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Era il gennaio del 1998, da poco passate le feste natalizie. Un trio di amici, poco più che maggiorenni, decide di andare a vedere il film che sta spopolando in quel momento: Tre uomini e una gamba. Ne parlano tutti, e i tre non vogliono essere messi da parte.
“Andiamo un sabato pomeriggio“, dice uno di loro, “tanto ormai l’hanno visto tutti.” Dopo un primo giro di telefonate, gli altri rispondono: “D’accordo. Ci vediamo al cinema Capitol. Andiamo allo spettacolo delle 18.00, così poi ci mangiamo qualcosa insieme.” Tre amici, proprio come i protagonisti del film. Mancava solo la gamba di legno, ma per il resto c’era tutto: il viaggio attraverso la città, il senso di avventura, la voglia di ridere insieme. Forse, senza saperlo, stavano vivendo una storia parallela a quella del film.
Sabato 31, ore 17.30. Nei giardini di fronte al cinema si presenta una folla incredibile. Mai vista prima tanta gente per un film. La gente spinge per entrare, qualcuno si arrabbia, altri cercano di sgusciare in avanti con la speranza di trovare un posto. I tre amici, schiacciati dalla calca, si guardano preoccupati di non riuscire a vedere il film. Perché quello non era più solo un film: era diventato un evento. Qualcosa di nuovo, di inaspettato. Qualcosa che non avevano mai vissuto prima e che probabilmente non avrebbero mai più vissuto.
Oggi sembra preistoria. I film si guardano su uno schermo portatile, con un click su una piattaforma di streaming. Non c’è attesa, non c’è fila, non c’è il rito collettivo di andare in sala. Oggi, al posto di quel cinema, ci sono degli appartamenti. Dove un tempo la gente faceva la fila per ridere insieme, ora ci sono finestre chiuse e salotti silenziosi. Il tempo è passato. Ma alcune cose restano. Per sempre.
Un film che ha segnato un’epoca
Ci sono film che appartengono a un’epoca e altri che riescono a trascenderla, diventando parte di un linguaggio collettivo, di un immaginario che si tramanda di generazione in generazione. Tre uomini e una gamba è uno di questi. Non è solo un film comico, non è solo l’esordio cinematografico di un trio che ha segnato la storia della comicità italiana: è un fenomeno culturale, un evento che ha ridefinito il modo di fare e di fruire il cinema comico in Italia.
Eppure, quando il film uscì nelle sale il 27 dicembre 1997, nessuno avrebbe potuto immaginare il suo impatto. Non era una produzione milionaria, non era un film costruito a tavolino per sbancare il botteghino, anche se non è nella classifica dei dieci film italiani con maggiore incasso. Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti, insieme a Marina Massironi, arrivavano dal teatro e dalla televisione, erano amatissimi dal pubblico della Gialappa’s Band, ma il cinema era un’altra cosa. Il successo era tutt’altro che scontato.
E invece accadde qualcosa di straordinario: il pubblico lo accolse come si accoglie un vecchio amico, come si riconosce un pezzo della propria vita. Il passaparola fece il resto. Le sale si riempirono oltre ogni previsione, la gente faceva la fila per vedere (e rivedere) un film che raccontava, con leggerezza e profondità, una storia di amicizia, di amore, di crescita e di riscatto personale.
Un trio fuori dagli schemi
Per capire il successo di Tre uomini e una gamba, bisogna tornare indietro, alle origini del trio. Aldo, Giovanni e Giacomo si incontrano negli anni ’80 nel mondo del teatro comico milanese. Da una parte Aldo e Giovanni. Dall’altra Giacomo e Marina. I quattro si rincorrono per un certo tempo finché agli inizi degli anni ’90 non cominciano a lavorare insieme sotto il nome di Galline vecchie fan buon Brothers. Finalmente insieme, il trio affina il suo linguaggio e crea un’alchimia che lo renderà inconfondibile. A differenza di molti altri comici del tempo, che si affidavano alla battuta verbale o alla satira politica, loro sperimentano una comicità più fisica e surreale, basata su espressioni, gestualità e situazioni ai limiti dell’assurdo. Persino silenzi.
