Il ceo Claudio Descalzi: «Continueremo a investire sulla transizione verde». Nei piani del gruppo però la produzione di idrocarburi aumenta del 3 per cento ogni anno fino al 2028
In un anno di ribassi per il prezzo del gas e del petrolio, ormai lontanissimi dai massimi del 2022, non è tempo di risultati record per colossi di Big Oil. La regola vale anche per Eni che ha reso noti i conti del 2024, chiuso con un utile netto di 2,6 miliardi di euro, in calo del 45 per cento sul 2023.
La situazione migliora se si considera la redditività depurata dalle componenti straordinarie, che arriva a 5,2 miliardi, con una flessione che è comunque del 37 per cento sull’esercizio precedente, mentre i profitti industriali (prima di oneri finanziari e tasse) si sono ridotti del 20 per cento a 14,3 miliardi.
Non tira aria di boom, quindi, come dimostra anche l’andamento borsistico poco brillante di tutti i grandi gruppi del settore. Però, commentando i risultati, il ceo di Eni Claudio Descalzi, ha parlato di numeri «superiori alle attese iniziali» e di «eccellenti progressi operativi e strategici».
Dividendi di Stato
In una fase di mercato complicata, e soprattutto all’insegna della massima incertezza sugli sviluppi dei prossimi mesi, Eni ha voluto comunque premiare gli azionisti con un ritocco del 5 per cento del dividendo, che nel 2025 passerà da 1 a 1,05 euro per azione. Questo significa che poco meno di un miliardo finirà nelle casse dell’azionista pubblico Cassa depositi e prestiti, che possiede il 28,5 per cento del gruppo petrolifero.
Descalzi ha anche presentato il nuovo piano strategico con un orizzonte fino al 2028 con la promessa di aumentare ancora la cedola ai soci con l’aggiunta di acquisti di azioni proprie sul mercato per almeno 1,5 miliardi.
All’indomani della svolta annunciata da un altro colosso del settore come la britannica Bp, pronta a tagliare drasticamente gli investimenti nelle rinnovabili per puntare tutto sugli idrocarburi, Descalzi ha promesso agli investitori internazionali che Eni ha invece intenzione di accelerare ancora nella sua svolta green.
In rampa di lancio, ha confermato il capoazienda, c’è una nuova società per la cattura di CO2 e un’altra iniziativa per fornire energia verde ai data center, un settore dove per altro Eni è già presente con il supercomputer Hpc6.
Nel complesso, il gruppo prevede di investire 7 miliardi l’anno fino al 2028 e le risorse, oltre al cash flow industriale, arriveranno anche dalla cessione di quote azionarie in quelle che vengono definite “società satelliti”.
Fare cassa
La strategia è la stessa già seguita per Plenitude, il braccio operativo nella produzione e vendita di energia da rinnovabili, dapprima destinato alla quotazione in Borsa, e poi in parte ceduto al fondo svizzero Eip, che ha rilevato il 10 per cento.
Di pochi giorni fa è invece la notizia della vendita del 5 per cento di Enilive agli americani di Kkr, gli stessi che hanno comprato la rete di Tim e avevano già in portafoglio un altro 25 per cento dell’azienda del cane a sei zampe che punta a sviluppare soluzioni di mobilità a basso impatto ambientale, dai carburanti alternativi al noleggio di auto elettriche. La vendita in due tranche al fondo Usa frutterà in totale circa 2,9 miliardi. In altre parole, se lo scenario futuro è incerto, il colosso pubblico dell’energia punta a incassare liquidità supplementare anche grazie alle risorse fornite da partner finanziari e industriali.
Il colore dei soldi
«Non penso che il problema sia il colore dell’energia che produciamo, l’obiettivo resta sempre quello di far soldi», ha detto Descalzi. Difficile negare, allora, che, a dispetto della strategia green, la fetta di gran lunga maggiore dei profitti e dei ricavi resta legata al business tradizionale del gruppo, quello degli idrocarburi. Nel 2024 esplorazione e produzione petrolifera hanno garantito 13 miliardi dei 14,3 miliardi complessivi di utile operativo.
L’acquisizione più rilevante conclusa negli ultimi anni è quella, completata nel gennaio del 2024, di Neptune, che controlla e gestisce importanti giacimenti di gas naturale in Europa, Nord Africa e Indonesia, mentre risale a settembre l’ultimo passo dell’accordo con la britannica Ithaca energy che ha messo in comune le rispettive attività di esplorazione e produzione.
Da qui al 2028 la rotta è chiara e punta verso petrolio e gas. Il piano di Eni presentato prevede infatti di aumentare ancora la produzione di idrocarburi del 3-4 per cento l’anno. Non per niente, il progetto di gran lunga più importante riguarda l’accordo annunciato con il gruppo malesiano Petronas per l’estrazione di gas naturale liquefatto (Gnl) in Indonesia e in Malesia. Un’intesa che punta a sfruttare un potenziale di riserve ricchissimo, pari a circa 3 miliardi di barili di petrolio equivalente, con l’obiettivo di rifornire di materia prima i mercati asiatici, a cominciare da Cina e Giappone. Un business a tutto gas, come da tradizione.
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