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New York – Siamo nel cuore pulsante di Manhattan, dove i grattacieli sfiorano il cielo e le ambizioni si fanno più audaci, nelle cucine di una delle insegne icona della ristorazione mondiale, l’Eleven Madison Park, brilla un talento lucano che ha saputo trasformare il sogno in realtà, Stefano Casale. A soli trent’anni, con una gavetta costellata di sacrifici e una passione incrollabile per questo mestiere, Stefano è oggi uno dei protagonisti di questo tempio della gastronomia mondiale, ma, soprattutto, un esempio di come la determinazione, e solide radici profonde, possano aprire le porte del successo. La sua storia è un viaggio appassionante tra lingue e culture, tra cucine stellate e una filosofia gastronomica in continua evoluzione.
Un’eredità familiare e il richiamo della cucina
La scintilla della passione per la cucina si accende presto alimentata dall’amore e dalla tradizione familiare. “La mia passione nasce in famiglia. Mio padre e le mie nonne mi hanno ispirato ed insegnato il valore del cibo. Da piccolo, passavo ore ad osservare e seguire quei movimenti precisi, quasi rituali.” Crescere in un ambiente dove il cibo era espressione di affetto e cultura ha segnato profondamente il suo percorso, instillandogli un rispetto quasi sacrale per gli ingredienti e un’attenzione maniacale per i dettagli. E di questo ne va estremamente fiero.
Un viaggio che parte da Savoia di Lucania
Savoia di Lucania, un piccolo borgo incastonato tra le montagne lucane, un luogo ricco di storia, ma soprattutto noto per aver dato i natali a Giovanni Passannante, l’anarchico che attentò alla vita di Re Umberto I. Proprio in questi mesi il Comune ha avviato un progetto culturale dal titolo “UnMonumental. Riscrivere Passannante”, utile a riflettere sulla memoria storica dell’anarchico. Ma è anche la terra che ha forgiato il carattere di Stefano, insegnandogli il valore del lavoro, la tenacia e l’importanza di non dimenticare mai le proprie origini. “Ho frequentato l’Istituto Alberghiero a Potenza, una scuola di cui vado fiero per quello che mi ha insegnato. – Dopo il diploma si iscrive ed è ancora socio, a testimonianza del suo legame con la sua terra, dell’Associazione Cuochi Potentini e della Federazione Italiana Cuochi. – È vero, però, che quando sono arrivato in Francia mi sono reso conto che i ragazzi che escono dalle scuole alberghiere Francesi sono più pronti e preparati di noi italiani. Purtroppo, tocca ammettere, che in media i nostri istituti professionali alberchieri sono ancora un po’ indietro rispetto a quelli Europei.” Terminata la scuola Londra rappresentava il primo grande salto verso un futuro ancora incerto, ma colmo di sogni. “A diciott’anni sono partito per la City per imparare l’inglese. Ho lavorato all’Hilton, poi per un anno e mezzo con Claude Bosi, at Bibendum, due stelle Michelin. Sono state esperienze che mi hanno formato e mi hanno aiutato a capire cosa fare e cosa no, e soprattutto se davvero fossi portato e motivato per questo mestiere.”
L’ingresso nell’olimpo della ristorazione: Eleven Madison Park
Nel 2017, la strada di Stefano incrocia per la prima volta quella di chef Humm all’Eleven Madison Park, che proprio quell’anno si porta in vetta alla classifica dei migliori al mondo. Infatti, il ristorante è premiato al 1° posto nell’Olimpo dei The World’s 50 Best Restaurants, la kermesse più prestigiosa e mediatica, nonché il riconoscimento più ambito dell’universo gastronomico. “Lì ho capito che un grande ristorante non è solo cucina: è cura, attenzione, esperienza totale.” Nel 2018 il sogno americano per Stefano si interrompe temporaneamente, scade il suo permesso di soggiorno ed è costretto a tornare in Europa.
Alain Ducasse e il rigore della grande scuola francese
Il destino lo conduce a Parigi, dove ha l’opportunità di lavorare al Les Meurice, sotto la guida del leggendario e pluristellato chef Alain Ducasse. Lavorare con Alain Ducasse significa immergersi in una delle filosofie culinarie più rigorose al mondo. Il ristorante Les Meurice, situato nell’omonimo hotel di Parigi, è uno dei templi della gastronomia francese, dove la ricerca maniacale della qualità del prodotto, la precisione e la tecnica raggiungono livelli di assoluta eccellenza. “Lavorare per Ducasse è stato come fare un dottorato in cucina. Les Meurice è il tempio della precisione. Con lui ho imparato cosa significa davvero rispettare l’ingrediente, portarlo alla sua massima espressione senza mai sovrastarlo.” Saranno quattro gli anni di lavoro a Parigi per Stefano che gli serviranno a perfezionare la tecnica e affinare la sua visione. Un’esperienza che lo segna profondamente, insegnandogli il valore della disciplina, della ricerca della perfezione e del rispetto assoluto per la materia prima.
