Onu, è scontro tra Ue e Usa. Macron media con Trump

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WASHINGTON. Presto per scorgere la fine del conflitto in Ucraina, ma è il momento di individuare un percorso. Emmanuel Macron, primo leader europeo a incontrare alla Casa Bianca Donald Trump, lascia il campus soddisfatto. Sul volo che lo ha riportato a Parigi, può – almeno da una prospettiva francese, se anche europea si vedrà – sostenere che il fossato fra Usa e Vecchio Continente è meno profondo. «Dopo aver parlato con Trump, vedo un percorso» per chiudere la guerra a Kiev. I due hanno discusso anche dei dettagli dei negoziati a dimostrazione che la mossa di Trump di chiamare Putin, mandare un suo team a Riad per dialogare con gli inviati di Mosca e «continuare le consultazioni con i russi in maniera costante», ha cambiato regole del gioco e mappa.

Macron è lesto nella conferenza stampa che ha chiuso la sua visita blitz ma intensa a Washinton a riconoscere che «ora il contesto è cambiato, c’è una nuova Amministrazione». Che pensa in modo diverso, che ha una ambizione strategica diversa ed inutile sarebbe rimanere appiattiti su vecchie e stantie richieste. Macron sintonizza così il suo Paese su una lunghezza d’onda per cogliere il suono del tycoon.

I due ieri hanno partecipato insieme al vertice del G7, convocato dal canadese Trudeau presidente di turno. Entrambi dicono che il colloquio è andato bene, che le posizioni fra gli alleati sono allineate nel voler vedere la fine del conflitto, ma le divergenze non sono appiattite su come attribuire colpe e responsabilità. Gli americani entrano al G7 senza voler puntare il dito contro Mosca. Il fatto che ieri sera un comunicato congiunto non era stato diffuso conferma che le differenze sul tema restano.

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Smaccate e pubblicamente evidenti le ferite che l’alleanza atlantica ha patito invece all’Onu dove si sono votate due risoluzioni: una presentata da ucraini e europei; un’altra da Washington che sino all’ultimo ha cercato consensi di alleati. I francesi erano anche disposti a votare quella americana, ma i loro emendamenti l’hanno annacquata così tanto che era simile, spiega una fonte Usa, a quella originaria che difende sovranità e integrità territoriale e denuncia il ruolo russo nell’avvio del conflitto. Quindi alla fine, gli Usa hanno votato contro gli emendamenti e si sono astenuti sul loro testo stesso, il voto finale è stato 93 sì e 73 astenuti. Quella co-sponsorizzata da Kiev ed Europa invece ha avuto 93 sì, tra cui l’Italia, e fra i 18 contrari gli americani.

A Washington però Trump ha ignorato la domanda dei reporter mentre era con Macron nello Studio Ovale. Qui le discussioni nel bilaterale si sono snodate lungo altri fili e la sintonia – molto pragmatica, virtù che a Macron non ha mai fatto difetto – fra il presidente francese e quello americano è stata più sottile di quanto appare. Anzitutto Trump ha dato semaforo verde all’invio di truppe europee, «Putin le accetterà». Macron ha spiegato il senso di una missione che avverrebbe solo a cessate il fuoco siglato da entrambi le parti e con tutte le salvaguardie di sicurezza in vigore. «Non si tratta di andare in prima linea, ma di preservare la pace, le truppe sono un segnale di solidarietà». Macron da parte sua ha evidenziato il suo sostegno al patto che Trump sta per chiudere con Zelensky sullo sfruttamento delle terre rare. Cambia l’angolazione da cui i due vedono la questione: economica in primis per Trump che ha ripetuto che Washington ha speso «350 miliardi di dollari e vuole essere ripagata», mentre gli europei «hanno prestiti che verranno ripagati». Parole che non coincidono proprio con la realtà, ma Trump non si sposta di un millimetro dalla convinzione che la guerra sia stata principalmente una fonte di perdita economica maggiore per gli Usa rispetto agli europei. «Noi abbiamo pagato il 60%» ha detto Trump nello Studio Ovale, innescando un siparietto con l’ospite che gli ha preso un braccio spiegandogli che non è vero e che le cifre sono diverse. «Se lo dici tu», ha risposto praticamente Trump.

Macron nelle terre rare vede invece una garanzia dell’impegno Usa per la sicurezza. Se Washington non darà armi, resta comunque «impegnata nella protezione dell’Europa», in modo diverso, è il ragionamento di Macron.

Entrambi i leader si sono detti d’accordo che è questo «il momento per spingere» per la soluzione del conflitto. E con dosi industriali di realismo anziché indugiare i piani mirabolanti di accordi, hanno sottolineato che il primo passo deve essere il cessate il fuoco «premessa a una pace stabile e duratura». Macron nel 2022 ha trascorso 7 ore con Putin cercando di scongiurare l’invasione, ha rifiutato di dare “suggerimenti” a Trump su come rapportarsi al capo del Cremlino ma ha evidenziato che qualsiasi accordo «non può essere debole e deve prevedere delle garanzie di sicurezza». Per l’Ucraina – onde evitare un bis dei negoziati del 2014 che non limitarono le brame di Putin – e per «la difesa collettiva dell’Unione europea».

Giovedì sarà la volta di Keir Starmer, premier britannico a Washington. Arriverà anche Zelensky, Trump lo attende – ha detto – «questa o la prossima settimana». Nessun dettaglio. Potrebbe arrivare per firmare l’intesa sui minerali. Non certo un passo verso la Nato. Sull’adesione, Washington è irremovibile. «Non è sul tavolo», ha detto Mike Waltz consigliere per la Sicurezza nazionale. La parola Nato non è mai comparsa nella mezz’ora abbondante di conferenza stampa.



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