Vento di Puglia sulla politica lucana. A muovere i fili, la candidatura di Turco (M5s)

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Tra Regione e Taranto si inseguono le voci di candidatura del senatore appulo-lucano M5s Turco; il vento dei Puglia soffia sulla politica lucana. In caso di elezione tornerebbe a Palazzo Madama la potentina Gallicchio


POTENZA – Soffia in direzione della Basilicata il vento che si sta alzando nella politica della vicina Puglia. Con le elezioni regionali in programma il prossimo autunno, e la probabile aggiunta ai comuni che andranno al voto nella tornata di amministrative di questa primavera, come i lucani Matera e Lavello, della vicina Taranto. A causa dell’epilogo anticipato del secondo mandato del sindaco Rinaldo Melucci per le dimissioni, venerdì scorso, di 17 consiglieri comunali su 31. Proprio come accaduto nella città dei Sassi lo scorso ottobre insomma. Con l’unica differenza che in quest’ultimo caso le dimissioni non sono state protocollate da un notaio bensì in Comune.

A muovere i giochi lucani c’è la possibile candidatura del vicepresidente nazionale del Movimento 5 stelle Mario Turco, rieletto senatore nel collegio plurinominale della Basilicata a settembre del 2022. Candidatura che porterebbe, in caso di vittoria, all’uscita da Palazzo Madama e al subentro al suo posto della potentina Agnese Gallicchio, già senatrice dal 2018 al 2022.
In queste ore concitate il nome di Turco, già sottosegretario di Stato alla programmazione economica e agli investimenti del governo Conte I, è al centro di diverse speculazioni sull’asse Pd-M5s. Un asse che in Puglia parrebbe assai più solido che in Basilicata, e potrebbe diventare un punto di riferimento per le trattative in corso a Matera e non solo. Favorendo l’archiviazione di anni di scontri culminati, nella città dei Sassi, col no dei consiglieri Pd al dialogo con l’amministrazione M5s guidata dal sindaco Domenico Bennardi, e la caduta anzitempo di quest’ultimo.

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Da una parte, infatti, c’è chi da mesi considera Turco un possibile candidato governatore del “fronte progressista”, se l’ex sindaco di Bari e attuale eurodeputato democratico, Antonio Decaro, dovesse decidere di restare a Bruxelles.
Negli ultimi giorni, però, si sono intensificati anche i ragionamenti sulla città dei due mari. E qui l’ipotesi che porta al suo nome è quella di un «ticket» Pd-M5s tra Regione e Comune di Taranto. Sicché in caso di candidatura a governatore di Decaro, o di un altro esponente democratico, per il Municipio di fronte al castello aragonese si aprirebbe uno spiraglio per un pentastellato. Nonostante il crollo nei consensi degli ex grillini. Non un pentastellato qualunque, però, ma un nome forte quale sarebbe, appunto, Turco. Un nome capace di convincere l’elettorato moderato e proporre soluzioni concrete a questioni complesse, e ormai ataviche della città come l’ex Ilva.

Archiviando una volta per tutte la stagione di Melucci, che nel 2022 era stato rieletto con sostegno di Pd e M5s, ma nell’ultimo anno e mezzo ha visto sfilarsi entrambi dalla sua maggioranza.
«Questo è un governo che calpesta qualsiasi regola, anche istituzionale e legislativa, composto da irresponsabili, com’è ampiamente dimostrato dall’intera gestione della vertenza del siderurgico di Taranto, dove si continuerà a produrre solo a carbone, grazie alle risorse sottratte alle bonifiche di cui il territorio aveva e continua ad avere urgente necessità».
Così la scorsa settimana l’ex sottosegretario aveva commentato il parere del Comitato per la legislazione del Senato sull’ennesimo decreto legge “salva Ilva” del Governo Meloni. Decreto che per Turco presenterebbe «diverse criticità laddove non si affrontano le analisi tecnico-normative e gli impatti sulla regolamentazione legislativa».

Ulteriore lacuna segnalata dal Comitato per la legislazione e rilanciata dal senatore M5s, poi, è stata «la mancanza di un quadro riepilogativo sufficientemente analitico su come sono stati spesi i soldi delle bonifiche e degli impegni finanziari, previsti per la decontaminazione del sito tarantino, data l’elevazione da 150 milioni di euro a 400 milioni di euro (ben 250 milioni di euro in più) come limite massimo delle risorse per l’amministrazione straordinaria di Ilva».
«Soldi sottratti dal patrimonio destinato alle bonifiche programmate (adesso a rischio) ed all’attuazione delle prescrizioni di cui alla sentenza della Corte di giustizia europea per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini di Taranto», ha concluso il senatore appulo-lucano.

«In definitiva, il disegno di legge “salva Ilva” del governo Meloni è stato bocciato sotto il profilo della qualità della legislazione. Il pastrocchio della Meloni e del Ministro Urso, però, non finisce qui, perché presenta un’altra criticità, cioè la confluenza di un decreto-legge in un disegno di legge di conversione in decreto-legge».
Nei mesi scorsi un altro tormentone su un possibile avvicendamento nei seggi “lucani” di Palazzo Madama aveva alimentato ragionamenti di vario tipo. In particolare sul seggio conquistato dalla ministra delle riforme e coordinatrice regionale di Forza Italia, Maria Elisabetta Casellati, nel collegio uninominale del Senato.

Nel suo caso le voci di dimissioni parlamentari erano legate alla possibile elezione come giudice della Corte costituzionale, e alle elezioni suppletive che ne sarebbero seguite trattandosi di un seggio assegnato col sistema maggioritario.
Col passare delle settimane, però, è apparsa chiara l’intenzione della premier Giorgia Meloni di evitare rimaneggiamenti dell’esecutivo destinati a creare turbolenze nella maggioranza. Quindi il nome della ministra è progressivamente uscito dai radar e due settimane orsono, come previsto, la scelta è ricaduta su altre personalità.



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