L’intesa tra USA e Kiev sulle terre rare a un passo dalla firma?

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Il presidente americano Donald Trump con l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky

Keystone

L’intesa tra gli Usa e l’Ucraina sulle terre rare per un valore di 500 miliardi di dollari, bloccata la scorsa settimana da Volodymyr Zelensky per le condizioni capestro imposte da Donald Trump, sembra ad un passo dalla firma.

In serata prima il Financial Times e poi un alto funzionario ucraino hanno sostenuto che i due Paesi hanno concordato i termini dell’accordo. «Gli Usa hanno tolto le clausole sfavorevoli, venerdì potrebbe esserci la firma a Washington», ha riferito all’Afp il dirigente ucraino sotto condizione di anonimato. Più cauta la Casa Bianca, che nel briefing serale ha sostenuto che «non ci sono aggiornamenti significativi sull’accordo sulle terre rare».

Nel frattempo i negoziati tra Usa e Russia, sull’Ucraina ma non solo, sembrano spostarsi sempre più verso il business. Il Cremlino ha sottolineato le «vaste opportunità» per l’estrazione di terre rare dal ricco sottosuolo russo in collaborazione con gli Stati Uniti.

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E spunta anche un piano europeo di collaborazione con l’Ucraina sui «materiali critici», come lo ha presentato il commissario europeo per la Strategia industriale, Stephane Sejourne, ieri in visita a Kiev.

Tra Donald Trump e Vladimir Putin, ha sottolineato il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, il primo passo deve essere «la soluzione della crisi ucraina». Dopo di che, ha aggiunto, i due Paesi potranno dedicarsi a «progetti commerciali, economici e di investimenti».

«L’America ne ha bisogno e noi ne abbiamo in abbondanza»

Tra i primi settori che si potranno prendere in considerazione, l’estrazione delle terre rare, perché «l’America ne ha bisogno e noi ne abbiamo in abbondanza», ha detto ancora Peskov. Ieri sera, in un’intervista in tv, Putin aveva lanciato l’idea di attirare investitori americani, pubblici e privati, proprio per lo sfruttamento delle terre rare, affermando che la Russia ha riserve «significativamente superiori» all’Ucraina, dalla regione di Murmansk nel nord-ovest, al Caucaso nel sud, fino all’Estremo Oriente.

Il Cremlino dice che ci vorrà tempo e pazienza per ricostruire i rapporti con gli Usa dopo lo scontro degli ultimi anni, ma intanto mostra decisamente di apprezzare le mosse di Trump per il riavvicinamento.

Mosca soddisfatta della posizione USA all’ONU

A partire dalla risoluzione approvata nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu su proposta americana in cui si auspica una pace duratura in Ucraina, ma evitando di identificare l’aggressore nella Russia.

«Gli Stati Uniti stanno assumendo una posizione molto più equilibrata, il che aiuta davvero gli sforzi volti a risolvere il conflitto», ha chiosato Peskov. Per poi auspicare che «forse, in base ai risultati dei contatti tra europei e americani» anche l’Europa «in qualche modo graviterà verso un maggiore equilibrio».

Per adesso l’Europa mostra di non voler restare esclusa dalla partita sui materiali strategici, come terre rare e altri metalli preziosi per la tecnologia industriale.

«Ventuno dei 30 materiali critici di cui l’Europa ha bisogno possono essere forniti dall’Ucraina in una partnership win-win», ha affermato il commissario Séjourné dopo i suoi incontri a Kiev. «Si tratta di cooperazione con l’Ucraina, non c’è alcun tipo di competizione con gli Stati Uniti», ha tenuto a sottolineare un portavoce della Commissione.

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Le aziende occidentali presto di nuovo sul suolo russo?

Per rilanciare la cooperazione industriale con Washington, Putin ha avanzato anche l’idea di una partecipazione di imprese americane allo sviluppo di un polo per la produzione di alluminio nella regione asiatica di Krasnoyarsk, rispolverando un vecchio progetto dell’era sovietica. «Il costo ai prezzi attuali sarebbe di 15 miliardi di dollari, possiamo farci un pensiero», ha spiegato il presidente.

Intanto, le autorità russe stanno mettendo a punto le regole per l’eventuale ritorno di aziende occidentali che hanno lasciato il Paese dopo l’inizio del conflitto, secondo fonti del ministero delle Finanze citate dal quotidiano economico Vedomosti.

Tuttavia, il primo vice primo ministro Denis Manturov ha detto all’agenzia Ria Novosti che, in particolare per i gruppi automobilistici occidentali, non sarà semplice tornare sul mercato russo, dove si sono affermati in questi tre anni i marchi cinesi.

Da parte loro, analisti e investitori americani citati dal New York Times ritengono improbabile che le grandi società Usa vogliano tornare in Russia in tempi brevi. Non solo perché si troverebbero alle prese con un’economia di guerra con tassi di interesse al 21% e una carenza di manodopera, ma anche a causa dell’imprevedibilità della politica economica del Cremlino.





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