mafia e l’egemonia su Palermo

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Il 23 febbraio 1985, Roberto Parisi, presidente del Palermo Calcio e imprenditore di successo, viene crivellato di colpi in un agguato mafioso che segna una delle pagine più tragiche e simboliche degli anni Ottanta in Sicilia. L’omicidio avviene in via Calcante, a Palermo, e rappresenta non solo la fine della vita di un uomo, ma anche un messaggio di potere inviato dalla mafia, che non tollera sfide al suo controllo economico.

Un agguato da manuale mafioso

Era una mattina di fine inverno quando un commando composto da almeno cinque uomini, a bordo di due auto, raggiunge Roberto Parisi mentre si trova sulla sua Fiat 131, accompagnato dal suo autista, Giuseppe Mangano. Le vetture si affiancano e gli uomini armati iniziano a sparare senza pietà, uccidendo Mangano sul colpo e ferendo gravemente Parisi.

Nonostante il trasporto d’urgenza in ospedale, l’imprenditore muore dopo due ore di agonia. Un’ombra di fatalità aleggiava sull’accaduto, come spesso succede quando la mafia si fa giustizia: un uomo che aveva osato opporsi alle sue richieste viene eliminato senza alcuna remora.

Il contesto di un Palermo sotto il controllo mafioso

Gli anni Ottanta a Palermo erano dominati dai “comitati d’affari”, ambienti che intrecciavano mafia, potere politico ed economico, creando una fitta rete di corruzione e violenza. Parisi, imprenditore di successo con cinque aziende che occupavano centinaia di dipendenti, rappresentava una figura che osava sfidare questo sistema. Non solo rifiutava il pizzo, ma si era anche distinto nel panorama industriale, ampliando le sue attività all’estero, in Tunisia.

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Roberto Parisi era uomo deciso, ma che non poteva sfuggire alle logiche di un sistema mafioso che non tollerava la concorrenza.

La città reagisce, ma il Palermo non si ferma

La notizia dell’omicidio di Parisi si diffonde velocemente, scatenando una reazione di rabbia e sdegno tra i cittadini e i tifosi del Palermo Calcio. Valerio Majo, capitano della squadra, esprime il proprio disappunto per una città che sembra ormai non rispondere più alla necessità di un cambiamento.

Il giorno dell’assassinio, la squadra era in trasferta a Montesilvano, pronta a partire per Salerno per una partita di campionato. La società, pur scossa, decide di non annullare la partita, nonostante le richieste dei giocatori e delle autorità. La squadra, con il cuore pesante, scende in campo.

Un uomo di successo e un presidente contestato

Nato a Torino nel 1931, Parisi ha vissuto la sua infanzia a Napoli, dove il padre lavorava nel settore della cioccolata. A Palermo, diventa un imprenditore di successo, assumendo la guida della Icem, una società che gestisce l’illuminazione pubblica cittadina. Nel 1982 diventa presidente del Palermo Calcio, ma la sua presidenza non è priva di polemiche.

Nel 1984, il club retrocede in Serie C, un fallimento che segnerà negativamente il suo operato agli occhi di molti tifosi. Nonostante ciò, Parisi si distingue per la sua visione, cercando di fare del calcio un’opportunità di crescita sociale per la città.

Un messaggio della mafia: eliminare ogni forma di ribellione

L’omicidio di Roberto Parisi è un chiaro messaggio mafioso. In un periodo in cui le dichiarazioni di Tommaso Buscetta e le indagini antimafia stavano minando la stabilità della criminalità organizzata, la mafia reagisce colpendo uno degli imprenditori che si era rifiutato di sottomettersi al racket.

Il suo assassinio è simbolico: eliminare chiunque si ponga come ostacolo all’egemonia mafiosa sul territorio. La sua morte è un segno forte, destinato a spaventare e a mettere a tacere ogni altro imprenditore che potesse pensare di resistere.

Il testamento di Parisi: la sua visione per Palermo

In un libro che scrisse nel 1984, Parisi esprimeva il suo amore per Palermo e la sua visione del calcio come strumento di crescita civile e sociale. Era convinto che la città meritasse una squadra di Serie A e che il calcio potesse essere un veicolo per migliorare la società, affrontando temi come la violenza, la disoccupazione e la droga.

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Roberto Parisi credeva che il successo di una città dovesse passare attraverso l’impegno collettivo e che il Palermo Calcio appartenesse a tutti, non a pochi. Tuttavia, la sua morte ha impedito la realizzazione di quel sogno di rinascita che avrebbe potuto essere un segno di speranza per la città.

Un’impresa da sfidare: la mafia e l’economia di Palermo

L’assassinio di Roberto Parisi è solo uno dei tanti omicidi di imprenditori che, negli anni Ottanta, hanno scelto di non cedere alle richieste mafiose. Nel 1995, Emanuele Di Filippo si autoaccusa dell’omicidio, e successivamente viene condannato insieme ad altri complici. La mafia, infatti, si era trovata a fronteggiare un periodo di crescente difficoltà e cercava di ripristinare la sua supremazia attraverso l’eliminazione dei suoi nemici. L’omicidio di Parisi rimane uno dei segnali più chiari del controllo mafioso su Palermo, dove anche l’economia era soggetta al giogo della criminalità organizzata.

Lucrezia Agliani



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