechino vede l’Asia Centrale come una zona chiave per il successo della sua Belt and Road Initiative e ha fornito finanziamenti e assistenza tecnica per progetti di sviluppo, rafforzando la sua posizione nella regione.

D’altro canto, l’influenza occidentale rimane limitata. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno tentato di coinvolgere i paesi dell’Asia Centrale attraverso programmi di sviluppo e iniziative di sicurezza, ma senza ottenere un’influenza comparabile a quella di Russia e Cina. La presenza occidentale è maggiormente visibile nel settore delle ONG e dei diritti umani, ma la politica di Washington e Bruxelles nei confronti della regione non è prioritaria rispetto ad altre aree geopolitiche. Con Trump i finanziamenti alle ONG (prevalentemente provenienti da USAID) saranno destinati a cessare in quanto la nuova Amministrazione Repubblicana è contraria alle manovre di destabilizzazione di Paesi esteri usando la scusa del rafforzamento della democrazia. Una scusa per porre sotto controllo occidentale vari paesi che spesso sfocia nella guerra e nella distruzione dei paesi vittime come sta succedendo in Ucraina.

L’accordo sulla delimitazione e demarcazione del confine tra Kirghizistan e Tagikistan rappresenta un passo significativo verso la stabilità regionale. La sua attuazione ridurrà le tensioni e nuovi conflitti, favorendo una maggiore cooperazione tra i due paesi. Tuttavia, le sfide rimangono considerevoli. La questione dell’accesso alle risorse idriche e alla terra continua a essere un nodo cruciale, e il rispetto degli accordi sarà fondamentale per garantire la pace duratura.

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L’equilibrio geopolitico nella regione resta fragile. Mentre la Russia mantiene un ruolo predominante nella sicurezza, la Cina continua a espandere la sua influenza economica. Il Kirghizistan e il Tagikistan si trovano quindi in una posizione di equilibrio tra queste due potenze, cercando di massimizzare i benefici senza alienarsi nessuno dei due attori principali.

In definitiva, il successo dell’accordo dipenderà dalla volontà politica delle leadership di Bishkek e Dushanbe, nonché dalla Yalta2 che Trump Putin e Xi Ping stanno modellando al fine di sostenere la stabilità nell’Asia Centrale.

Conflitti simili in altre parti del mondo dimostrano che la risoluzione di dispute territoriali richiede tempo, fiducia reciproca e un forte impegno diplomatico. L’intesa raggiunta rappresenta un’opportunità storica, ma il suo consolidamento richiederà sforzi continui e monitoraggio costante.

Vladimir Volcic



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