Nel 1994 il loro talento incontra la Gialappa’s Band e il programma Mai dire Gol, che diventa il trampolino di lancio per il grande pubblico. Qui danno vita a una serie di personaggi memorabili: dai surreali Bulgari, agli implacabili Svizzeri, dall’iconico Tafazzi allo sconclusionato Johnny Glamour, senza dimenticare Rolando e Mr. Flanagan. La loro comicità si distingue subito: mentre la Gialappa’s ironizzava principalmente sul mondo del calcio, Aldo, Giovanni e Giacomo portavano in TV un umorismo quasi teatrale, fatto di tempi comici perfetti, giochi di sguardi e situazioni assurde che non avevano bisogno di essere spiegate.
Dal teatro al cinema: la scelta coraggiosa
Prima di arrivare al grande schermo, il trio consolida il suo successo nei teatri. Gli anni ’90 li vedono protagonisti con spettacoli cult come I Corti (1995), dove portano in scena il loro repertorio più famoso. È qui che nascono alcune delle loro gag più celebri, come la meravigliosa gita in montagna, i tre spettatori e il conte Dracula e Nico. Quello che colpisce il pubblico è la capacità di mescolare comicità fisica e mimica con dialoghi surreali e battute fulminanti.
Aldo, Giovanni e Giacomo decidono di fare diversamente. Non vogliono limitarsi a mettere insieme gag scollegate, vogliono raccontare una storia vera e propria. Ed è così che nasce Tre uomini e una gamba: un film on the road, con una struttura semplice ma efficace, che permette di intrecciare momenti di pura comicità con spunti più riflessivi e poetici. È una scelta coraggiosa, perché invece di puntare su una trama costruita intorno a gag preesistenti, scelgono di creare una storia con un arco narrativo vero e proprio, dove la comicità non è fine a sé stessa, ma serve a raccontare il viaggio e la crescita dei personaggi.
Il film parte con una premessa minimalista: tre amici devono viaggiare da Milano a Gallipoli per accompagnare Giacomo, in procinto di sposarsi con la figlia del loro odioso capo, e consegnare al futuro suocero (già suocero di Giovanni e Aldo) una gamba di legno: il mitico Garpez. Un pretesto narrativo esile, ma perfetto per creare situazioni comiche e momenti di riflessione. Ma Tre uomini e una gamba non è solo una commedia. Dietro le gag e le battute esilaranti si nasconde un’anima più profonda, un sottile filo filosofico che percorre l’intero viaggio dei protagonisti. La loro avventura non è soltanto un itinerario geografico, ma anche un percorso interiore, un’occasione per interrogarsi sul senso della vita, sull’amicizia, sulla libertà e sulle scelte che determinano il nostro destino.
Il viaggio diventa così una metafora più ampia. Non si tratta più solo di consegnare una gamba di legno: si tratta di capire dove stanno andando davvero, non solo in senso fisico, ma anche esistenziale. Marina, la ragazza che incontrano lungo il percorso, è l’elemento di rottura che li costringe a fermarsi, a osservare la loro vita dall’esterno e a chiedersi: ma numm, chi semm? È davvero questo ciò che vogliamo? Il confronto con la giovane donna fa emergere le insicurezze di Giacomo, il senso di frustrazione di Giovanni e la voglia di vivere di Aldo. Sono tre uomini diversi, con caratteri opposti, ma che in fondo condividono la stessa paura, comune a tutti gli individui: quella di sprecare la propria esistenza.
Il film gioca su questi contrasti con grande delicatezza. Alterna momenti di comicità pura a scene di introspezione, come quando Aldo e Giovanni parlano del bar in Costa Rica, acquistabile con venti milioni di lire (circa 16mila euro di oggi). Questa scena è accompagnata da una musica malinconica eppure speranzosa. I due uomini parlano di coraggio, quel coraggio che dovrebbe spingerli ad abbandonare tutto. Mentre Giovanni valuta il rischio, Aldo si prende cura di una gatta, trovata chissà dove. Una gatta che, qualche scena dopo, sarà acciambellata dentro un cestino, nella camera d’ospedale di Giacomo, intenta ad allattare i suoi cuccioli.
