«La seduta di oggi arriva all’indomani di un fatto che ha creato qualche elemento di imbarazzo da parte dell’Antimafia, per le vicende che hanno riguardato un componente di questa commissione». È uno dei passaggi dell’intervento di Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia all’Assemblea regionale siciliana (Ars). Oggi la Commissione si è riunita per la prima volta nella sede dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, a Palermo, in quello che è anche un bene confiscato a Cosa nostra; nella villa di via Bernini, infatti, ha vissuto quello che per molti anni è stato il capo assoluto della mafia siciliana: Totò Riina. La riunione di oggi si è svolta alla presenza dei direttori e delle direttrici delle principali testate giornalistiche siciliane.
Ventidue gli interventi nel corso della giornata. «Un incontro che abbiamo fortemente voluto – dice Roberto Gueli, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia – I giornalisti non possono essere lasciati soli nel loro ruolo di sentinelle dell’informazione, quindi della democrazia. E dal canto nostro la categoria professionale tutta deve recepire le sfide che ci giungono dall’esterno per compattarsi. Dobbiamo restare uniti». Su questo è intervenuto anche Cracolici. «Oggi manifestiamo la piena solidarietà, non solo mia, ma anche dell’intero parlamento siciliano, nei confronti dei giornalisti, per coloro che sono a rischio con diverse modalità di intimidazione». Cracolici dice che non si tratta «soltanto di minacce – come è capitato ad esempio a Salvo Palazzolo (giornalista de La Repubblica, ndr) – ma querele temerarie e tentativi di mettere il bavaglio alla possibilità di far conoscere pezzi di verità all’opinione pubblica». Dopo le minacce di esponenti delle cosche palermitane a Palazzolo è stata assegnata una scorta.
Nel corso del suo intervento Cracolici ha annunciato che nelle prossime settimane si svolgeranno degli incontri su libertà d’informazione, giornalismo d’inchiesta, democrazia e mafia. «Abbiamo deciso di avviare un’audizione diffusa, in tutta la Sicilia, partendo da Catania. Qualche giorno fa abbiamo concordato insieme al prefetto un incontro il 13 marzo a Catania con le forze dell’ordine, con i magistrati e con i sindaci. La Commissione – continua Cracolici – cerca di tenere i fari accesi per richiamare a una responsabilità supplementare le classi dirigenti che governano i territori, perché è lì che si gioca la partita sulla capacità o meno di isolare i mafiosi nei territori».
«Nella nostra comunità – aggiunge Cracolici – assistiamo al sorgere di una nuova generazione mafiosi, attratta da un’offensiva culturale per tornare a essere attrattiva in larghe fette della società: dai cantanti neomelodici ai raccolti mitologici che Cosa nostra tende a rappresentare di sé. Non dobbiamo più mettere in campo un’offensiva nei confronti dei boss – spiega il capo dell’antimafia regionale – ma dobbiamo interrogarci se, anche da morti, non provano a diventare loro stessi stili di vita per i vivi. L’esempio del testamento di Messina Denaro – dice Cracolici – attraverso i libri che scrive alla figlia, è un testamento con una rappresentazione mitologica di un anti Stato per chi si apprestava a esservi dopo di lui». Poi il presidente della commissione regionale Antimafia è intervenuto su quanto successo ieri: l’operazione antimafia che ha portato in carcere anche il deputato regionale Giuseppe Castiglione e altri politici locali.
«La seduta di oggi – dice Cracolici – arriva all’indomani di un fatto che ha creato qualche elemento di imbarazzo da parte dell’Antimafia, per le vicende che hanno riguardato un componente di questa commissione, che non è un luogo di impunità o di immunità. Abbiamo appreso – continua – che lui ha intenzione di dimettersi dall’Antimafia e a ogni modo già la commissione ha avviato le procedure per la sua decadenza da suo componente». «In Sicilia – aggiunge il presidente della commissione regionale Antimafia – la politica incrocia la criminalità nei territori. Non so se è la criminalità che cerca la politica o viceversa. Cosa nostra, attraverso i suoi referenti territoriali, ha sempre avuto l’interesse a costruire un sistema di relazione con tutto il sistema pubblico istituzionale e con la politica. Attraverso questo condizionamento – conclude Cracolici – ha un valore reputazionale attrattivo per tutti coloro che si rivolgono ai mafiosi per risolvere i propri problemi».
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