la premier deve imporre la sua voce in Europa

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Chissà cosa avrà pensato Emmanuel Macron quando Donald Trump si è lanciato – durante la conferenza stampa congiunta – nell’elogio politico di Giorgia Meloni. Resterà, per ora almeno, un mistero. Facile invece è intuire la soddisfazione della premier che è riuscita ad essere presente alla Casa Bianca pur restando a Roma. Il suo accorato discorso al CPAC è stato lodato da tutti, in Italia persino da Carlo Calenda.

Macron alla Casa Bianca oscurato da Meloni

Se ci fossero ancora dubbi sulla “speciale relazione” con gli Usa, un tempo appannaggio esclusivo del Regno Unito, Trump li ha fugati con la franchezza abilmente calibrata che gli è propria. Facendolo non causalmente dinanzi a Macron, che in pieno stile d’oltralpe si ritiene protagonista indiscusso della politica europea, e che non ama essere messo in ombra, neanche dal Tycoon. Lo ha dimostrato interrompendo il presidente degli Stati Uniti sul punto degli aiuti all’Ucraina, e specificando che l’Europa ha inviato a Kiev “‘liquidi” non “garanzie” o “prestiti”. Trump ha così tenuto a ribadire chi, in Europa, è il primo interlocutore degli Stati Uniti. Cosa che potrà non piacere a qualcuno, ma che allo stesso tempo è oggi più che realtà, a tutto beneficio per l’Italia.

Italia sia con Usa che con Kiev

Incauto appare quel “coro” che punta i destini dell’Italia al bivio fatale: o con Washington o con l’Europa. Quando una scelta di tale natura è pura follia, e come ribadito Meloni nel suo intervento alla kermesse dei conservatori, l’Italia sarà l’alleato di ferro degli Stati Uniti, ma non mancherà nel sostegno all’Unione, tanto su Kiev quanto sui dazi. Una parziale risposta a chi pensa che puntando tutto sui rapporti transatlantici il governo e la presidente del Consiglio stiano trascurando l’Europa. È evidente che il tempismo – che in politica è metà del guado – imponeva di stringere l’asse con gli Stati Uniti e bruciare tutti sul tempo, approfittando dell’instabilità europea.

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L’asse in Europa con la Germania

Ora che il panorama del vecchio continente inizia a prendere forma è necessario aumentare gli sforzi. Soprattutto con l’uomo del momento, Frederick Merz. Il nuovo cancelliere a Berlino avrà il suo da fare a trovare il bandolo della matassa per formare il governo, ma non ha mancato di inviare i suoi segnali a Roma per tutta la campagna elettorale e anche prima della caduta effettiva di Sholtz. Del resto oltre alle lusinghe di Trump, Meloni può vantare anche le parole di Weber, il leader del Ppe e membro della Csu, socio bavarese della CDU, che ha elogiato il governo di Meloni e Tajani e auspicato che la Germania ne possa seguire le orme, parlando della richiesta proveniente dalle urne di dar vita a “politiche di centrodestra”.

La quadra con la Germania la si può e la si deve trovare, perché sono troppe le materie e i dossier in cui gli interessi tra i due paesi coincidono perfettamente. Lo scorporo delle spese per la difesa richiesto dall’Italia e dal ministro Crosetto, è necessario per raggiungere l’obiettivo che Berlino non metta i bastoni tra le ruote sul modello dei vecchi “falchi” del Bundestag, archiviando così i vetusti vezzi ornitologici sorti tempo fa all’ombra della porta di Brandeburgo, e consentendo all’Italia e a tutti i partner europei di investire o difesa senza sforare i parametri del “Patto di stabilita”.

Non sarà tutto facile e l’Italia dovrà fare dei passi concreti in Europa, ma rafforzato il fronte occidentale, ora è arrivato il momento di definire quello a nord dello stivale. Imponendo la voce dell’Italia come e più di quanto fatto finora, perché nonostante l’opinione di qualche ex premier secondo cui l’Italia dovrebbe seguire Francia e Germania, dobbiamo essere consapevoli che il “seguire” non fa parte del dna italiano, ed è contro la natura della buona politica estera ed economica, che richiede spesso la forza di assumersi i rischi necessari e di puntare i piedi su tutto ciò che minaccia anche il più piccolo interesse italiano.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante – per ragioni anagrafiche – di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù – non per vizio – di sigari, ho solo un mito John Wayne.

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