Ed è proprio questo equilibrio tra umorismo e malinconia che rende Tre uomini e una gamba un film inaspettato e unico nel suo genere. La sua comicità è spontanea, mai forzata, e si intreccia con una dolcezza che raramente si trova nelle commedie italiane. Il pubblico non ride soltanto: si affeziona ai personaggi, si riconosce nelle loro debolezze, nelle loro piccole fughe dalla realtà. Il passaparola trasforma il film in un evento. Non è solo un successo al botteghino: Tre uomini e una gamba diventa un fenomeno sociale. La gente va a rivederlo più volte, ride così tanto in sala che in alcune scene è impossibile sentire le battute successive. Il film entra subito nel linguaggio comune: intere frasi vengono ripetute a memoria, scene iconiche diventano riferimenti culturali immediati.
Ma il suo successo non si spiega solo con la comicità. La forza di Tre uomini e una gamba sta nel suo essere un film che parla a tutti: a chi cerca una risata, a chi ha paura di cambiare, a chi almeno una volta nella vita ha sentito quel “rumorino” e si è chiesto se fosse arrivato il momento di deviare dal percorso prestabilito.
Molti film comici lasciano il segno per qualche stagione, poi vengono dimenticati. Ma con questo film è successo qualcosa di diverso. Alcune scene, alcune battute, sono diventate espressioni di uso comune, capaci di superare il tempo e le epoche. Se oggi, a distanza di più di venticinque anni, qualcuno dice “la cadrega”, tutti sanno di cosa sta parlando. Se ti trovi in una situazione di stallo, in cui non puoi fare nulla, viene naturale dire “non posso né scendere né salire”. Non è solo una commedia: è un film che ha creato riferimenti culturali che ancora oggi vengono citati, condivisi, ripetuti.
Pensiamo alla partita di calcio sulla spiaggia. Una scena in cui il calcio, così spesso raccontato nel cinema italiano come metafora epica o drammatica, viene trasformato in un gioco surreale. Aldo si nasconde sotto la sabbia per poi uscire all’improvviso e segnare un gol, in un gesto che racchiude tutta la leggerezza e la libertà della loro comicità. Un momento di puro divertimento, che rompe qualsiasi schema e che diventa simbolo dell’imprevedibilità e del gusto di sovvertire le regole. Vediamo solo i gol del trio e la parata di Marina. E pensiamo: ‘hanno vinto’. Invece…
Oppure la scalata impossibile, con Aldo bloccato sulla parete rocciosa che, con il suo inconfondibile accento siciliano, esclama “non posso né scendere né salire”. È una gag esilarante nella sua semplicità, ma è anche una perfetta metafora di quelle situazioni della vita in cui ci si sente bloccati, intrappolati tra due scelte, senza possibilità di muoversi in alcuna direzione. Una frase che oggi chiunque può usare nella propria quotidianità, quando si trova in un momento di impasse.
C’è poi la finta telefonata al suocero, in cui Aldo finge di parlare con il padre della futura sposa di Giacomo, solo per insultarlo in un crescendo di finti ossequi e offese surreali, culminando nel leggendario “vi a effe effe unguuuuuulo!”. È la ribellione che tutti vorrebbero fare almeno una volta nella vita, il sogno di poter dire esattamente quello che si pensa senza subire conseguenze.
E infine, si fa per dire perché potremmo andare avanti per ore, il dialogo della cadrega, in cui Giovanni trasforma una semplice sedia in un concetto quasi metafisico, portando avanti una discussione tanto assurda quanto irresistibile. L’idea che un oggetto banale come una sedia possa diventare il centro di un dibattito esistenziale è esattamente il tipo di comicità che distingue Aldo, Giovanni e Giacomo: un umorismo che gioca sulle situazioni più semplici, portandole fino al limite.
