«Vi spiego perché serve il rilancio della Comunità ebraica a Roma»

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«Se sono arrivato alle dimissioni è perché non c’era altra possibilità per attuare il progetto di rilancio della nostra Comunità», spiega Victor Fadlun. Si è dimesso da presidente della comunità ebraica romana (oltre 12mila iscritti) perché il suo progetto di riforma degli enti non ha riscosso il consenso ampio che aveva auspicato.

La rivedremo correre a giugno?

«Sì, il mio non è stato un passo indietro ma un passo avanti».

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Che vuol dire?

«Il mio progetto è all’insegna dell’efficienza per far emergere le risorse che abbiamo e perseguire i nostri scopi sociali: aiutare le categorie fragili, sostenere i giovani ma anche gli anziani».

Eppure il suo progetto di aggregazione dei due enti nella Comunità, la Deputazione (servizi sociali ebraici, ndr) e la Casa di riposo, hanno sollevato dei dubbi, perché?

«Credo che una parte della nostra comunità sia comprensibilmente legata a una tradizione e a un modello di gestione storico che quindi, in automatico, viene considerato adeguato, ma il mondo cambia ed è nostro dovere adeguarci».

Come e perché?

«La mia idea è creare un’unica cabina di regia nella Comunità: oggi le risorse si disperdono in tre organi consiliari con tre presidenti che agiscono autonomamente. Io sono per un maggiore coordinamento delle risorse e l’eliminazione dei doppioni».

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Sono enti in crisi?

«Le persone da assistere sono aumentate. Molti dei nostri iscritti sono storicamente impegnati nel piccolo commercio e nell’ambulantato: hanno subito un impatto rilevante dai cambiamenti dell’economia. Ci sono persone che mi dicono: “Come faccio a osservare la religione se non ho i mezzi per vivere”. E se i precetti religiosi diventano un lusso, significa che dobbiamo agire e investire».

Come saranno questi enti se andrà in porto la sua riforma?

«I servizi che daremo agli iscritti saranno potenziati. Se i due enti saranno collocati all’interno di un’unica “casa” si potranno avere più investimenti nel sociale. C’è un bisogno spirituale e anche uno materiale, urgente, che va soddisfatto ora con risposte concrete. E l’aggregazione degli enti consente alla comunità di essere organizzata e strutturata in modo nuovo: manageriale».

A proposito di gestione manageriale, come commenta la situazione del Caffé Greco?

«Sono oltre dieci anni di contenziosi che l’Ospedale israelitico (proprietario del Caffé, ndr) ha vinto in tutte le sedi, anche in Cassazione. Sono oltre dieci anni che il gestore versa un affitto irrisorio, sempre più fuori mercato: una rendita spropositata per lui che corrisponde a fondi che vengono meno all’ospedale e ai servizi sanitari».

Quanto contano le donazioni internazionali?

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«I grandi filantropi si convincono se hanno garanzie, se il contesto è efficiente e capace di raggiungere i risultati promessi. Per questo insistere con vecchie modalità di gestione comporterà perdere per sempre i contributi di questi donatori. Non si può rimanere fermi su modelli vecchi e inattuali: vorrebbe dire condannare la Comunità a un lento declino».

Parla di “Per Israele”, trova le loro istanze superate?

«Sono fortemente orientato alla ristrutturazione della mia comunità, la nostra priorità è far rifiorire la comunità di Roma perché diventi il faro dell’ebraismo europeo. E comunque la nostra lista è aperta a chiunque voglia contribuire. Molte anime si sono avvicinate, ancor più dopo i risultati ottenuti in soli due anni: donazioni, sostegni agli urtisti, il restauro del Tempio maggiore e il finanziamento del raddoppio del museo, la scuola: ristruttureremo a nostre spese due fabbricati nell’area del Portico d’Ottavia. Sono appalti importanti: ci sono tempi da rispettare e bisogna avere credibilità. È un processo complicato e ambizioso: vorrei continuare a perseguirlo per la mia Comunità».

Riccardo Pacifici, fondatore della lista Per Israele, ha condiviso le sue parole sui social. Appare, e ci sono anche conferme, che propenda per una continuità della “presidenza Fadlun”, che ne pensa?

«La possibilità che una persona che ha fatto così tanto per gli ebrei di Roma apprezzi il nostro progetto è fonte di energia e mi onora».

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