se le contraddizioni della destra indicano la strada alla sinistra

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La sinistra dovrebbe rifare quel lavoro di conciliazione di miti e ideali opposti che fu tipico della stagione del Dopoguerra, quando fiorirono letture di sinistra della nazionalità italiana, del ruolo del nostro paese, delle relazioni fra capitale e lavoro, allargando lo sguardo alla tecnologia, al genere, alle relazioni affettive, all’ambiente. Solo così potrà farsi inseguire, e non inseguire, la destra e affascinare gli elettori

Il successo elettorale dell’estrema destra in Germania conferma la tendenza degli elettori a farsi attrarre da messaggi e leadership contraddittorie. Alice Weidel, la leader di AfD, conduce un partito tradizionalista, anti-migrazione, reazionario e protezionista vivendo l’unione sentimentale con una donna non nativa, con cui cresce due figli, avendo la propria casa all’estero e venendo da studi economici e una carriera in istituzioni finanziarie non proprio conservatrici.

Le etichette utilizzate per i partiti di destra che collezionano successi elettorali – broligarchi e populisti, accelerazionisti reazionari, tecnopopulisti e così via – insistono sulla contraddizione. Donald Trump ed Elon Musk uniscono tecnofuturismo e conservazione, estetica camp e ottimismo futurologico a una visione reazionaria del genere e della famiglia.

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Giorgia Meloni si barcamena fra il richiamo a valori morali tradizionali e la sua famiglia non del tutto tradizionale, fra giustizialismo di destra e la difesa di quelli fra i suoi che hanno problemi con la giustizia (da Giovanni Toti ad Andrea Delmastro Delle Vedove), fra l’occhiolino a forme varie di assistenzialismo travestito (come i condoni) e pulsioni liberiste, fra la fedeltà alla politica estera europea e l’amicizia con Trump.

Il fascino dell’imperfezione

Ma la contraddizione attrae gli elettori. Anche quelli che prima votavano a sinistra. Come spiegarlo? È il fascino del cedimento umano all’imperfezione, dalla caduta nel peccato che va insieme al tributo a forme forti di moralità, promesse di ordine e sicurezza? È meglio un sacerdote austero ma peccatore che un libertino o un libertario coerente?

Le disinvolture dei compagni (di vita e di partito) di Meloni e la famiglia arcobaleno di Weidel sono meglio della disinvoltura di Elly Schlein sul carro del Pride? Oppure è semplicemente irrazionalità e angoscia? Abbiamo bisogno di più raziocinio diffuso, come ha suggerito Sergio Labate qui?

La mia ipotesi è che siano proprio gli elementi contraddittori ad attrarre. Il messaggio seducente della destra racconta un mondo dove gli estremi si toccano e i prezzi della coerenza non si pagano. Si possono avere vite affettive reali, vissute con compagne e compagni, figli e figlie concreti ma al tempo stesso rimanere ancorati all’immaginario confortevole della famiglia.

Si possono godere i frutti della globalizzazione ma esternalizzare i migranti – in Albania – o sceglierli – alcuni sì, altri no (le badanti delle nostre mamme sì, le nostre compagne sì, i presunti delinquenti no). La badante e i mille volti di chi esercita i lavori di cura e mantiene in piedi l’infrastruttura del paese, ma nessun prezzo di integrazione. Si può esercitare libertà d’impresa e sperare nell’arricchimento, ma attutire il rischio con aiuti statali mascherati.

Rispondere al vento di destra

E se questa  fosse in fondo una ricetta di sinistra? Se quello che gli elettori chiedono fosse, in realtà, di dire che anche forme apparentemente irregolari di relazione affettiva rientrano nella nozione di famiglia, che gli immigrati sono un fattore di modernizzazione e potenziamento dell’economia, a certe condizioni e garantendo forme non tumultuose di integrazione, che il bilanciamento fra tutela e iniziativa economica dovrebbe essere meglio perseguito?

Forse la risposta al vento di destra non è solo raziocinio o maggiore libertà dal basso, né la vecchia pedagogia supponente e ortopedica della sinistra di governo. Forse la sinistra dovrebbe riscoprire la capacità di cucire le maglie slabbrate e apparentemente divergenti della realtà, parlando anche all’immaginazione e ai sentimenti della sua base.

Non è questione di marketing elettorale, di storytelling, né di riesumare il caricaturale «ma anche» di Walter Veltroni. È questione di articolare di nuovo una visione complessa del mondo e della società. Una visione nuova, però: le chiavi di lettura economiciste del marxismo ortodosso non hanno funzionato, e non sono servite neppure le chiavi di lettura globaliste del liberalismo democratico.

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La sinistra dovrebbe rifare quel lavoro di conciliazione di miti e ideali opposti che fu tipico della stagione del Dopoguerra, quando fiorirono letture di sinistra della nazionalità italiana, del ruolo del nostro paese, delle relazioni fra capitale e lavoro, allargando lo sguardo alla tecnologia, al genere, alle relazioni affettive, all’ambiente. Solo così potrà farsi inseguire, e non inseguire, la destra e affascinare gli elettori.

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