La crescita delle retribuzioni non compensa quella delle pensioni

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La crescita delle retribuzioni non compensa quella delle pensioni

Secondo i dati diffusi dall’Istat, nel 2024 la crescita delle retribuzioni si è attestata, mediamente, al 3,1%; un aumento che per la prima volta dal periodo della pandemia è tornato a superare l’inflazione, comportando non solo una cifra più alta in busta paga, ma anche un maggior potere d’acquisto per gli italiani.

 

Inoltre, dai dati forniti dall’analisi annuale di ODM Consulting, denominata Total Reward Trends – Analisi Dati Retributivi, si evince come anche la disparità tra gli inquadramenti più alti (i dirigenti) e quelli più bassi (gli operai) dei lavoratori dipendenti si sia ridotta rispetto al 2023, con questi ultimi che hanno visto crescere la loro retribuzione base del 2,8%, mentre i primi “solamente” dello 0,8%. I compensi delle altre due categorie intermedie, ossia quadri e impiegati, sono cresciuti rispettivamente del 2,9% e del 2,2%.

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Purtroppo, se da un lato si riscontrano risultati positivi, dall’altro la crescita delle retribuzioni rimane ancora troppo bassa, rischiando di generare una situazione insostenibile per lo Stato italiano.

 

Infatti, non solo permangono grandi problematiche dal punto di vista dell’equità sociale (sempre dai dati di ODM Consulting risulta che un dirigente guadagna mediamente 120.562€ l’anno contro i 28.479€ di un operaio), ma anche da un punto di vista puramente economico. Per rendersene conto basta osservare il “patto sociale” su cui si regge il sistema previdenziale italiano, per cui, fondamentalmente, le nuove generazioni di lavoratori pagano le pensioni a chi ha lasciato il posto di lavoro per raggiunti limiti d’età o per aver pagato i contributi.

 

Secondo le ultime stime dell’Inps, nel 2024 sono stati pagati 396,6 miliardi di euro in pensioni per 23,7 milioni di occupati, di cui 14,8 milioni (il 62,4%) sono lavoratori dipendenti non agricoli. A percepire queste pensioni sono state circa 17,8 milioni di persone (poco meno del 10% in più rispetto al 2023).

 

Per semplicità, si supponga che sia la crescita delle retribuzioni, sia l’aumento dei pensionati saranno gli stessi anche nel 2025. Se così fosse, quest’anno lo Stato si troverà a pagare il 10% in più di quello che ha speso nel 2024, per un totale di 436,3 miliardi.

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Supponendo ora che 62,4% di questa cifra, ovvero l’ammontare di lavoratori dipendenti non agricoli, debba essere coperta proprio dalle imposte sul reddito di questi ultimi, il costo della loro partecipazione al sistema previdenziale passerebbe da 247 a 273 miliardi, per un aumento di 26 miliardi lordi.

 

A questo punto, si verifichi se l’attuale crescita delle retribuzione è in grado di sostenere questo trend. Sempre secondo i dati ODM Consulting, nel 2024 vi erano:

 

  • 130.000 dirigenti per 120.562€ lordi l’anno
  • 510.000 quadri per 63.631€ lordi l’anno
  • 5.800.000 impiegati per 35.563€ lordi l’anno
  • 7.800.000 operai per 28.479€ lordi l’anno

 

Moltiplicando ogni ammontare per la sua retribuzione media e calcolando le imposte corrispondenti seguendo gli attuali scaglioni Irpef, si ottiene che in Italia dovrebbero essere state pagate imposte sul reddito base da lavoro dipendente per 147,6 miliardi, a fronte dei 247 “spettanti”; una differenza di quasi 100 miliardi.

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Supponendo che le retribuzioni aumentino del 3,1% anche nel 2025, a fronte dei 273 miliardi menzionati prima, ci sarebbero solamente 152,2 miliardi, per un differenziale superiore a 21 miliardi in appena un anno.

 

Come più volte detto, questi calcoli si basano su assunzioni forti, che non tengono conto di molti trend come il calo della natalità, il conseguente calo degli occupati, l’andamento dell’inflazione o il fatto che il numero di pensionati in Italia sta crescendo in modo più che proporzionale; pertanto, i numeri presentati non intendono quantificare il fenomeno (che assumerebbe connotati ancora peggiori di quelli visti). Piuttosto, essi descrivono bene una situazione di grave emergenza e che sta progressivamente peggiorando.

 

Alla luce di questo trend, qualora le retribuzioni non crescessero in modo diverso, soprattutto tra impiegati e operai, che rappresentano la maggioranza dei lavoratori, continueremo a vedere pensioni sempre più scarne, aumenti dell’età pensionabile e una forte crescita dell’indebitamento e di forme di previdenza integrative private.

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