dall’Ocse sette raccomandazioni per le giuste competenze

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Il ruolo dell’istruzione rispetto alle sfide ambientali che stiamo affrontando non è mai stato così importante. Ma le politiche di formazione e sviluppo delle competenze non stanno tenendo il passo con il cambiamento. Come invertire la rotta? A questa domanda prova rispondere il rapporto “Empowered citizens, informed consumers and skilled workers” pubblicato dall’Ocse. Mentre la consapevolezza del cambiamento climatico è cresciuta nelle società, sostiene il documento, sulla sua comprensione, sulle cause e sulle potenziali soluzioni c’è ancora tanto lavoro da fare. Il 71% degli adulti nei Paesi del G20 è a favore di un’azione immediata sul clima, ma sono ancora troppo pochi gli individui pronti a impegnarsi in azioni sostenibili che potrebbero fare la differenza.

  

I sistemi educativi come chiave di volta

Promuovere una comprensione più profonda delle questioni ambientali e sociali, come sono interconnesse e quali le possibili soluzioni “può aiutare a plasmare una generazione più attrezzata per affrontare le sfide climatiche”, sottolinea il Rapporto. Non si deve trattare di azioni spot, ma di un percorso continuo, che accompagni ogni fase del percorso di studi. L’interesse per l’ambiente cala nell’adolescenza, per risalire nella prima età adulta. Questo declino durante l’istruzione secondaria suggerisce che l’educazione alla sostenibilità è spesso frammentata per coinvolgere i giovani. Gli adolescenti, pronti per una comprensione complessa e sistemica delle questioni globali, non vengono adeguatamente supportati dagli attuali programmi didattici. Gli adulti e i neolaureati sembrano meglio informati sui cambiamenti climatici a causa della loro esposizione a contenuti legati alla sostenibilità. Anche fattori come il settore lavorativo e la condizione economica, sostiene l’Ocse, svolgono un ruolo significativo nella comprensione delle problematiche climatiche. Infatti, mentre coloro che provengono da contesti più avvantaggiati segnalano livelli più elevati di preoccupazione e impegno per il clima, la loro impronta di carbonio è spesso maggiore rispetto ai gruppi meno abbienti. Questo paradosso sottolinea la necessità di strategie educative che promuovano non solo la consapevolezza, ma anche un cambiamento comportamentale in tutti gli strati sociali.

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Poca formazione 

Attualmente solo il 40% degli adulti nei Paesi Ocse partecipano a percorsi formativi durante la vita lavorativa. E chi è impiegato nelle industrie più inquinanti si forma meno degli altri, aumentando il rischio di essere lasciato indietro nella transizione verso un’economia verde.

I nodi dei green jobs

La transizione verde è destinata a rimodellare il mercato del lavoro. Mentre i Paesi si sforzano per raggiungere emissioni nette pari a zero, alcuni settori si contrarranno mentre altri cresceranno, creando domanda di nuove competenze e abilità. I green job altamente qualificati offrono già interessanti opportunità di impiego, ma sono per lo più concentrati nelle aree urbane e richiedono qualifiche avanzate. Al contrario, i lavori verdi poco qualificati, spesso nelle aree rurali, tendono a essere precari e mal pagati, dunque meno attraenti per i lavoratori con un livello di istruzione basso. Senza un intervento politico proattivo, la transizione verde rischia di esacerbare le disuguaglianze esistenti.

Le sette raccomandazioni

Il Report si conclude con sette indicazioni per sviluppare competenze in grado di tenere il passo con il ritmo richiesto del cambiamento in corso.

1. Adattare curiccula, qualifiche e programmi di studio. I governi possono promuovere la collaborazione tra le parti interessate per mappare le competenze tecniche e trasversali necessarie e sviluppare percorsi ad hoc.

2. Migliorare le competenze degli insegnanti a tutti i livelli. Integrare la sostenibilità nella formazione iniziale dei docenti può aiutare a diffondere approcci didattici innovativi e interdisciplinari.

3. Best practice. Portare alla luce le migliori buone pratiche, includendo il coinvolgimento delle istituzioni e dei partenariati locali, può favorire cambiamenti socio-comportamentali a vari livelli.

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4. Costruire ponti tra apprendimento formale, non formale e informale. I fornitori di istruzione formale, in particolare gli istituti di istruzione superiore, possono svolgere un ruolo chiave nella comunicazione scientifica, nell’educazione dei consumatori e nelle campagne di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici.

5. Rafforzare la valutazione e anticipare le competenze. Considerare l’impatto degli obiettivi net-zero e delle politiche ambientali sul mercato del lavoro e sulla domanda di competenze è fondamentale per programmare strategie nazionali efficaci sulle competenze.

6. Migliorare l’orientamento professionale green, per trasformare la motivazione degli individui in una leva verso carriere sostenibili.

7. Sviluppare percorsi formativi coerenti e inclusivi in tutte le fasce d’età. I governi possono facilitare la cooperazione e l’allineamento strategico tra i vari attori del mondo dell’istruzione e della formazione, offrendo programmi didattici su misura utili ad aumentare le opportunità di aggiornamento e riqualificazione, rimuovendo le barriere alla partecipazione alla formazione.

Leggi il Rapporto

di Tommaso Tautonico

 

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Copertina: Unsplash



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