Queste scene non sono solo gag ben scritte: sono immagini, parole e situazioni che hanno superato il confine del film per entrare nel linguaggio comune. Sono diventate archetipi comici, riferimenti che chiunque in Italia può riconoscere e comprendere al volo.
Un film che ci ha fatto ridere, ma ci ha anche insegnato qualcosa
Eppure, dietro la risata, c’è qualcosa di più. Tre uomini e una gamba non è solo una collezione di sketch riusciti: è un film che, senza mai prendersi troppo sul serio, parla di scelte di vita, di crescita personale, di libertà. Il viaggio dei protagonisti è un viaggio verso la consapevolezza. All’inizio del film, Giacomo è diretto verso un matrimonio che non desidera davvero, mentre Aldo e Giovanni sembrano destinati a una vita di sottomissione a un capo dispotico. Il loro cammino è già scritto, e loro lo percorrono senza metterlo in discussione. Ma è solo attraverso l’imprevisto, attraverso l’errore e l’incontro con Marina, che iniziano a vedere un’alternativa.
Le scene comiche non sono mai fini a sé stesse: hanno sempre un significato più profondo. La scalata impossibile non è solo un pretesto per una battuta, è l’emblema di chi si trova in un momento di stallo e deve trovare il coraggio di cambiare strada. La telefonata al suocero è l’urlo liberatorio che molti vorrebbero lanciare ma non possono permettersi. La partita di calcio sulla spiaggia non è solo un gioco, è la celebrazione della libertà, del divertimento puro, di quel momento di follia che può cambiare il corso di una giornata (o di una vita).
E forse è proprio per questo che Tre uomini e una gamba continua a vivere oltre il suo tempo. Non è solo un film che ci ha fatto ridere: è un film che, in qualche modo, ci ha insegnato a guardare la vita con più leggerezza, a non prenderci troppo sul serio, a capire che spesso, per cambiare le cose, basta deviare leggermente dal percorso prestabilito.
Tre uomini e una gamba non è solo un film di successo. È un pezzo di cultura popolare. E, soprattutto, è una di quelle rare commedie che non si limitano a far ridere, ma riescono a dire qualcosa di universale, qualcosa che rimane, anche quando la risata si spegne.
Di Tre uomini e una gamba non ne avremo mai abbastanza
Ci sono film che ci fanno ridere, altri che ci fanno pensare. E poi ci sono quei film rari, quasi magici, che riescono a fare entrambe le cose. Tre uomini e una gamba è uno di questi. È un film che non invecchia, che rimane sempre lì, saldo nella memoria collettiva, come un monolito che nessuna epoca può scalfire.
Le risate che ci ha regalato sono ancora fresche, le battute ancora vive. Ma più passa il tempo, più ci accorgiamo che non è solo un film comico. È un compagno di viaggio, un rifugio sicuro, un mantra a cui aggrapparsi nei momenti in cui la vita ci sembra troppo seria, troppo rigida, troppo piena di regole. Che ci aiuta quando siamo bloccati tra due scelte impossibili. Quando dobbiamo prendere una decisione su qualcosa di banale. Quando il mondo ci chiude in un angolo e ne vorremmo uscire
Non importa quanto il mondo sia cambiato da quel gennaio del 1998, quando tre amici, in mezzo alla folla, aspettavano di entrare in sala senza sapere che stavano per assistere a qualcosa che li avrebbe accompagnati per tutta la vita. Il cinema Capitol non esiste più, oggi al suo posto ci sono degli appartamenti, le sale non si riempiono più così facilmente, e le persone guardano i film su uno schermo piccolo, da soli. Ma Tre uomini e una gamba resta. Indelebile.
Forse perché abbiamo ancora bisogno di ridere. Forse perché, ogni tanto, abbiamo bisogno di ricordare che nella vita ci si può fermare, cambiare strada, scegliere un finale diverso. O forse, semplicemente, perché è un film che ci fa sentire a casa. Ed è per questo che, ancora oggi, non ne abbiamo mai abbastanza.
La classifica dei 5 migliori film di Aldo, Giovanni e Giacomo
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