Il ritorno a New York e la rivoluzione vegetale di Daniel Humm
Nel 2021, Stefano fa ritorno all’Eleven Madison Park, ma lo scenario è completamente cambiato. Daniel Humm, chef eccellente e visionario, ha intrapreso una svolta radicale, abbracciando una cucina completamente vegetale. “Chef Humm aveva iniziato la sua idea di rivoluzione totale in cucina: era nato qualcosa di nuovo, una visione completamente diversa. Aveva deciso di lavorare e proporre esclusivamente un menu interamente vegetale.” Una scelta coraggiosa, che ha suscitato inizialmente non poco scalpore nel mondo della gastronomia, ma che ha anche spinto il team dell’Eleven Madison Park a reinventarsi completamente e a compattarsi ulteriormente. Per sostenere questa scelta, Humm ha avviato un progetto di collaborazione con Maciek Kobielski e la Magic Farms LLC, una tenuta a New York City al confine tra New York e il Vermont, dove coltivare in modo sostenibile gran parte degli ingredienti utilizzati nei suoi piatti. “All’inizio è stato uno shock, ci siamo chiesti se fosse stato davvero possibile e facile proporre alta cucina senza proteine animali. La risposta è stata sorprendente, chef Humm era determinato e sicuro, abbiamo dovuto reinventare ogni tecnica, riconsiderare ogni piatto.” Un percorso di ricerca e sperimentazione che ha portato alla creazione di piatti sorprendenti, capaci di esaltare la ricchezza e la versatilità del mondo vegetale, un successo che ha conquistato il pubblico e anche la critica gastronomica più scettica.
Una trasformazione che ha messo in evidenza il grandissimo lavoro di squadra, uno dei capisaldi straordinari della filosofia dell’Eleven Madison Park. A cominciare dal culinary director Josh Harnden (un talento di cui sentiremo parlare, ndr), lo chef de cuisine Dominique Roy, l’altro senior sous chef Mattia Rancati, l’executive pastry chef Laura Cronin e tutta la squadra per sviluppare nuovi piatti e tecniche. Un intenso lavoro di ricerca e sviluppo che ha portato anche alla pubblicazione del libro “The Plant-Based Chapter”, che racchiude tre anni di studio e innovazione.
I peperoni cruschi: un pezzo di Basilicata a New York
In questo contesto di continua evoluzione, Stefano trova il modo di celebrare le sue radici, portando un pezzo di Basilicata nella cucina dell’Eleven Madison Park. “Ho avuto l’onore di proporre ed inserire tra gli ingredienti di un piatto a base di peperoni anche il nostro peperone crusco. È stato un momento di orgoglio incredibile. Vedere un prodotto della mia terra in un piatto è stata una soddisfazione enorme.” Un omaggio alla terra d’origine e un esempio di come la cucina possa essere un ponte tra culture diverse ed emblema di amicizie.
L’Eleven Madison Park e il fenomeno ‘The Bear’
La serie televisiva The Bear ha acceso i riflettori sulla frenesia e la tensione emotiva che spesso si respira nelle grandi cucine. L’Eleven Madison Park diventa, seppur mai esplicitato, luogo simbolo e di ispirazione per gli sceneggiatori della famosissima serie Tv andata in onda su Netflix, che in particolare nella seconda stagione racconta della disciplina e del sacrificio necessari per emergere in questo mondo. “Ma al di là della realtà filmica, qui da noi, invece, la filosofia del “Make it Nice” è fondamentale, l’importanza del lavoro di squadra, della passione e della ricerca costante della perfezione sono conseguenti al rispetto assoluto per tutti i dipendenti. “Qui ogni persona ha un grande valore, è un ambiente sano e gratificante che restituisce a ciascuno di noi benessere e piacere, voglia di migliorarsi ogni giorno. Questi valori premianti e densi di umanità sono la base per un ristorante di questo livello, che sa guardare al futuro facendo crescere nuovi talenti in ogni settore del ristorante”
Radici e futuro
Il legame con la Basilicata resta indissolubile. Stefano Casale è un esempio di come il talento, unito alla determinazione e all’amore per le proprie origini, possa aprire le porte del successo. Il suo viaggio, iniziato da un piccolo paese della Basilicata, è un inno alla passione, al sacrificio e alla continua ricerca della perfezione. “Non esistono scorciatoie. Solo dedizione, lavoro e l’ossessione di migliorarsi sempre.”
Sono stati i Refused, con New Noise ad accompagnare questo viaggio e questo incontro con Stefano.
Prosit e Serenità.
Un articolo di WineRock – Rocco Catalano.
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