DIARIO ECUADOR/ Il ballottaggio che può riconsegnare il Paese a Correa

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In Ecuador il Consiglio elettorale nazionale ha concluso lo scrutinio ufficiale delle elezioni presidenziali che si sono tenute lo scorso 9 febbraio, confermando la stretta vittoria dell’attuale Presidente Daniel Noboa sulla candidata del partito dell’ex Presidente Refael Correa (dal 2007 al 2017) Luisa Gonzalez. L’attuale Presidente ha ottenuto, con il suo partito ADN, Accion Democratica Nacional, il 44,17% mentre la sua avversaria, candidata di Revolucion Ciudadana ha raccolto il 43,97%.



Tutto si deciderà nel ballottaggio previsto per il 13 aprile, ma la situazione resta incerta in una nazione che sta tentando di scrollarsi di dosso i fortissimi poteri narco che, come accade in altri Paesi latinoamericani, nella pratica hanno una capacità di influenzare i voti immensa.

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Difatti appena salito al potere Noboa ha utilizzato l’Esercito per combattere i cartelli della droga che hanno trasformato l’Ecuador, a causa della dollarizzazione dell’economia, in un Paese cruciale per i loro traffici anche per la presenza di cartelli stranieri (mafia albanese e ‘ndrangheta) i quali, per gli stessi motivi di quelli latinoamericani, considerano questa nazione di estrema importanza.



Il processo elettorale questa volta è stato lungo per la semplice ragione che, nelle prime ore dello scrutinio, sono emerse varie denunce per presunte irregolarità, però alla fine senza prove atte a dimostrarle, anche perché sia l’Ue che l’Organizzazione degli Stati americani, chiamate a controllare le operazioni di voto, hanno scartato qualsiasi indizio di frode.

Ora, nella pratica, il risultato del ballottaggio sta nelle mani della terza forza politica, il partito indigeno Pachakutik, nelle cui mani ci sono oltre 538.000 voti che potrebbero avvantaggiare uno dei due candidati. Secondo la Confederazione nazionale indigena (Conaie) Noboa però non rappresenta un’opzione di voto, cosa che potrebbe sovvertire nuovamente il Paese con il ritorno, nella pratica, del discusso Correa, che, ricordiamolo, nel 2020 venne condannato a 8 anni di carcere per aver coperto casi di tangenti e corruzione, tra i quali il famoso Odebrecht, che coinvolse diversi Paesi latinoamericani.



A causa di ciò Correa non ha potuto, né potrà ricandidarsi, essendo stato interdetto a vita ai pubblici uffici, ma ricordiamo che la condanna è avvenuta in contumacia, in quanto Correa vive in Belgio, Paese natale della moglie, da quando, nel 2017, ha lasciato la presidenza della Repubblica. Nel caso tornasse nel suo Paese, verrebbe immediatamente arrestato.

Insomma, anche in questo caso, come il quello di Evo Morales in Bolivia, ci troviamo di fronte a leaders politici con smania di tornare al potere ed è davvero difficile pensare che, in caso di vittoria della sua delfina politica Luisa Gonzalez, Correa non approfitterà della situazione per ritornare sulla scena politica annullando le passate sentenze a suo carico.

E di ciò si può essere certi, al punto che Correa stesso ha già dichiarato che, in caso di vittoria elettorale del suo partito, riconoscerà… pardon.. farà riconoscere alla sua candidata Nicolas Maduro come Presidente del Venezuela, sostenendo un po’ goffamente che non ci sono prove di una frode nelle passate elezioni del Paese caraibico.

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Ricordiamo che pure in Venezuela il potere narco è fortissimo, occupando addirittura posti chiave non solo nell’amministrazione politica, ma anche nell’esercito: per questa ragione, aggiunta ad altre, bisognerà prestare molta attenzione alla prossima tornata elettorale, anche perché di certo Noboa non starà con le mani in mano e farà di tutto per ottenere l’appoggio non solo di altre democrazie sudamericane, ma pure quello, importantissimo, degli Stati Uniti, che di certo vorranno influenzare il risultato e non consegnare una nazione ricchissima di risorse naturali sotto il controllo di Russia e Cina che, come già nel caso venezuelano, sfruttano a piene mani tutto questo patrimonio.

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